30/04/2011 - KAMELOT + EVERGREY + AMARANTHE @ Magazzini Generali - Milano

Pubblicato il 04/05/2011 da

Introduzione a cura di Dario Cattaneo
Report a cura di Matteo Cereda, Dario Cattaneo
Foto a cura di Riccardo Plata

 

Per definire l’intensa serata di metal che ha avuto luogo ai milanesi Magazzini Generali potremmo tranquillamente usare l’allocuzione ‘Luci e Ombre’, che perfettamente descrive l’alternanza di momenti belli e meno belli che hanno avuto luogo durante le poco più di tre ore di show delle band presenti. Luci riconoscibili in primis nella lieta sorpresa Amaranthe, che hanno convinto i presenti con una buona prova a dispetto di una proposta musicale magari non originalissima, e nella davvero convincente prova di Lione come frontman dei Kamelot; e ombre che invece hanno come al solito riguardato l’inadeguata acustica della venue ed una serie di problemi tecnici avvenuti a discapito degli Evergrey, problemi che insieme appunto all’acustica non all’altezza hanno contribuito a rovinare una performance già di per se stessa inferiore a quella delle altre due band. L’inaspettato forfait dei presunti opener Sons Of Seasons, infine, getta un ulteriore alone di cupezza sulla serata, che sarà alla fine sollevata solo grazie alle eccezionali performance dei Kamelot e degli opener Amaranthe. Con i report ad opera dei due presenti della redazione di Metalitalia.com, vi guidiamo tra gli alti e i bassi di questa serata…

AMARANTHE

A causa dell’inaspettato forfait dei Sons Of Season per non meglio precisati motivi di salute, il compito di dare il via alla serata spetta agli Amaranthe, band di origini svedesi e danesi attesa al debutto su Spinefarm nei prossimi mesi. La proposta della band scandinava non è di quelle propriamente originali, ma dal punto di vista scenico, esecutivo e anche compositivo le impressioni sono largamente positive. Il sestetto nordeuropeo presenta una formazione a tre voci con il growl profondo di Andy, il pulito maschile su tonalità piuttosto alte di Jake e la voce angelica ma potente della bellissima Elize. Questa alternanza di voci su una base di metal melodico ben strutturata garantisce una varietà d’interpretazione e gran movimento sul palco. Le canzoni proposte seguono uno schema compositivo piuttosto semplice ed abusato con strofe guidate da ritmiche spezzate e rocciose a fare da apripista all’immancabile ritornello melodico giocato spesso su melodie pop-dance anni ’80 immerse in abbondanti tastiere per l’occasione campionate. Una miscela sonora già sentita quella degli Amaranthe, ma le buone capacità compositive mostrate nella mezz’ora a disposizione, unite alle qualità tecniche e d’immagine di Elize, siamo sicuri porteranno alla band delle soddisfazioni in un futuro prossimo.
(Matteo Cereda)

 

EVERGREY

Sulle note dell’introduttiva “Leave It Behind Us”, opener anche dell’ultimo ablum “Glorious Collision”, si apre lo show degli Evergrey, e subito abbiamo lo sgradito impatto con il suono insufficiente ed impastato che accompagnerà quasi tutta la performance della progressive band svedese. Chitarre a tratti alte e a tratti inesistenti, batteria con un livello del pedale troppo alto e dal suono scadente e infine una resa sonora della voce troppo bassa sono subito saltati all’orecchio dei presenti, rendendo la canzone difficilmente seguibile. Gli stessi problemi si sono protratti con le successive “Monday Morning Apocalypse” e “Wrong” (riuscita un pochino meglio), strappando anche al cantante Tom Englund un abbastanza indispettito commento a proposito di quanto stava succedendo. Le cose peggiorano ulteriormente con “Blinded” e “The Masterplan”, dove i due chitarristi si vedono costretti a cambiare in corso d’opera le proprie chitarre, lasciando il compito al compagno di continuare a suonare mentre gli indaffarati roadie provvedono alla sostituzione… dobbiamo ammettere di aver visto poche volte situazioni del genere. Per fortuna con l’inizio della hit “Recreation Day” i suoni sembrano ingranare e permettono alla band di finire lo show un po’ più rilassata, esibendosi in una buona “Broken Dreams”, in una interessante “Frozen”, che già da disco mostrava soluzioni vocali differenti dal solito, e nella conclusiva “A Touch Of Blessing”, eseguita finalmente alla perfezione e senza problemi sonori di sorta. A difesa della band c’è da dire che l’acustica non l’hanno decisa loro, e che i problemi tecnici alle chitarre possono capitare, ma il suono che scompare durante gli assoli e il pedale incessante che copre le ritmiche non si possono proprio scusare. Inoltre, la performance degli Evergrey è notoriamente statica e minimale, concentrando appunto l’attenzione sulla qualità della musica proposta, ma se pure la resa sonora di quest’ultima viene a cadere ci rimane solo l’indubbia qualità delle composizioni, che però è apprezzabile anche su disco, e non rappresenta quel valore aggiunto che normalmente spinge il fan a presenziare ad un concerto. Pollice verso per gli Evergrey, purtroppo, li rimandiamo al tour da headliner che compiranno in Europa dopo i festival estivi ed il tour americano.
(Dario Cattaneo)

 

KAMELOT

I Magazzini Generali di Milano sono ormai gremiti e alle 21 in punto i Kamelot fanno il loro ingresso sul palco preceduti da un’introduzione sinfonica registrata in base. La scenografia del gruppo si presenta subito imponente a dispetto del piccolo palco a disposizione, mostrando intermittenti giochi di luce e due scalinate sui lati che consentono ai musicisti di salire e scendere creando un certo movimento oltre ad ospitare per gran parte delle canzoni i due coristi di cui sveleremo l’identità fra poche righe. La resa sonora appare discreta, ci sono alcune mancanze come il volume troppo basso del chitarrista Thomas Youngblood in alcuni assoli, ad esempio, ma al cospetto del sound ricco di particolari come quello dei Kamelot e conoscendo i problemi acustici del locale non ci si può lamentare. La grande attesa era tutta per il nostro Fabio Lione che, come ben saprete, sta sostituendo il dimissionario Roy Khan in attesa della nomina del nuovo cantante ufficiale. Il vocalist di origine toscana è protagonista di un’ottima performance sia dal punto di vista tecnico che sotto il profilo dell’intrattenimento. E’ stupefacente come il buon Lione sia riuscito ad entrare nei meccanismi della band in così poco tempo, evidenziando una sicurezza ed una precisione nell’interpretazione dei vari brani davvero invidiabile. Dal punto di vista strettamente tecnico, inoltre, il singer italiano mostra un’estensione vocale superiore rispetto al predecessore ben figurando anche su canzoni power-oriented giocate sulle note alte quali “Forever”, “Center Of The Universe” e “Karma”, concedendo qualcosa solo sull’inarrivabile “Nights Of Arabia”. Il resto della truppa si esprime su ottimi livelli sin dall’apertura affidata a “Rule The World“. Per la successiva “Ghost Opera” sul palco si presenta una violinista d’eccezione a mimare le scene del videoclip, mentre grande successo riscuote l’ultimo singolo “The Great Pandemonium”. Il recente “Poetry For The Poisoned” per la verità viene inspiegabilmente trascurato da Youngblood e soci con la sola “Necropolis”, eseguita con gran tiro oltre al già citato singolo. Tra i momenti più intensi dell’intera serata figura senz’altro l’esecuzione del lento “Sailorman’s Hymn”, in cui Lione duetta splendidamente con la corista Elize, precedentemente ammirata con gli Amaranthe. Lo spettacolo prosegue in maniera del tutto gradevole alternando mid-tempo rocciosi come “Soul Society” a bordate power metal del calibro di “When The Lights Are Down” e “EdenEcho” cantata interamente dal corista Tommy Karevik (Seventh Wonder). Nel finale non mancano le sorprese con l’ingresso in scena di Simone Simons (Epica) nell’ottima “The Haunting”, prima della già citata “Forever” che manda la band negli spogliatoi per una breve pausa. Il ritorno in scena fortemente inneggiato da un pubblico rumoroso e partecipe avviene sulle note dell’intramontabile “Karma”, mentre il sigillo finale al concerto lo mette l’immancabile “March Of Mephisto”. Chi è rimasto a casa aspettandosi una band improvvisata e raffazzonata dopo la dipartita di Khan questa volta ha sbagliato di grosso, i Kamelot con il fondamentale apporto di alcuni cantanti di encomiabile professionalità (su tutti Fabio Lione) ci hanno regalato una bellissima serata.
(Matteo Cereda)

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