A cura di Claudio Giuliani
Erano anni che la capitale non era protagonista di un evento metal di questa portata. Gli Iron Maiden e i Motorhead, il tutto nello stesso giorno e nella cornice migliore che si potesse desiderare, uno stadio Olimpico che si è riempito nel prato e nella tribuna per ammirare le gesta di questi mostri sacri del metal e del rock and roll. A completare il bill del concerto c’erano i nostrani Sadist, Lauren Harris (figlia del bassista dei Maiden ed esempio maximo di come i cognomi illustri facciano miracoli), i Mastodon e i Machine Head, nella loro prima data romana di sempre. Un bill del genere poteva trovare collocazione solo nello stadio Olimpico di Roma, con una marea di gente a saltellare e ad osannare i propri idoli. Il pubblico ha risposto presente. Abituato a frequentare l’Olimpico per i match della Roma, chi scrive può dire che ci saranno state fra le 20 mila e le 30 mila persone presenti. Quando sono calate le ombre, lo spettacolo di luci è stato magistrale, una notte dedicata agli Dei del rock and roll e dell’heavy metal che i presenti non dimenticheranno mai di sicuro. L’organizzazione è stata impeccabile, il pogo nelle prime file devastante, specie durante l’esibizione dei Motorhead. Ci scusiamo con i lettori per le mancate recensioni di Mastodon, Sadist e Lauren Harris, alle cui esibizioni non abbiamo potuto assistere per motivi di lavoro.
MACHINE HEAD
Usciti quest’anno con “The Blackening”, sicuramente uno dei dischi metal del 2007, gli americani sono stati autori di un ottimo show, cinquanta minuti di musica con la scaletta pressoché identica a quella eseguita qualche giorno prima al Download Festival. Scaletta se vogliamo obbligata. Dal nuovo album sono stati estratti tre pezzi, ovvero “Clenching The Fists Of Dissent”, “Aesthetics Of Hate” e “Halo”. Poi, fra le altre, sono state eseguite le immancabili “Imperium” e la finale “Davidian”. Su tutto la prestazione del batterista, un Dave McClain davvero in forma, e ovviamente di Robb Flynn, leader della band. Impressionanti le sequenze di assoli, tutte di altissimo livello specie nel duetto della parte centrale di “Clenching The Fists Of Dissent”, che ha aperto lo show. Per chi scrive le parti migliori della band sono quelle potenti e più metal tradizionali, non le parti smielate (alla “Halo”, per capirci). Nei pezzi più potenti, praticamente quelli degli esordi e in qualche canzone dell’ultimo più “Imperium”, la band ha dimostrato di essere davvero una macchina tritaossa anche in sede live. Nulla da dire sull’affiatamento dei ragazzi, le canzoni hanno avuto sempre un impatto brutale anche se i suoni erano un po’ impastati.
MOTORHEAD
Una leggenda che calca i palchi. Non credo ci fosse qualcuno sorpreso e meravigliato quando, sotto il sole cocentissimo (+35 gradi) di Roma, un anzianotto signore ha fatto la comparsa sul palco col basso a tracollo, tutto vestito di nero, camicia aperta a metà, capezza ondulante, occhiali da sole, stivale classico e capelli al vento, pronunciando la classica frase ‘We’re Motorhead and we play fucking rock and roll’. Eppure i brividi vengono sempre. E si è assistito quindi ad un’ora di rock and roll con una scaletta varia, che ovviamente ha presentato i soliti tre pezzi in chiusura. Fra le song ricordiamo “One Night Stand” (unica estratta dal nuovo album “Kiss Of Death” insieme a “Be My Baby”), “Going To Brazil”, la bellissima “Killed By Death”, “Killers”, l’autodedicata e potentissima “Over The Top”, ma anche “Metropolis” e le immancabili “Sacrifice” (impressionante l’assolo del drummer Mikkey Dee), “Ace Of Spades” e “Overkill”. Il pubblico ha tributato un’ovazione immensa al terzetto, autore di un grande show. Alla fine i tre erano visibilmente soddisfatti e contenti degli applausi e dei cori che il pubblico romano ha rivolto loro. Se scriviamo dei Motorhead, sappiamo di scrivere di un pezzo di storia del rock, di una band che ha influenzato tutti quelli che amano il metal e imbracciano strumenti musicali. Per tutti gli altri, basta riportare il commento di due ragazzi vicino al sottoscritto: erano lì solo per ascoltare gli Iron Maiden, non erano metallari fissati ma volevano solamente vedere i Maiden dal vivo. Dopo un po’ di concerto dei Motorhead mi domandano quanti anni avesse Lemmy; io gli dico oltre 60, e loro ‘ammazza, er vecchietto spigne eh!!!’ (per i non romani, sarebbe a dire che è veramente tosto e gagliardo il tipo). Questo rende bene l’idea. Lunga vita a Lemmy. Grandi, come sempre.
IRON MAIDEN
Mancavano da tanti anni a Roma, definita da Bruce durante il saluto ‘il Sud dell’Italia’. Non è proprio cosi, ma va bene uguale visto la tanta gente accorsa proprio dal Meridione per gustarsi finalmente un concerto di questa portata a Roma e non a Milano. I Maiden sono stati autori di un ottimo spettacolo, con una scaletta infinitamente migliore di quella proposta a Milano, dove eseguirono tutta la tracklist di “A Matter Of Life And Death”. Si è partiti subito con il trittico iniziale proprio di questo album: le canzoni sono belle ma lunghe, e alla fine stancano un po’. Di ben altro spessore è stato il terzetto formato da “Wrathchild”, “The Trooper” e “Children Of The Damned”, che il pubblico ha accolto praticamente in totale estasi. Fantastica l’esecuzione di “The Number Of The Beast” dove l’intero Olimpico, gremitosi, ha partecipato nei cori. “Fear Of The Dark” è stata di gran lunga la canzone più apprezzata. “I have a phobia that someone is always there” è stata cantata praticamente da tutti, cosi come “Run To The Hills” che ha preceduto la veloce “Iron Maiden”, prima dell’encore finale che ha raccolto applausi a scena aperta, grazie alla conclusiva “Hallowed Be Thy Name”. I sei inglesi sono apparsi in grandissima forma. Fra il pubblico c’era tanta voglia di Iron Maiden, ma tanta proprio. Dickinson ha annunciato fra il tripudio della folla che il prossimo anno torneranno ancora in Italia. I Maiden faranno un tour mondiale con una scaletta improntata su “Powerslave” e altri album vecchi. Ovazione totale quando il cantante ha preannunciato l’inclusione di “The Rime Of The Ancient Mariner” nella scaletta del prossimo tour. Fantastica la scenografia, con un Eddie in formato militare e il solito super mega palco a due piani, sul quale Dickinson ha saltellato qua e là nonostante l’età non più verdissima. L’evento metal dell’anno a Roma senza alcun ombra di dubbio, concerto immenso per la leggenda dell’heavy metal.
Scaletta:
Different World
These Colours Don’t Run
Brighter Than a Thousand Suns
Wrathchild
The Trooper
Children of the Damned
The Reincarnation of Benjamin Breeg
For the Greater Good of God
The Number of the Beast
Fear of the Dark
Run to the Hills
Iron Maiden
Children of the Damned
The Reincarnation of Benjamin Breeg
For the Greater Good of God
The Number of the Beast
Fear of the Dark
Run to the Hills
Iron Maiden
Encore:
2 Minutes to Midnight
The Evil that Men Do
Hallowed be thy Name