29/10/2013 - KARNIVOOL + NOT A GOOD SIGN @ Tunnel - Milano

Pubblicato il 01/11/2013 da

A cura di Davide Romagnoli

Se ne sente parlare quasi sempre quando si discute di musica progressive negli ultimi tempi, ai tavoli dei pub, tra quei musicisti che hanno la fortuna di calcare un palco in queste nostre città o tra coloro che hanno appena iniziato a suonare una chitarra ma ascoltano da sempre i Dream Theater. Se ne sente parlare dato il loro trittico di produzioni ben congeniate; se ne sente parlare molto spesso insieme a Tool e Porcupine Tree, così come insieme ai nuovi portavoce del prog, come Animals As Leaders, Periphery e altri amici più irruenti; se ne sente parlare bene, perché in quindici anni di attività hanno sempre dato adito ad ottimi responsi. Fatto sta che il Tunnel di Milano ha ospitato, scesa in Italia per la seconda volta quest’anno, una delle band australiane più importanti della scena progressive degli ultimi tempi: Ian Kenny e soci, i Karnivool.

Karnivool - band - 2013

 

NOT A GOOD SIGN
Ad aprire le danze per la data a Milano, i Not A Good Sign, band italianissima che presenta membri di Ske e Yugen e dell’etichetta AltrOck. Compito difficile, in ambiti come questo, per una band come questa, risaltare più di tanto. Difficile, innanzitutto, poiché in generi come tale progressive rock à là Flower Kings, Spock’s Beard, con reminescenze Seventies, la freddezza è dietro l’angolo. Molta tecnica risalta dal gruppo, soprattutto dal chitarrista Francesco Zago, il quale, anche dopo qualche problema con la pedaliera, riesce a strappare qualche applauso. Buona tecnica e buona qualità di suono dalla band non riescono però a far amalgamare la performance del vocalist Alessio Calandriello, che risulta un po’ fuori contesto. Ben lontano dall’essere un cantante non preparato, il frontman non risulta poi tanto tale e sembra quasi presenziare, magari per sua sfortuna, nei momenti meno ispirati del set. Quanto proposto di positivo, che sembra essere riuscito a coinvolgere i fan della band australiana, ben abituati ad altre intensità, viene proprio dal lavoro di basso e chitarra e dalle notevoli partiture ritmiche della band.  Un progetto che è nato da troppo poco, forse, per poter risaltare in contesti difficili, come lo era quello odierno.

KARNIVOOL
Nonostante l’intima cornice di un piccolo club come il Tunnel, i fan della band australiana riescono a dimostrare tutta la loro fedeltà e il loro calore immediatamente, fin dal soundcheck. Con qualche suono imperfetto, i Karnivool aprono le danze risultando subito “in palla”, pur senza esaltare la folla. Il clima è ben altro appena si riesce a coordinare bene i livelli di voce e strumenti e appena subentrano brani del calibro di “Simple Boy” e “All I Know”, più conosciuti dai fan. La seconda parte dello show è al fulmicotone. La freddezza di cui si era parlato in generi come questo viene assolutamente spazzata via dall’intensità di una band che riesce ad unire una potenza espressiva ad una tecnica da far impallidire i maestri di musica. Se poi viene coordinata da una performance esaltante ed esaltata come quella proposta da tutti i membri della band – nessuno escluso – e a brani convincenti come quelli della discografia Karnivool, allora il livello si alza ulteriormente. Apici di tecnica e gusto vengono proprio dai brani dell’ultimo “Asymmetry”:  le evocative “Eidolon”, “Sky Machine”, “We Are” e la magnifica “Aeons” risultano tra i migliori brani prog di quest’anno. In sede live acquistano anche quell’intensità evocativa che poche formazioni di questo genere riescono, oggi, a comunicare. Ian Kenny si trasforma nel corso dello show, da timido vocalist a frontman carismatico dall’occhio poco lucido di fine concerto. Un interprete che merita il successo che sta avendo, sia con la band in questione sia con i Birds Of Tokyo, per quanto riesce a coordinare personalità, interpretazione e tecnica. La band non è assolutamente da meno. Jon Stockman è una bomba, uno dei bassisti che riesce a risaltare per gusto, tecnica sopraffina e potenza espressiva. Uno spettacolo per ogni musicista vederlo esprimersi in tutte le sue sfaccettature, effetti, loop ed esecuzioni. Le due torri della scacchiera non sono da meno: Drew Goddard e il polistrumentista Mark Hosking brillano per precisione e performance. Anche Steve Judd esplode in tutta la sua bravura e precisione. Certo, qualcuno potrebbe additare alla band il fatto di non riuscire ad esprimere pienamente tutte le dinamiche espresse nei dischi. Soprattutto Judd, che pesta come se volesse sfondare le pelli. Questo per qualcuno potrebbe essere sicuramente un limite. Non siamo di fronte al tocco vellutato di Tool e Porcupine Tree. Siamo di fronte a nuovi esponenti del genere, che lo coordinano pienamente e coerentemente con le istanze più moderne delle espressioni prog più in voga. Siano esse djent, metalcore o semplicemente più potenti di quanto espresso nel passato. Quando si accende il coro con la famosa “New Day” è comunque una chiosa che fa applaudire tutti i fan, dimostratisi veramente calorosi per l’occasione. Molto bello.

Setlist:

The Last Few
AM War
Themata
Goliath
Simple Boy
Eidolon
All I Know
Sky Machine
We Are
The Refusal
Set Fire To The Hive
Aeons
Alpha Omega
New Day

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