Report di Maurizio ‘Morrizz’ Borghi
Foto di Pamela Mastrototaro
Sabato 4 ottobre 2025 è la data che sancisce il ritorno dei Killswitch Engage in Italia, dopo un’assenza di ben sei anni dai nostri palchi.
La band del Massachussetts ha confezionato un pacchetto di band di tutto rispetto per l’occasione: dal metalcore dei britannici Employed To Serve passando per il death dei polacchi Decapitated al deathcore dei Fit For An Autopsy ce n’è per tutti i gusti, in una serata tendente all’estremo – soprattutto per i gusti di chi ascolta gli headliner – ma con scelte interessanti dall’inizio alla fine.
In tempi in cui i prezzi dei concerti diventano sempre più proibitivi inoltre fa piacere vedere il biglietto a 40€, più che onesto considerata la caratura dei quattro gruppi. Stride in questo senso, purtroppo, il listino del Fabrique, che fissa la birra a 9€ e i cocktail a 10-15€.
Essendo sabato sera inoltre le prime band iniziano molto presto, con l’apertura cancelli fissata addirittura alle 17:15: vi raccontiamo com’è andata…
L’ingrato compito di attaccare alle 17:50 è affidato agli EMPLOYED TO SERVE, che si trovano comunque davanti ad un certo quantitativo di persone visto che la data cade di sabato.
Il quintetto britannico guidato da Justine Jones ha pubblicato da poco il quinto disco in studio “Fallen Star”, che oltre ad essere incensato dalla critica made in UK fa progredire la crescita organica fatta da esperienze in festival prestigiosi e tour di livello (come quello a supporto dei Gojira nel 2022).
Con una manciata di brani da quest’ultimo lavoro – tra i quali compare “Whose Side Are You On?” con il contributo Jesse dei KSE (ospite anche sul disco) – la band fa il suo senza strafare, in una successione di brani tendenti al metalcore, piacevoli ed eseguiti senza sbavature ma senza interagire troppo col pubblico e senza particolari sussulti o picchi emotivi.
Realizzare circle pit e wall of death non è comunque da tutti come prima band in cartellone, soprattutto a quest’ora, infatti da parte nostra il giudizio su di loro non può che essere positivo, pur riservandoci di poter formulare un parere più dettagliato in qualche occasione più propizia.
Il turno dei DECAPITATED arriva alle 18:40, con una puntualità che spacca il minuto.
Il suono vira improvvisamente verso il death/thrash tecnico che li ha resi famosi, nella sua forma più intensa ed aggressiva come espresso nell’ultimo “Cancer Culture”, un disco che ha recuperato, almeno in parte, lo smalto dei capitoli più gloriosi della carriera dei polacchi.
Chiusa la parentesi con i Machine Head, il leader fondatore Wacław ‘Vogg’ Kiełtyka è pronto a dedicarsi alla band con massima priorità: in attesa di nuova musica, eccoli dunque proporre la loro formula estrema in questo pel ‘pacchetto’ a supporto dei Killswitch Engage.
La novità è senza dubbio il nuovo ingresso Eemeli Bodde, frontman subentrato da circa un anno che, oltre ad aver messo dieci chili di muscoli, canta con una disinvoltura ed una fiducia in se stesso impressionanti.
La macchina Decapitated, grazie ai suoni ed al mix azzeccato di questa sera, riesce ad esprimersi al massimo puntando quasi esclusivamente sul repertorio recente: la scaletta presenta ben quattro estratti da “Cancer Culture” (2022), tra le quali spicca la title-track in apertura, con “Earth Scar” e “Kill the Cult” dal precedente “Anticult” (2017) e la sola “Spheres of Madness” (da “Nihility”, 2002) a rappresentare il repertorio storico.
Un set breve ma incisivo, che sa di conferma e pone solide basi per la nuova era del gruppo.
Come main supporter arrivano, alle 19:35, i FIT FOR AN AUTOPSY. I ragazzotti del New Jersey stanno costruendo la propria posizione nella scena alla vecchia maniera, ovvero con una serie infinita di date nel Vecchio e nel Nuovo Continente che, stranamente per il contesto deathcore, raggiungono puntualmente anche lo Stivale.
Eccoci dunque al loro cospetto per il quarto anno di fila, pronti per vederli combattere per la prova più brutale della serata.
Quando Joe Bad sale sul palco, sulle note di “Lower Purpose”, crediamo per un attimo in una sostituzione, almeno fin quando non attacca con la sua ugola d’acciaio: l’imponente frontman infatti ha deciso di dare una rinfrescata al look, e sfoggia oggi un mullet con dei ciuffi biondi che fa molto ‘MySpace-era’ e lo ringiovanisce di dieci anni. Anche il tatuatissimo chitarrista Pat Sheridan è quasi irriconoscibile, ma lui, calvo da svariati anni, ha dato piuttosto un taglio alle cattive abitudini alimentari, mostrandosi nettamente dimagrito ed in forma.
Estetica a parte, farà piacere a tutti constatare che non si trascura in alcun modo la sostanza: i FFAA si prodigano in una prova schiacciante, in una progressione che va a migliorare costantemente anno dopo anno. E’ un confronto quasi impietoso quello con gli altri – pur validi opener – perché il deathcore poco manieristico del quintetto investe letteralmente la sala lasciando i presenti, molti dei quali assistono ad un concerto del gruppo per la prima volta, zittiti e spettinati.
“Red Horizon”, “Hostage” e “Pandora” sono eseguite in maniera immacolata, con il frontman che cerca costantemente l’interazione col pubblico senza perdersi in monologhi. Non tutto è perfetto, il cantante imbrocca infatti delle stonature pesantissime sul ritornello melodico di “Savior of None/Ashes of All”, ma vista la perfetta intonazione nelle parti melodiche antecedenti gliela si perdona immediatamente.
E’ “Far From Heaven” a chiudere una setlist monolitica ed impressionante, che dimostra ancora una volta l’abilità di una band di una consistenza notevolissima, da headliner come da opener. Ci saremo anche alla prossima!
Ed eccoci, ben prima delle 21:00, ad assistere agli headliner della serata, la band che nei primi 2000 ha ridefinito il metalcore con una formula ancora oggi viva e popolare, fatta di rimandi al melodeath svedese e di ritornelli melodici enormi ed intrisi di speranza.
I KILLSWITCH ENGAGE mancano dai nostri palchi dal 2019, che è poi la (lunga) distanza che separa “Atonement” dall’ultima fatica discografica “This Consequence”, pubblicata all’inizio di quest’anno. Un lavoro che inasprisce leggermente la formula cardine della band americana, senza stravolgerla, ben accolto da pubblico e critica, entrambi assetati di nuova musica dopo una lunga assenza.
Il concerto parte con “Strenght Of The Mind”, che fa un po’ da riscaldamento ed apripista per la prima mega-hit del gruppo, eseguita immediatamente dopo, ovvero “Rose Of Sharyn”. E’ immediatamente chiaro come la pausa abbia giovato, complessivamente, nella resa complessiva del quintetto: notiamo immediatamente quanto il chitarrista Adam D. abbia voglia più che mai di fare lo scemo, tra balletti, facce buffe, pantaloncini troppo corti e maglia idiota.
Jesse Leach, per sempre legato al dibattito che lo contrappone al suo sostituto Howard Jones, sfoggia un’ugola in grandissimo spolvero, cercando interazione e partecipazioni nei grandissimi cori che hanno fatto la fortuna della band. Scatenato anche il bassista Mike D., che da subito dimostra di aver voglia di divertirsi senza risparmiare un briciolo d’energia.
La sala del Fabrique è in configurazione ridotta, ma il numero dei presenti, ad occhio poco oltre il migliaio, regala l’impressione di uno spazio affollato e, soprattutto, vivo e partecipe. Per essere un gruppo di veterani, che potrebbe portare in tour giusto i grandi classici tra il 2002 e il 2006, i Killswitch danno moltissimo spazio a tutto il catalogo: di conseguenza i quattro brani dall’ultimo “This Consequence” e gli estratti dai dischi post-reunion vanno a superare numericamente le mega hit di “Alive or Just Breathing”, “The End of Heartache” e “As Daylight Dies”.
E’ questo, forse, l’unico difetto di una setlist lunga e ben studiata, che però va ad escludere brani come “Life to Lifeless”, “This Is Absolution”, “Numbered Days” o l’amatissima cover “Holy Diver”. Che sia una scelta precisa, per prediligere il repertorio di Leach? Poco importa, anche perché il concerto fila liscio dall’inizio alla fine, i brani scelti sono comunque tutti validissimi ed il finalone, con “My Curse”, “The End of Heartache” e “My Last Serenade”, letteralmente da brividi.
Come ciliegina sulla torta, per non perdere la corona di buontempone, proprio durante l’ultimo pezzo Adam decide di scendere e farsi un drink veloce al bar, continuando a suonare in mezzo al pubblico divertito, in un siparietto che verrà ripreso da quasi tutto il locale alla destra del palco.
Ci siete mancati, Killswitch Engage.
EMPLOYED TO SERVE
DECAPITATED
FIT FOR AN AUTOPSY
KILLSWITCH ENGAGE



























































































