Report a cura di Dario Cattaneo
Fotografie di Francesco Castaldo
Assistere a un concerto promozionale di un album recente degli Iron Maiden pone sempre il rischio che si venga a creare una spaccatura nella serata a livello delle scelte in scaletta. Anche osservando il pubblico e facendo quattro calcoli sull’età anagrafica media, ci si rende ben conto di come, infatti, sempre più presenti tra quelli più ‘attempati’ accorrano ad ogni concerto della band inglese solo per rivivere le fulgide emozioni dei grandi loro tour degli Anni ’80, dimostrandosi meno interessati ai brani nuovi presenti in setlist. Con il tour di “A Matter Of Life And Death”, in cui si suonò sempre al Forum di Assago l’intero album omonimo, nell’ordine del disco successe questo, con una prima parte appunto meno coinvolgente seguita però da grande gioia e fuochi d’artificio durante la riproposizione dei classici a fine concerto. Stavolta, dobbiamo dire, la band invece ha fatto centro, con una scaletta ben bilanciata, che alternava i momenti più attesi del comunque validissimo album nuovo con una sapiente selezione del materiale più old-fashioned. La scelta, poi, di un palco complesso, accattivante visivamente e pieno di gustose sorprese quali fiammate, parti mobili e enormi pupazzoni, ha permesso di ammantare anche i brani nuovi di quella freschezza, di quel senso di grandezza e stupore che la gente provava negli Eighties durante i tour di “Powerslave” o “Somewhere In Time”, con risultato quello di creare una grande cornice per un grande show. L’energia, la voglia di fare della band tutta e il carisma del vulcanico frontman Dickinson hanno poi fatto la differenza, regalandoci uno spettacolo davvero degno di questi Titani del Heavy Metal!
THE RAVEN AGE
Quando arriviamo al Forum e riusciamo ad entrarvi dopo i necessari controlli di sicurezza, i The Raven Age hanno già cominciato da qualche canzone. Come in molti avranno segnalato, o segnaleranno nei prossimi giorni, la scelta come supporter act di questo giovanissimo combo inglese pare viziata da una forte dose di nepotismo, o per meglio dire ‘parentelismo’: se non fosse stato, infatti, per la militanza nelle loro file di George Harris, figlio del ben più famoso e protagonista Steve Harris, dubitiamo che una band con all’attivo solo un EP si sarebbe potuta permettere un giro di giostra come quello in cui è attualmente imbarcata. Volendo riconoscere qualche merito a questa formazione, possiamo dire che – almeno giudicando dai quattro o cinque pezzi che siamo riusciti a vedere – un minimo di presenza scenica ce l’ha e comunque il loro metal melodico e modernista dimostra un certo appeal su orecchie avvezze alla musica dell’ultimo decennio; è anche indubbio però che l’interesse che possono suscitare sullo scafato fan delle sonorità Anni ’80 è pari a quello di un mini-tamponamento in tangenziale. Certo è che i ragazzi ci provano: le canzoni, nonostante i volumi penalizzanti, sembrano oramai rodate per la riproposizione live e risultano quantomeno ascoltabili e non noiose, e anche i cinque musicisti, soprattutto il frontman Burrough, mostrano un po’ più di interazione col pubblico rispetto al ben mediocre spettacolo offerto un anno fa in quel di Bologna a supporto dei Mastodon. La strada per loro è ancora lunga e sinceramente non crediamo che questa apparizione prima dei titani Maiden abbia portato loro particolari vantaggi o sfighe sul lungo termine. Diciamo che hanno avuto la possibilità di suonare davanti a platee consistenti, e questo ricordo rimarrà con loro per sempre, qualunque svincolo imboccherà la loro carriera.
IRON MAIDEN
L’attesa per i padri putativi dell’heavy metal (o almeno del modo più classico di intendere questa musica) è come sempre davvero alta. Lo show dei The Raven Age, con i loro continui richiami e proclami riguardanti l’imminente avvento della band inglese, non ha fatto altro che alzare il fuoco sotto il sedere dei fan, i quali non vedono l’ora che le luci generali finalmente si abbassino, in favore di quelle più rutilanti poste sul palco. Cosa che accade esattamente alle nove in punto: precisi come un orologio svizzero, allo scoccare dell’ora lo stage si anima sotto i giochi di numerosi faretti e l’intero, opulento, spazio dedicato ai musicisti si mostra nel suo esotico splendore. Il breve video introduttivo che viene proiettato sugli schermi laterali sotto le note di “Doctor Doctor” si prende già da solo la sua buona dose di applausi e urla rapite, ma è durante la mistica introduzione di “If Eternity Should Fail” che il delirio veramente si scatena. Un ancora invisibile Dickinson intona, supportato da un effetto eco fin troppo pronunciato, i versi iniziali del brano mentre la gente acclama, e infine compare correndo sul palco quando la band tutta attacca sul secondo minuto di canzone. L’energia è tanta, il coinvolgimento pure, e se anche la voce ogni tanto c’è e non c’è, non possiamo trovare pecche nel comportamento della Vergine di Ferro sul palco: nonostante l’età e l’intervento subito alle corde vocali per rimuovere un brutto tumore, il buon Bruce è sempre il mattatore di una volta. La canzone, una delle nostre preferite dall’album nuovo, passa in fretta e viene doppiata immediatamente da un altro estratto dello stesso disco, “Speed Of Light”, che circa un anno fa ricoprì appunto l’importante ruolo di singolo apripista. Con un approccio diretto e semplice da vera hit maideniana, il brano non incontra difficoltà nel portare il proprio affondo sul pubblico già caldo, rivelandosi subito una canzone più che adatta alla sede live. Il primo omaggio all’illustre (a dir poco) passato della band lo abbiamo con la gradita “Children Of The Damned”, dove in realtà Bruce zoppica un po’ e dove il suono, francamente, non sembra proprio il massimo. In realtà, dalla nostra posizione avanzata sul parterre, molte volte avremo l’impressione che si potesse lavorare di più sulla nitidezza dei suoni soprattutto di chitarra (la batteria invece è fin troppo alta e prodotta), ma con questa bella canzone la cosa ci peserà un po’ di più. Gli sfondi a tema Incas/Aztechi ritornano prepotenti e la band inglese ci propone una seconda, più meditata, doppietta dall’album nuovo: “Tears Of a Clown” si rivela più potente del previsto, strappando qualche meritato applauso in più di quanto ci aspettassimo, mentre la lunga “The Red And The Black” tiene banco per i successivi tredici minuti, anch’essa senza annoiare e ben seguita da un pubblico oramai positivamente coinvolto. La pazienza dei ‘fan dei tempi che furono’ viene premiata appena finita la suite dedicata al libro di Stendhal: la super-hit “The Trooper” irrompe dalle casse e ci riporta tutti indietro nel tempo, con Bruce nuovamente vestito da giubba rossa britannica e con il leader Harris nella sua oramai leggendaria posa con il piede sulla cassa-spia e il basso minacciosamente puntato in avanti. “Powerslave” reca il giusto tributo a quei tempi in cui i tour degli Iron erano i più grossi e sfarzosi del mondo ed è l’ultimo ‘homage’ al passato, prima che la frenetica “Death Or Glory” (con Bruce che indossa un curioso copricapo a forma di testa di scimmia) e l’epica “The Book Of Souls” chiudano il cerchio per quanto riguarda l’omonimo album in promozione. Il resto, come si suol dire, è tutta discesa per gli Iron. “Hallowed Be Thy Name” porta in campo il 100% dell’energia di un tempo, riscuotendo sguardi increduli su come facciano Nicko e Bruce, soprattutto, a reggere questi ritmi. “Fear Of The Dark” non rallenta ovviamente di un secondo la corsa dei Nostri, ma lascia il giusto spazio alle roboanti voci delle migliaia di presenti al concerto, prima di rimettersi a correre ancora più forsennatamente sull’immortale “Iron Maiden”. Il concerto ci sembra appena iniziato quando in realtà siamo già ai bis, ma pure dopo le esplosioni, le fiamme, le maschere e l’Eddie gigante che è salito sul palco durante gli ultimi brani, di spazio per le sorprese ce n’è ancora. “The Number Of The Beast” vede la presenza di un minaccioso e gigantesco diavolo sul lato sinistro del palco, mentre il volto di Eddie, sempre più grande, compare prima dietro al palco stesso e poi circondato di luci e stelle al centro dell’ipotetico soffitto sopra la band durante la nostalgica “Blood Brothers”. “Wasted Years” chiude degnamente un altro concerto degno degli Iron. Non c’è molto altro da dire infatti: il loro stile, sul palco e fuori, a livello di musica e di immagine, i sei britannici lo hanno fissato da quel dì. L’età avanza, e lo sappiamo tutti, l’album nuovo può essere piaciuto o meno, però uno show degli Iron Maiden è sempre una garanzia: alcuni suoni, lo abbiamo detto, non ci hanno convinto, avremmo voluto qualche altro classico in scaletta e la voce di Bruce non sarà più la stessa per tutte le due ore di concerto…ma di far viaggiare nel tempo gli ascoltatori come fanno loro, be’, pochi davvero ne sono in grado!
TV Sorrisi e Canzoni e Panorama, in occasione delle date italiane degli IRON MAIDEN, presentano tre uscite dedicate:
- 19 luglio l’ultimo album “The Book Of Souls” (doppio CD a €12,90 prezzo rivista esclusa)
- 26 luglio il doppio live CD “Death On The Road” registrato a Dortmund nel 2003 (€12,90 prezzo rivista esclusa)
- 02 agosto il DVD “Visions Of The Beast” con la videografia ufficiale della band uscita nel 2003 (€14,90 prezzo rivista esclusa)
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