Report a cura di Sara Sostini
In un piovosissimo mercoledì pomeriggio arriviamo al Legend Club dopo un lungo viaggio, prima in treno e poi nel traffico milanese, per assistere ad una data a base di metal estremo condito con vampirismo e malinconia nordica: infatti, il locale meneghino ospita l’ultima tappa italiana del tour di Insomnium e Tribulation, con i primi pronti a dar vita al lungo racconto di “Winter’s Gate” e i secondi impegnati nella promozione dell’ipogeo “Down Below”; una miscela che a prima vista parrebbe inusuale, ma che è in grado di raccogliere in maniera trasversale una buona fetta di ascoltatori comuni. Dopo una breve intervista (di nostra prossima pubblicazione) ad Adam Zaars sull’ultima fatica targata Tribulation, ci apprestiamo ad attendere, al riparo del chiosco coperto del locale, l’apertura delle porte, che verrà ritardata di un’oretta rispetto a quanto annunciato precedentemente, crediamo per permettere a lavoratori e tifosi (visto il recupero del derby cittadino giocatosi proprio nel pomeriggio) di arrivare senza perdere nessuna delle due band. Così, mentre cala la sera ed i contorni della città sbiadiscono, entriamo finalmente nel Legend per assistere – con una certa premura – al primo dei due show.
TRIBULATION
Mentre fuori non smette di piovere, il pubblico che staziona davanti al palco continua ad infoltirsi, segno che la comparsa dei quattro di Arvika è considerevolmente attesa. Ed infatti, non appena le luci si abbassano sui drappi ritraenti creature dell’Oscurità in pose scomposte, un sonoro benvenuto accoglie i Tribulation in tutto il loro macabro splendore (si fa per dire). L’ipnotico arpeggio iniziale di “Lady Death” (scelto tra i singoli estratti dall’ultimo “Down Below”), insieme con l’odore d’incenso sparso in volute, evoca suggestioni di polvere ed ossa e ci mostra una band in splendido stato di grazia, rodata dai numerosi tour nei locali di mezzo mondo e da una coesione palpabile attraverso il fumo del palco. Ciascuno di loro – compreso il nuovo acquisto, Oscar Leander, dietro le pelli – è perfettamente integrato nei movimenti degli altri andando a formare un’entità tetracefala e multiforme, proprio come la loro musica: ora sinuosa ed ammaliante, ora ruvida e graffiante. La scaletta seguita pesca ora da “The Children Of The Night”, con la doppietta “Melancholia” e “In The Dreams Of The Dead”, lanciate sul pubblico con rabbiosa soddisfazione, ora dal passato “The Formulas Of Death” (si sono viste molte teste ondeggiare come cobra ipnotizzati durante l’esecuzione della strumentale “Ultra Silvam”), regalando una performance sinistra e viscerale, in cui il death metal vecchia scuola (“Rånda”) si ibrida con le melodie settantiane dell’horror (“The Lament”); le movenze deliranti da estasi bacchica dell’etereo, cinereo Jonathan Hultén si fondono con i latrati ferini di Johannes Andersson, mentre viene lasciato all’ectoplasmatico Adam Zaars il compito di incitare il pubblico, il quale da parte sua non necessita di chissà quale incentivo per scaldarsi sui riff incalzanti e le scale crescenti di “Nightbound”, uno dei pezzi più trascinanti del nuovo lavoro del quartetto svedese. Un’ora di musica del Sottosuolo ci lascia soddisfatti ad applaudire un gruppo che è stato in grado di trasfigurare il proprio suono senza deviare dal selciato del metal più scuro ed estremo e che riesce ad essere teatralmente sulfureo senza risultare appesantito da inutili orpelli barocchi. “No never to see your face/ Never to find a way back”.
Setlist:
Lady Death
Melancholia
In the Dreams of the Dead
Rånda
Ultra Silvam
Nightbound
The Lament
Strange Gateways Beckon
INSOMNIUM
L’atmosfera del Legend, ora considerevolmente riempito, è tranquillamente ciarliera, ma quando gli Insomnium fanno la loro comparsa l’allegria che serpeggia nel locale si trasforma in un fomento roboante, innescato dalla sonora ed udibilissima bestemmia che Niilo Sevänen urla nel microfono appena messo piede sul palco. L’esecuzione dei sette movimenti che compongono la lunga suite uscita nel 2016 col nome di “Winter’s Gate” viene proposta integralmente, trasportando gli spettatori in un mondo fatto di neve, ghiaccio, growl e intrecci melodici che hanno reso il gruppo finlandese tra i paladini di un modo – tipico, se vogliamo, delle terre nordiche (qualcuno ha detto Amorphis e Dark Tranquillity, per caso?) – di reinterpretare i dettami del metal estremo con un orecchio sempre volto alle melodie più sognanti e atmosferiche (ascoltare il terzo brano del già citato “Winter’s Gate”, per capire di cosa stiamo parlando). La sezione ritmica a cura del duo Niilo Sevänen/Markus Hirvonen è la linfa che irrora e sostiene l’intreccio delle chitarre conquistando mente e cuori, mentre le voci si rincorrono in alternanza tra growl e cori puliti. La seconda parte dello show, inaugurata dalla combo “The Primeval Dark” e “While We Sleep”, prologo dell’acclamato “Shadows Of The Dying Sun”, vede gli Insomnium mettere una marcia in più e affilare ritmi, assoli e cori, mentre nella platea giovanissimi e stagionati possessori di maglie di “In The Halls Of Awaiting” si sgolano e sudano nel pogo, tant’è vero che durante l’esecuzione di “Mortal Snare” c’è addirittura un accenno di circle pit (!). Effettivamente i quaranta minuti di “Winter’s Gate” sembrano essere stati un riscaldamento per i quattro finlandesi, che ora ribadiscono a suon di testi di epicità crepuscolare e riff dall’armonia squillante perchè si sono conquistati il diritto di sedere tra i paladini del genere, regalando un’ora e venti di tonificante malinconia. Certo, ci manca l’apparizione di Mikael Stanne durante “Weather The Storm” come durante l’edizione 2016 del nostro festival e spesso il cuore e la grinta compensano qualche sbavatura o la naturale fatica della terza settimana di tour – che fa cantare a Sevänen l’incalzante “Ephemeral” rallentando le parole – ma per fortuna “The Promethean Song” (il quale anthem poco manca che venga cantato sfoderando gli accendini) permette di tirare il fiato prima della conclusione, affidata ad un’inaspettata, tiratissima “Only One Who Waits” che lascia dietro di sè strascichi infiniti di applausi, nuvole plumbee e tanti sorrisi contenti.
Setlist:
Winter’s Gate, Part 1
Winter’s Gate, Part 2
Winter’s Gate, Part 3
Winter’s Gate, Part 4
Winter’s Gate, Part 5
Winter’s Gate, Part 6
Winter’s Gate, Part 7
The Primeval Dark
While We Sleep
Mortal Share
Down With the Sun
Weather the Storm
Ephemeral
The Promethean Song
Only One Who Waits