Report a cura di Marco Gallarati
Fotografie di Francesco Castaldo
I Katatonia tornano finalmente in quel di Milano, dove non rimettevano piede dalla data con Alcest e Junius ai Magazzini Generali (novembre 2012), in piena promozione del loro ultimo e acclamato “The Fall Of Hearts”, decimo full di una carriera ormai lunghissima e che ha visto la formazione svedese cambiare pelle (in sonorità e formazione) una bella manciata di volte. Il maggior afflato progressive della recente uscita discografica è piaciuto un po’ a tutti e il successo che sta avendo in diverse parti del mondo, seppur confinato nelle classifiche di genere e limitato comunque dalla proposta metallica in sè, testimonia quanto di buono abbia portato in seno alla band – o meglio, ai due compositori principali, Jonas Renkse e Anders Nystrom – il taglio definitivo con la line-up storica di metà carriera (quella dei fratelli Fredrik e Mattias Norrman e con Daniel Liljekvist alla batteria, per intenderci). Difatti, dopo averli visionati ormai diverse volte ed in più contesti, uno dei maggiori motivi di interesse di questa nuova calata italica dei Katatonia è proprio quello di tastare il polso a vecchi e nuovi membri alle prese con del materiale a tratti parecchio complesso. Ad accompagnare gli headliner, altre due formazioni provenienti dal Nord Europa, non esattamente note al grande pubblico metallaro ed anche decisamente trasversali in quanto a proposta musicale: i danesi Vola e i sorprendenti islandesi Agent Fresco. L’Alcatraz in versione ‘minore’ si appresta dunque, in una delle prime serate meneghine di consistente freddo autunnale, ad accogliere al suo interno un abbastanza nutrito manipolo di metallari dalle eterogenee estrazioni ed età: sentiamo com’è andata, allora…
VOLA
Arriviamo all’interno della venue quando i Vola sono nel bel mezzo della loro performance. Suoni già potenti e piuttosto precisi ci fanno approcciare bene alla band danese, che in mezzora di tempo può sfruttare una bella occasione per mettersi in mostra presso un’audience decisamente open-minded ed in grado di apprezzare sonorità non particolarmente efferate. Il quartetto di Copenaghen ha pubblicato il suo esordio “Inmazes” prima nel 2015, in modalità autoproduzione esclusivamente digitale, e poi attraverso la Mascot Records, in versione fisica, nel settembre di quest’anno. Il djent pare essere un buon ‘reparto’ nel quale catalogare la musica dei Vola, ma la presenza di abbondante elettronica e di un tastierista a tempo pieno allarga un attimo i confini della loro musica, che abbraccia rock, metal e indie un po’ in parti uguali. Certo, i groove stopponi che sanno di Meshuggah lontano un miglio non lasciano dubbi su certe loro influenze, ma per il resto sono echi di Dark Tranquillity, ultimi In Flames e anche degli stessi Katatonia ad accompagnarci per i tre pezzi ascoltati del loro set. Una buona liveband, che se maturerà e personalizzerà ancora il songwriting potrà togliersi qualche soddisfazione. Parte del pubblico pareva essere lì anche per loro, e non ci avremmo certo scommesso su.
AGENT FRESCO
Un cambio di palco in scioltezza e quattro chiacchiere con gli amici ci accompagnano verso quello che sarà il momento più ‘alto’ della serata: l’esibizione degli straordinari Agent Fresco. Mai come in questi anni la musica metal e alt-rock ha saputo cogliere e accogliere le particolarissime realtà provenienti da quella terra dall’unico splendore chiamata Islanda, e assolutamente non a torto. E’ chiaro ormai che, potrà piacere o meno, i musicisti islandesi sono quasi tutti dei pazzi ragionevolmente fulminati, che oppongono ad ogni limite imposto l’esigenza d’espressione libera ed emozionale della loro anima, legata a doppio filo alle sensazioni originate dal loro svernare al buio totale per poi beccarsi mesi di Sole costante a tutto spiano. Gli Agent Fresco salgono sul palco e ci piazzano in faccia un alt-rock-metal di classe sopraffina e inventiva strabordante con una semplicità disarmante. Ancora prima di iniziare, il frontman Arnor Dan Arnarson comincia a passeggiare su e giù per lo stage tenendo il cavo del microfono arrotolato sul braccio, come alla perenne ricerca di un momentum dinamico infinito da sfruttare non appena le ritmiche impartitegli dai suoi compari prendano il la. D’altronde, la vivacità della proposta AgentFreschiana è talmente genuina che subito viene recepita ottimamente dagli astanti, sempre più rapidamente rapiti, con lo scorrere dei pezzi e dei minuti, dall’attitudine e dalla bravura di questa band. Batteria che ci viene da definire solo ‘spaziale’, per la capacità di quietarsi e ripartire impazzita senza sosta, caratteristica soprattutto per un uso dei piatti realmente spettacolare; basso che, solo apparentemente dimesso, è invece ottimo propulsore di groove e pattern ora ipnotici ora bastonanti; chitarra che parte per la tangente ogni tre-per-due e in men che non si dica riprende subito il filo del discorso abbandonato tredici secondi prima; l’uso della tastiera, adoprata sia da Arnarson che soprattutto dal chitarrista Þorarinn Guðnason, è di Queenesca memoria, con i due che quando serve si siedono sullo sgabello e intrecciano melodie suadenti e mesmerizzanti; ed infine una voce cristallina e catalizzante, oseremmo definire perfetta, quasi effeminata in alcuni chorus e demoniaca nelle grida più lancinanti. Voce perfetta così come i suoni, che risulteranno di gran lunga i migliori della serata. Non importa che a scorrere adamantine siano “Dark Water”, “See Hell”, “Eyes Of A Cloud Catcher” oppure “The Red Autumn”, tutto è meravigliosamente attraente e intrigante e lascia di stucco la quasi totalità degli astanti. Musicisti giovani, impeccabili, di personalità, capacissimi ma anche umilissimi: Arnor, Hrafnkell, Vignir, Þorarinn. Non è certo un caso stiano facendo incetta di consensi e premi per la loro musica, magica e strepitosa. Più che ottimi!
KATATONIA
E dopo la botta emotiva donataci dagli Agent Fresco è decisamente complicato aspettarsi qualcosa di più dagli attesi headliner Katatonia. Fin troppe volte, almeno nella nostra esperienza live riguardante la band, gli svedesi hanno dato la tastabile impressione di non riuscire a raggiungere su palco i picchi elevatissimi che riescono a scalare invece con i lavori in studio. E, sebbene la performance profusa abbia ampiamente soddisfatto un’audience attenta ed entusiasta, non possiamo neanche stavolta levarci il cappello di fronte a Jonas Renkse e compagni. Complici suoni non esattamente equilibrati – soprattutto la prima mezzora è stata mediocre sotto il profilo della resa sonora, con basi altissime nei momenti pacati, volumi di chitarra altalenanti e la seconda chitarra dispersa nel nulla – i ragazzi hanno confermato le nostre croniche perplessità. Non vogliamo però soffermarci troppo sulle impressioni negative, in quanto la formazione di Stoccolma è andata in crescendo continuo ed oltretutto si è resa protagonista di un’ora e quaranta di show, assolutamente non poco! In più, ci è piaciuta la setlist suonata, seppur ci aspettavamo almeno un paio di brani in più da “The Fall Of Hearts”, che al contrario ha visto la resa live di “Last Song Before The Fade”, posta a tradimento in apertura e per questo molto penalizzata, l’acclamata “Serein”, l’evitabile “Serac” (troppo lunga, complessa e progressiva per apprezzarla pienamente) e l’ottima “Old Heart Falls”, uno degli highlight del concerto. Per il resto ci siamo trovati di fronte ad un gran saliscendi per quasi tutta la carriera dei Katatonia, che hanno lasciato fuori dai giochi solo gli ‘album del growl’. Alcuni pezzi riarrangiati – “For My Demons”, ad esempio – a tratti sono parsi irriconoscibili, facendo perdere all’esecuzione una buona fetta di credibilità. Chiaramente, dalla loro, gli scandinavi hanno un repertorio formidabile dal quale attingere a profusione, e perciò sono bastate “Criminals”, “Evidence”, “In The White”, la deprimente “Saw You Drown” ed il groove mastodontico di “Forsaker” per farci sorridere ed approvare nonostante tutto. La presenza scenica, si sa, è quello che è: Renkse è un non-frontman particolare, sempre nascosto dietro la chioma nera e fluente, uso a cantare e parlare con il microfono appiccicato ai capelli…non si può pretendere che ripeta perfettamente le prestazioni da studio, ma certo qualche stecchina in meno non sarebbe male; ‘Blakkheim’ ed il bassista Niklas Sandin hanno fatto la loro, tra alti e bassi, mentre più compassato è parso il nuovissimo Roger Ojersson (anche nei Tiamat), autore però di un bell’assolo sul finale di set; bene il nuovo drummer Daniel Moilanen, che ha portato una ventata di dinamismo ai pattern della band. Con un poker di bis che ha accontentato davvero tutti, i Katatonia si sono accomiatati dal loro pubblico da vincitori, confermando il buono stato di forma che deriva dal deciso successo di “The Fall Of Hearts” e dai consensi ad esso affibbiati. Non perfetti, e li conosciamo, ma di sicuro convincenti per impegno ed intensità.
Setlist:
Last Song Before The Fade
Deliberation
Serein
Dead Letters
Day And Then The Shade
Serac
Teargas
Criminals
Saw You Drown
Evidence
Soil’s Song
Old Heart Falls
For My Demons
Leaders
In The White
Forsaker
Ghost Of The Sun
My Twin
Lethean
July