L’autunno londinese è da sempre fittissimo di spettacoli live, pertanto capita che a volte qualche appuntamento si riveli un fiasco pauroso. Il pubblico non ha fondi a sufficienza per poter assistere a più di un concerto a settimana, oppure è semplicemente costretto a scegliere fra vari eventi organizzati nella stessa sera. L’insuccesso dello show di KEN Mode e Unkind (probabilmente neanche una cinquantina di paganti) si spiega insomma così: troppa offerta nello stesso periodo e magari un lavoro promozionale non eccelso; senza ovviamente dimenticare la natura della proposta musicale, che non ha mai spostato chissà quali masse. Siamo dell’idea che, in un periodo diverso, questa accoppiata avrebbe avuto maggior fortuna, ma ormai ogni ricriminazione è superflua. Ci ha sinceramente amareggiato vedere due gruppi tanto validi ricevere un riscontro così penoso, per giunta di venerdì sera, serata solitamente molto favorevole in quel di Londra. Anche e soprattutto per questo motivo, un plauso va alla professionalità dei musicisti, che si sono impegnati al massimo nonostante l’ambiente desolante.
UNKIND
La sala concerti del Water Rats è ancora quasi completamente deserta quando gli Unkind salgono sul palco. Un’accoglienza tristissima, che la band senz’altro non si merita, ma che, al tempo stesso, sembra quasi innescare una performance ancora più rabbiosa del solito da parte del quartetto. Siamo abituati a vedere gruppi come gli Unkind esibirsi davanti a un pubblico magari non numerosissimo, ma almeno partecipe, e probabilmente gli stessi finlandesi non si aspettavano un tale benvenuto in questa data londinese; indi per cui, i Nostri riversano sui pochi presenti tutta la loro rabbia con un assalto d-beat hardcore che lascia solo qualche breve momento alle evoluzioni più atmosferiche messe in mostra sugli ultimi “Harhakuvat” e “Pelon Juuret”. Il bassista Marko e il chitarrista Tommi si dividono le linee vocali e dettano i tempi del concerto, mentre Saku pesta in maniera violentissima, rivelandosi però anche un drummer assai versatile su certi fill. Nell’insieme, insomma, gli Unkind danno l’idea di essere una band affiatata e davvero concreta in sede live. Peccato solo constatare che in questo momento le persone più esaltate all’interno del locale siano gli stessi KEN Mode, che seguono la prova dal banco del merchandise. Memori di show selvaggi con protagonsiti gruppi affini – vedi Disfear o Tragedy – ci stavamo aspettando tutt’altra cornice, ma la realtà dei fatti purtroppo è stata ben altra. Peccato!
KEN MODE
Per fortuna qualche anima sinora rimasta in strada per fumare e bere arriva a riempire almeno un po’ la sala, in tempo per l’inizio dello show dei KEN Mode. Il terzetto sembra persino più incazzato dei colleghi finlandesi, nonostante un colpo d’occhio sicuramente migliore rispetto a quello offerto dal locale fino a mezzora prima. Si contano ora alcune dozzine di persone e l’ambiente pare un po’ più vivo. Il gruppo attacca con una serie di pezzi estratti dal recente “Entrench”, fatica apparentemente piuttosto apprezzata da queste parti: diversi fan doppiano le urla di Jesse Matthewson e la band inizia presto ad esibire maggiore simpatia e feeling col pubblico. Il frontman – totalmente fradicio di sudore dopo pochi minuti – pare spesso prendersela con i suoi pedali, ma in pochi ci fanno caso, anche perchè i canadesi mantengono un ritmo forsennato, rendendo piena giustizia alle atmosfere nervose e claustrofobiche tipiche dei loro dischi. Come accennato, è “Entrench” a dominare la setlist: l’audience conosce bene i pezzi di quest’ultimo e i Nostri ne propongono forse anche più del previsto, ottenendo notevoli riscontri soprattutto con “Figure Your Life Out” e “Your Heartwarming Story Makes Me Sick”, il cui chorus coinvolge praticamente l’intera sala. Apprezziamo molto l’aggressività dei ragazzi, che, almeno questa sera, ci ricordano forse più i Mastodon degli esordi che i soliti Unsane: il groove e l’impatto sono poderosi e le venature sludge della proposta vengono amplificate da un volume e da un mixaggio ben curati. Il nuovo bassista Andrew LaCour, anche impegnato alle backing vocals, si rivela poi un acquisto azzeccato: molto fisico sul palco e dotato di maggiore presenza scenica pure rispetto a Matthewson. Fra l’altro, apprendiamo che è il fratello di Steve, ex membro dei Trap Them! Insomma, detto anche di una bella esecuzione della datata “Capricorn”, lo show dei KEN Mode non delude affatto. Semmai, torna il rammarico per aver visto i ragazzi suonare davanti ad una platea così scarsa, ma è appunto inutile recriminare: la band non ha colpe e, anzi, ha davvero dato il massimo, esprimendo maturità, passione e genuina potenza. Perciò, alla prossima, sperando ovviamente in un riscontro più felice da parte di ascoltatori e addetti ai lavori.