L’appuntamento infrasettimanale con il melodeath vede questa volta un trittico capeggiato dagli Insomnium, che approdano in una Berlino fredda e poco amichevole, anche per una band abituata alle artiche temperature finlandesi.
Sarà per la location difficilmente raggiungibile, sarà per il meteo poco invitante, sarà che martedì non è proprio il tipico giorno in cui fare baldoria o sarà che la fan base metal berlinese non è una delle più nutrite al mondo, ma l’attesa per l’apertura delle porte mostra quello che si preannuncerà come un concerto lontano dal sold-out.
Nonostante la folla sotto il palco non sia certamente oceanica, l’appuntamento organizzato dai finnici è di quelli importanti poiché segna il decimo anniversario del loro maggior successo: “Shadows of the Dying Sun”. Compleanno, questo, che è stato festeggiato – come spesso accade – con la riproposizione fedele dell’intero album.
Ad accompagnarli, i conterranei Omnium Gatherum, affini per genere suonato oltre che per geografia, e gli statunitensi Hinayana.
Il palco è pronto, le band sono calde, le luci si abbassano, che comincino le danze!
In barba alla tanto millantata puntualità germanica l’apertura delle porte del Festsaal di Berlino si fa attendere, lasciando la coda di metallari a prendere freddo in un martedì umido, in cui la temperatura rasenta lo zero e la neve sembra essere pronta ad imbiancare Kreutzberg – uno dei quartieri più squallidi e, al contempo caratteristici, della capitale teutonica.
L’apertura delle danze è affidata agli HINAYANA, band metal statunitense che propone una scaletta manichea e basata esclusivamente su otto brani – equamente pescati da “Death Of The Cosmic” e “Shatter And Fall” – proponendo un death metal molto tecnico e abbellito da interessanti elementi melodici, arpeggi puliti e alcuni sprazzi rubati dall’universo sinfonico.
Nonostante il palco di dimensioni ridotte invaso dall’attrezzatura di tre band, gli statunitensi riescono a regalare al pubblico uno spettacolo più che soddisfacente, soprattutto durante l’esecuzione di brani iconici come “Reverse The Code” o “Triptych Visions”; pezzi ben suonati da una band chiaramente in forma ma, sfortunatamente, presentati ad un pubblico che riempie a malapena i primi due metri davanti al palco, lasciando il resto del locale piuttosto deserto. Un peccato, questo, soprattutto considerando la fatica che le band d’oltreoceano – soprattutto quelle più emergenti – fanno per organizzare un tour su territorio europeo.
Il repentino cambio palco eseguito da un service abile e veloce permette al gruppo seguente di iniziare in meno di quindici minuti, giusto il tempo per una birra che – come spesso accade – vede un prezzo inversamente proporzionale alla sua qualità.
Il momento è quello della seconda band della serata, gli OMNIUM GATHERUM, formazione melodic death metal finnica che in questo tour sembra focalizzarsi principalmente sull’album “Beyond”, riproponendo – per la gioia dei fan di lunga durata – l’intera opera rilasciata nel 2013.
L’intro strumentale “Luoto” – utilizzato dalla band per prendere posizione – apre il secondo atto di una serata che continua con il riconoscibilissimo riff iniziale di “New Dynamic”, uno dei pezzi più ascoltati e riproposti dalla band.
La scaletta continua senza sorprese con pezzi come “The Unknowing” oppure “Living In Me” che vengono proposti in maniera piuttosto fedele, senza stravolgimenti di sorta, quasi a voler tributare in maniera perfetta quello che è stato probabilmente l’album di maggior successo della compagine nordeuropea. Gli Omnium Gatherum dominano il palco – ben rodato, considerando che siamo ormai alla settima data del tour – con sicurezza e grande professionalità, regalando una performance di buon livello, sorretta principalmente dalla voce dell’energico Jukka Pelkonen, capace di spiccare decisamente all’interno del sestetto.
Il terzo e conclusivo atto della serata vede gli headliner “INSOMNIUM” salire su un palco che è stato ormai ripulito di ogni traccia fisica e strumentale delle band di apertura e completamente arredato per l’ultimo gruppo della serata che, come per i precedenti Omnium Gatherum decidono di focalizzare la serata sul singolo album “Shadows of the Dying Sun”, in onore dei dieci anni dall’uscita di quest’ultimo.
Anche in questo caso la scaletta può essere seguita facilmente e nessun cambiamento significativo viene proposto dalla band, che esegue tutte le tracce come riportate bella tracklist sul retro dell’album; dalla capolista “The Primeval Dark” alla bellissima “Out To The Sea”, riproposta come encore insieme a “Lilian” e “One For Sorrow”, unici due pezzi estratti da album diversi.
La performance degli Insomnium è solida e, nonostante la location non aiuti affatto con un audio tutt’altro che perfetto, il pubblico sembra rispondere con grande energia a pezzi celebri come “While We Sleep” o “Ephemeral”, tanto adatti ad un contesto live quanto adorati dalla fanbase – almeno a giudicare dai numeri fatti su Spotify. Interessante anche notare come la band riesca a tenere il palco più che dignitosamente e, nonostante la formazione abbia visto un taglio dovuto all’abbandono del chitarrista Jani Liimatainen, le parti chitarristiche non sembrano aver subito un impatto negativo, complice un riarrangiamento accurato e capace di mantenere le sonorità originali nonostante la riduzione di linee melodiche.
A chiudere il report di un godibilissimo concerto vorremmo sottolineare il disagio che spesso si nota nel far suonare molteplici band su un palcoscenico troppo piccolo dove – al fine di ottimizzare i tempi – gli spazi devono essere condivisi da molteplici strumenti anche molto ingombranti, come nel caso di batterie largamente equipaggiate.
Nonostante la mossa sia assolutamente sensata e comprensibile, dispiace vedere degli artisti che riescono a malapena a muoversi, specialmente se si pensa che tali restrizioni impattano maggiormente i gruppi di spalla, proprio quelli che, a causa del loro seguito minore, beneficerebbero maggiormente dall’avere la possibilità di regalare uno spettacolo convincente e attraente per una fanbase in crescita.
Vale anche la pena sottolineare come, specialmente negli ultimi due anni, si sia notata una diminuzione progressiva del pubblico presente ad eventi dal vivo, soprattutto a Berlino, dove il sold-out sembra essere un privilegio di cui solo compagini storiche (come Rammstein o Blind Guardian) possono beneficiare.
Un calo di interesse verso la musica live, almeno da quanto possiamo vedere in determinati generi, unito ai costi sempre crescenti legati ad un tour internazionale e all’affitto dei locali che sale di anno in anno, stanno forzando le band al compromesso anche su elementi essenziali come le dimensioni minime di un palco o un locale dotato di un audio decente per lo stile musicale proposto. Riflessioni, queste, che forse esulano dal mero report di un concerto live ma lasciano sicuramente l’amaro in bocca a tutte quelle persone che la musica adorano vederla oltre che ascoltarla.