Report a cura di Bianca Secchieri e Andrea Intacchi
Foto alle band di Enrico Dal Boni
Pur non essendo certo questo il report che avremmo pensato di scrivere, crediamo sia necessario – per dovere di cronaca – spendere alcune parole in merito alla data del Bologna Sonic Park che avrebbe dovuto vedere come headliner gli Iron Maiden (con Airbourne e Lord Of The Lost a supporto).
Si è trattata dell’unica tappa italiana del “Legacy Of The Beast” tour, che sta toccando tutta l’Europa prima di trasferirsi a settembre sul continente americano. La data, originariamente prevista per l’estate del 2020, era slittata in avanti (come ogni altra) a causa delle ben note restrizioni anti Covid-19, che avevano reso impossibile – fino a quest’anno – la realizzazione di grandi eventi dal vivo in quasi tutti i paesi occidentali.
Tra il primo annuncio del tour (risalente all’ormai lontanissimo 2019) e la concretizzazione dello stesso c’è stata l’uscita di “Senjutsu”, il diciassettesimo album da studio della band di Steve Harris, lavoro al quale i britannici hanno scelto di dare spazio anche in questo contesto, rivedendo l’ipotesi di scaletta precedentemente diffusa. Era quindi enorme, perfino spasmodica, l’attesa dei tantissimi fan della Vergine di Ferro, il solo gruppo che è stato in grado di ‘staccare’ le altre band del movimento NWOBHM ed entrare nella Storia, in primis del metal ma potremmo tranquillamente dire della musica.
È con il medesimo spirito di grande entusiasmo che anche noi della redazione ci siamo messi in viaggio – chi in auto e chi in treno – per raggiungere l’Arena Joe Strummer di Bologna, un anfiteatro che ha ospitato negli ultimi trent’anni molti grandi concerti e festival estivi (tra cui alcune edizioni del Gods Of Metal). Nonostante i prevedibili rallentamenti dovuti al notevole afflusso di auto in zona, è stato piuttosto semplice trovare posto tra i diversi parcheggi dislocati nei pressi dell’Arena – come quelli su Via Stalingrado – e da lì raggiungere l’area concerti.
Come per tutti i grandi eventi di quest’anno il regolamento ha vietato l’ingresso di oggetti tra i quali creme solari e power bank oltre a bottiglie e borracce. L’idea di base è infatti di produrre meno rifiuti possibile, attraverso l’utilizzo di bicchieri in plastica (i classici ‘bicchieroni da festival’ con il logo della manifestazione) rilasciati dietro pagamento di due euro e poi utilizzabili presso gli stand di birre e bibite, oppure usufruendo delle fontanelle d’acqua gratuite. Il risultato di questa politica ‘green’, che prevede anche l’utilizzo di contenitori e posate compostabili presso i vari food-truck all’interno dell’Arena, è stato di un oggettivo alto grado di pulizia degli spazi interni, come avevamo già avuto modo di sperimentare con piacere al Rock The Castle festival, tenutosi lo scorso giugno presso il Castello Scaligero a Villafranca di Verona.
Diversa purtroppo la situazione nelle immediate prossimità degli ingressi, che ha visto formarsi i ben noti cumuli di immondizia, a causa di bidoni e cestini presenti in numero non sufficiente alle migliaia di persone che hanno popolato la zona del Parco Nord.
Una volta all’interno, la zona ‘cibo e bevande’ è stata la prima a presentarsi ai nostri occhi: ampia scelta e naturalmente la possibilità di sostare presso i tavoli con panche; proseguendo, ecco i bagni (quelli ‘veri’ e pulitissimi, divisi tra uomini e donne, dettaglio ininfluente per molti ma piuttosto apprezzato da signore e signorine), i ‘punti acqua’ nei quali ricaricare gratuitamente il bicchiere e il primo stand del merchandise ufficiale degli Irons. E poi… l’arena, già gremita nel primo pomeriggio, sia nel parterre che sulle collinette. Completiamo la nostra panoramica: altri due punti cassa con divisione tra pagamenti ‘veloci’ con bancomat e contanti, bar, un secondo stand del merch, bagni chimici e naturalmente il palco e la pedana rialzata per gli utenti disabili.
E’ un pomeriggio caldo e assolato, ma le temperature non sono proibitive e il prato erboso che ci accoglie è un’autentica gioia (anni di festival presso autodromi e simili, con conseguenti ore passate su colate di cemento e asfalto bollente ci hanno insegnato la differenza).
Entriamo finalmente nel vivo con i LORD OF THE LOST, i primi supporter. I musicisti tedeschi, capitanati dal cantante Chris ‘The Lord’ Harms hanno proposto un gothic rock con venature metal catchy e di facile presa, influenzato dai Depeche Mode, HIM, Marilyn Manson e dall’industrial più accessibile. Popolarissimi in patria – dove queste sonorità trovano un consenso molto rilevante sin dagli anni ‘90 – ma assai meno in Italia, i ragazzi di Amburgo hanno avuto l’onore (e onere) di aprire la giornata. La band ha svolto il compito egregiamente, prendendo possesso di un’arena in fase di riempimento e apparendo da subito come una band esperta e ben rodata.
Dieci i pezzi riversati sulla folla, tra i quali la ‘hit’ “Drag Me To Hell” dall’album “Empyrean” e “The Heartbeat Of The Devil” tratta dall’ultimo EP omonimo. I tedeschi hanno pescato da diversi capitoli della loro (sterminata) discografia, nello specifico “Fears”, “Loreley”, “Judas”, “Die Tomorrow” e “Thornstar”, l’album più rappresentato nella setlist, chiudendo il set con “On This Rock I Will Build My Church”, un brano piuttosto tirato (per gli standard della band) che unisce ruvidità new metal e melodie gothic-dark. Al netto di suoni più che discreti, il gruppo è riuscito immediatamente a coinvolgere l’audience, nonostante una proposta musicale estremamente lontana da quella della band che ha portato tutti i presenti a riunirsi. Il pubblico ha sembrato infatti apprezzare le atmosfere dolcemente scure e i brani anthemici del gruppo, che ha utilizzato molto bene tastiere e sezione ritmica. È utile ricordare che il pubblico degli Iron Maiden è – da ormai molti anni – estremamente eterogeneo, per cui un bill interamente ‘heavy/power/progressive metal oriented’ non è sicuramente una priorità.
Dal canto loro i tedeschi hanno tirato dritto con lo show senza tante pause, ringraziando più volte il pubblico con dei ‘grazie’ dal forte accento teutonico e le tipiche espressioni colorite di carattere ormai internazionale. Il primo tassello della ‘legacy’ si va quindi ad incastonare alla perfezione, ma l’adrenalina è destinata a crescere.
E’ infatti la volta degli AIRBOURNE e in questo caso il discorso è piuttosto diverso: i ragazzi australiani sono molto amati da appassionati di metal (e non solo) della Penisola e l’area fronte palco si fa più gremita e attenta durante la loro esibizione. La band dei fratelli O’Keefe è una rassicurante certezza per tutti gli amanti dell’hard rock con venature heavy e blues dei maestri e connazionali AC/DC. Giovani cloni? Ingeneroso, ma per certi versi potremmo dire di sì. Un gruppo del quale non si sentiva il bisogno? Su questo dobbiamo – costretti dall’evidenza dei fatti – dissentire. Pur non apportando quasi alcuna novità, dal punto di vista strettamente musicale, gli Airbourne hanno reinterpretato bene il classico hard/boogie rock di Angus e Malcom Young – semplice, schietto e diretto – tenendo il palco con energia e passione. Il risultato è stato uno show divertente e ‘sudato’; un’onda di energia che ha investito l’audience ormai gremita. Lo show dei musicisti di Warnambool si è aperto con i cori di “Ready To Rock” (un nome, un programma) da “Black Dog Barking”. Sempre dall’album del 2013 sono state estratte anche “Back In The Game” e “Live It Up”. Ricordiamo ancora l’infiammante “Breakin’ Outta Hell”, dall’album omonimo, e “Runnin’ Wild”, che ha così chiuso un set breve ma ad altissimo tasso di rock’n’roll omaggiando “Paranoid” dei Black Sabbath e “Let There Be Rock” dei mentori AC/DC con l’inserimento ‘jammato’ dei rispettivi riff portanti.
Cosa aggiungere? Niente, a parte il fatto che la risposta fortemente positiva del pubblico, in questa circostanza come nelle passate apparizioni sui palchi italiani (oltre che in termini di vendite), è segno del persistente interesse di moltissime persone nei confronti dell’heavy rock più immediato e basico, che fa muovere la testa e cantare i ritornelli. Non sempre e solo nuove sonorità e show elaborati insomma, spesso semplicità e tradizione sono la risposta più gradita.
Setlist:
Ready To Rock
Back In the Game
Girls In Black
Burnout The Nitro
Boneshaker
Breakin’ Outta Hell
Live It Up
Runnin’ Wild
A questo punto tutto era pronto e noi avremmo dovuto – finalmente – parlarvi della storica intro “Doctor Doctor” degli UFO che usualmente prelude all’ingresso sul palco dei sei musicisti londinesi, delle nostre impressioni sui nuovi brani in sede live (eravamo tanto curiosi di ascoltare il giro irish-folk di “The Writing On The Wall”), delle apparizioni di Eddie, delle scenografie e dei vecchi classici… e invece, come tutti sappiamo, le cose sono andate diversamente. Sullo sfondo infatti, la copertina di “Brave New World” andava ad assumere tratti sempre più reali. Attorno alle 20:40 il cielo sopra l’Arena ha iniziato a farsi scuro e si è alzato il vento. Tenendo l’occhio costantemente fisso all’orologio – perché alle 21:00 in punto sarebbe cominciato lo spettacolo atteso per ore – perciò, trangugiato un buon hamburger ci siamo fatti strada tra la folla per tornare nel pit. Nel mentre ha iniziato a piovere, ed il vento a far da compagnia, insistente. Breve acquazzone estivo o pericoloso temporale? In quel momento era impossibile saperlo, e dal palco è arrivato il primo annuncio che ordinava di sgomberare la sola zona antistante, perché le casse dell’impianto audio e i megaschermi dovevano venire abbassati, in quanto potenzialmente pericolosi viste le raffiche in corso.
E così, svariate centinaia di recalcitranti fan lasciavano l’area transennata del pit per riversarsi nell’arena e attendere – insieme alle altre migliaia di spettatori – un cenno positivo, dal palco e dal cielo. Con il passare dei minuti, la pioggia si faceva insistente e un lampo di notevoli dimensioni illuminava per qualche secondo il cielo immediatamente dietro al palco. La protezione civile aveva diramato un’allerta gialla per l’intera Emilia-Romagna, perciò il pericolo di maltempo era noto almeno dalla mattina: dagli zainetti sono usciti quindi k-way e cerate, chi ha portato una felpa alza il cappuccio e gli stand delle bevande (uniche zone coperte) vengono presi d’assalto per trovare riparo.
Purtroppo niente va come dovrebbe: dopo un tempo che sembra interminabile, poco prima delle 22:00 (non abbiamo immediatamente controllato l’ora, onestamente) ecco l’annuncio ufficiale che stronca le speranze e l’entusiasmo dei presenti: il concerto è annullato perché le avverse condizioni meteo potrebbero compromettere la sicurezza di pubblico, band e addetti ai lavori. Smarrimento, confusione rabbia: questi i sentimenti che animano nell’immediato tutti i presenti, che sciamano all’esterno in maniera anche piuttosto disorganizzata sotto la pioggia ancora battente. La beffa arriva poco dopo, quando verso le 22:15 ci si rende conto che il maltempo è passato e la notte è semplicemente fresca e umida. L’amarezza è enorme, e il pensiero va non solo all’occasione persa ma anche alle moltissime persone che hanno preso giorni di ferie dal lavoro, aerei, organizzato pullman e pagato alberghi per essere qui stasera, dalla penisola intera, dalle isole come dall’estero.
E anche per questo ci siamo presi qualche giorno, per metabolizzare la delusione, rivedere gli avvenimenti a mente più fredda e lucida, leggere il comunicato ufficiale dell’organizzazione, della band e le ulteriori informazioni circolate, apprendendo così che era previsto un coprifuoco – non prorogabile – per le 23:30. Questo, unito alle tempistiche per rimettere in funzione palco, schermi e tutte le attrezzature presenti, avrebbero reso impossibile l’esecuzione di uno show completo, nel minutaggio come nella scenografia. Se col senno di poi possiamo anche parlare di un eccesso di cautela ed offrire ipotetiche soluzioni alternative, purtroppo nel tempo concitato in cui si è svolto il tutto era impossibile sapere con certezza che non ci sarebbe stato di lì a poco un peggioramento ulteriore del meteo, ad esempio con importanti grandinate come era da poco avvenuto nelle vicine province di Modena e Mantova. Difficile inoltre non ricordare la tragedia sfiorata con la tromba d’aria che investì l’Heineken Jammin’ Festival a Mestre nel 2007, provocando una trentina di feriti e il panico tra le migliaia di spettatori, con conseguenti pesanti critiche verso l’organizzazione, accusata di aver sottovalutato la situazione.
Concludiamo questo atipicissimo report – che speriamo non dover più replicare in tale forma – ricordando che il management dei Maiden ha escluso la possibilità di recuperare la data nel corso dell’estate e ha dato appuntamento ai fan al prossimo anno. Nel frattempo è possibile chiedere il rimborso dei biglietti entro il 7 agosto 2022.