Report di Luca Pessina
Foto di Artur Tarczewski (Facebook | Instagram)
In un uggioso martedì sera tardo-novembrino, un evento presso il The Dome di Londra ci rimette piacevolmente davanti a un format sempre più raro: un tour con headliner e una sola band di supporto, lontano da quei bill infiniti e da quei festival itineranti con numerosi nomi in cartellone che sono diventati ormai la prassi nel nostro ambiente. Questo taglio più essenziale e tradizionale permette a ciascuna band di esprimere al meglio la propria identità, offrendo al pubblico un’esperienza immersiva e ben strutturata.
Protagonisti di questa serata sono i tedeschi Kanonenfieber, che portano sul palco il loro concept sulla Prima Guerra Mondiale in chiave melodic black-death metal, supportati dai temibili black metaller canadesi Panzerfaust, una band con un approccio sonoro e stilistico decisamente diverso, ma ovviamente altrettanto convincente.
I PANZERFAUST salgono sul palco e si presentano con un’energia immediatamente percepibile. La loro configurazione scenica non passa inosservata: il mastodontico frontman Goliath è posizionato su una pedana rialzata sul fondo, mentre la batteria si trova sorprendentemente in primo piano al centro del palco, proprio davanti al pubblico. Questa scelta inusuale attira subito l’attenzione, rompendo gli schemi tradizionali e creando una sensazione di dinamismo che cattura anche gli spettatori meno familiari con la band.
Il set si concentra sulle opere più recenti, dove un black metal fosco e dissonante si intreccia con melodie più limpide e contagiose. Spicca subito l’esecuzione di “The Day After ‘Trinity’”, gelida opener che fa immediatamente drizzare le orecchie a più di uno spettatore, ma anche la recente “The Hesychasm Unchained” si dimostra particolarmente adatta alla resa dal vivo, soprattutto nel suo finale evocativo.
La scaletta, pur senza enormi sorprese, è ben costruita per tenere alta la tensione emotiva: ogni brano sembra parte di un unico, lungo flusso narrativo, e questo aiuta il pubblico a immergersi nel complesso mondo sonoro e concettuale dei canadesi.
I suoni, inizialmente impeccabili, accompagnano l’intensità crescente della performance: Brock Van Dijk, chitarrista e seconda voce, fa il suo con estrema disinvoltura, mentre Goliath cattura l’attenzione dalle retrovie, con pochi ma plateali movimenti.
Il pubblico, per la maggior parte presente per gli headliner, reagisce in maniera mista: nelle prime file spuntano i fan più accaniti, che accompagnano la band con convinzione agitandosi in maniera anche parecchio vistosa, mentre gli altri osservano, inizialmente con curiosità, per poi lasciarsi progressivamente coinvolgere.
Quando i Panzerfaust concludono il loro set, si percepisce chiaramente che hanno dato tutto: il pubblico li saluta con un caloroso applauso, riconoscendo il valore di una performance che ha saputo essere convincente, nonostante la sfida di aprire per un gruppo attesissimo e stilisticamente assai diverso come i Kanonenfieber.
Durante il cambio palco, la sala si immerge in una selezione di musica del primo Novecento, un dettaglio che prepara il pubblico allo show che sta per prendere vita. I KANONENFIEBER si fanno attendere qualche minuto, ma quando finalmente appaiono sul palco, la scena si trasforma completamente, con il gruppo subito impegnato ad allestire una performance in cui la componente scenografica è importante tanto quella musicale.
I tedeschi iniziano infatti con un impatto visivo e sonoro travolgente: in abiti militari dell’epoca, i membri della band si muovono sul palco come attori in una rappresentazione teatrale. Il frontman Noise guida la sua truppa di militi ignoti con carisma, avvolto da un denso fumo di scena e accompagnato da luci che sottolineano puntualmente i momenti più drammatici dello show.
Quasi ogni brano è preceduto o seguito da una piccola scenetta che ricrea situazioni al fronte: i musicisti interpretano soldati, con tanto di cambi di uniformi che seguono gli argomenti delle canzoni. Ad esempio, all’altezza dei brani estratti dal mini “U – Bootsmann”, il cui concept si basa sul conflitto navale e il ruolo dei sommergibili, i musicisti si presentano vestiti da marinai e avvolti da luci più fredde, in contrasto con quanto avvenuto poco prima, dove le canzoni incentrate sulla guerra di trincea erano interpretate tra luci più accese, con la band che interpretava la fanteria del Kaiser.
Noise, oltre a cantare, incita continuamente il pubblico: cori, battimani e interazioni sono una costante (a un certo punto verrà persino richiesto un wall of death), e l’atmosfera nella sala si scalda rapidamente. La teatralità si unisce quindi a una base musicale solidissima, con i Kanonenfieber che spaziano per il loro repertorio e alternano brani veloci e aggressivi, più vicini a canoni melodic black-death, a episodi più groovy, che fanno chiaramente breccia anche tra gli spettatori meno avvezzi al metal estremo. La somiglianza, almeno a livello di attitudine, con l’operato di band come Amon Amarth e Heaven Shall Burn in questo senso è evidente ed emerge più che mai nei momenti quadrati e ritmati, che sembrano fatti apposta per coinvolgere il pubblico dal vivo.
La sala, inizialmente piuttosto composta, si lascia infatti trasportare dallo spettacolo ben oltre le nostre previsioni iniziali. I brani più cadenzati – vedi “Panzerhenker” – raccolgono i consensi maggiori, con il pubblico che partecipa attivamente ai cori richiesti da Noise, mentre la band, dal canto suo, dimostra un’affiatata sintonia, sia musicalmente che nella gestione della scena, con alcuni momenti che in verità sfiorano il kitsch, senza tuttavia mai superare il limite. Gli effetti visivi in questo senso giocano un ruolo fondamentale: il fumo denso e i cambi di luce creano un’atmosfera immersiva, mentre il concept sulla Prima Guerra Mondiale viene reso in maniera quasi cinematografica dal quintetto, il quale fa certamente il possibile per portare gli spettatori direttamente nelle trincee.
I tedeschi tengono il palco per un’ora e un quarto, dimostrando un impegno e una capacità narrativa che colpiscono: considerando che il loro repertorio si basa su solo due album e pochi altri brani, un set così corposo non era affatto scontato.
L’impressione, in definitiva, è quella di essere al cospetto di una formazione pronta a fare il cosiddetto grande salto: del resto, una buona fetta degli ascoltatori metal odierni è molto ricettiva nei confronti di proposte particolarmente teatrali e un gruppo ispirato come i Kanonenfieber attuali può senz’altro ambire a grandi traguardi in termini di presa sul pubblico.
Resta ora il rimpianto che questo tour non abbia toccato l’Italia, lasciando molti fan nostrani desiderosi di assistere a uno show di questo tipo. Considerando però la rapidità con cui la band sta crescendo in popolarità, è probabile che non si dovrà aspettare troppo per un suo ritorno in territorio italiano.
Setlist:
Grossmachtfantasie
Menschenmühle
Sturmtrupp
Der Füsilier I
Grabenlieder
Der Maulwurf
Panzerhenker
Kampf und Sturm
Die Havarie
Die Feuertaufe
Lviv zu Lemberg
Waffenbrüder
Verdun
Ausblutungsschlacht