08/05/2022 - KING 810 + CABAL + YAVID + BORN A NEW @ Slaughter Club - Paderno Dugnano (MI)

Pubblicato il 12/05/2022 da

A cura di Maurizio ‘morrizz’ Borghi

Sfumata per ovvi motivi la data con Thy Art Is Murder e Malevolence nel dicembre 2021, sono ormai tre anni che i King 810 non calcano i palchi italiani. Siamo piacevolmente stupiti di vederli in tour europeo da headliner in questo maggio 2022, e soprattutto di vedere una data alle porte di Milano considerato come tira il vento in ambito hardcore/metalcore negli ultimi anni, coi maggiori gruppi che saltano la penisola a piè pari. La location è quella dello Slaughter Club di Paderno Dugnano, e a supporto degli headliner troviamo Born A New (dal New Jersey), e i danesi Cabal, subentrati all’ultimo in luogo dei defezionari Afterline. Nel cartellone anche Yavid, l’alter ego hip-hop del frontman dei King David Gunn, ingaggiato per l’occasione in un doppio impegno.

BORN A NEW
Sono i Born A New ad aprire la serata: il loro metalcore ha sì una robusta componente hardcore (attitudine confermata sul palco dal corpulento frontman e dal suo stile di performance), ma anche qualche vena moderna. Si cerca da subito l’interazione col pubblico infatti, in maniera molto comunicativa ed esplicita, nella più sincera tradizione di genere. La band pare divertirsi come se il locale fosse pieno, nonostante i presenti siano di poco sufficienti a coprire le transenne davanti al palco. Niente di rivoluzionario nella loro proposta, ma uno stile fresco e soprattutto l’attitudine adatta non possono che determinare la promozione di questo gruppo esordiente che potrebbe far bene in futuro.

YAVID
L’esibizione del progetto hip-hop del frontman dei King 810 David Gunn è una delle chicche della serata: Yavid infatti, nonostante una carriera prolifica (con otto mixtape rilasciati tra il 2018 e il 2021), non si è mai esibito dal vivo, ed infatti quella di oggi è la seconda data di sempre. Nessun dj sul palco, nessuno a fargli le doppie, solo Gunn che andrà a rappare sulle basi pre-settate, senza alcun taglio o intervento dall’esterno. Stilisticamente l’artista non si è mai separato in maniera netta da quando fronteggia i King, a parte ovviamente nelle sezioni urlate e melodiche. Maglia dei Phoenix Suns e catena al collo Yavid ignora del tutto il pubblico, cantando e percorrendo il palco da sinistra a destra e a ritroso, recitando le sue barre e fermandosi accovacciato tra un pezzo e l’altro. A parte il volume un po’ basso della voce la resa è quasi identica ai pezzi registrati, con i tagli bruschi tra un pezzo e l’altro tipici delle esibizioni rap: ai pezzi di “Boogerman” e “Black Teeth Devil” manca però la ‘botta’ e soprattutto il coinvolgimento della sala, elementi quasi indispensabili per un’esibizione di questo genere.

CABAL
Tocca ai danesi Cabal riportare le chitarre sul palco: una formazione deathcore molto giovane con due album pubblicati e un terzo in arrivo con Nuclear Blast. Musicalmente il quintetto dimostra di saperci fare, sia nei momenti più violenti dalle inflessioni death sia in quelli dove la musica diventa più ‘blackened’, con tanto di innesti tastieristici. Una band musicalmente valida e abbastanza a fuoco (come certificato dal contratto con Nuclear Blast, appunto), che al primo ascolto fa la sua porca figura. Non c’è dubbio che il punto focale del collettivo sia il vocalist Andreas, che col suo caschetto biondo spicca notevolmente, si sbatte e riesce a trascinare il pubblico ed ‘accendere’ i pochi mosher presenti per le solite esibizioni acrobatiche. Non sarà la voce più potente in circolazione – e di fatto zoppica nei passaggi più difficili – ma funziona. Quel che dà fastidio a chi scrive è vedere il resto del gruppo a fare da tappezzeria, completamente immobile sui due piedi, con l’espressione quasi scazzata sul viso. Sicuramente allo Slaughter non si è radunato il pubblico delle grandi occasioni, ma un atteggiamento del genere è abbastanza irritante e non può non influire sulla prima impressione nei loro confronti.

KING 810
Quando è il momento dei King si possono tirare le somme a livello di presenze: il risultato è pesantemente negativo, dobbiamo ammetterlo. Il pubblico italiano si dimostra ancora una volta assente e questo non fa che legittimare la scelta della maggior parte delle formazioni hardcore e metalcore di saltare il nostro paese. La band di Flint ci ha creduto, così come i promoter, ma di sicuro pur non avendo i King una fan base oceanica da queste parti qualcuno ha preferito l’aperitivo o la partita di calcio al concerto di questa sera.
Il backdrop è comunque alto sul palco dello Slaughter, in match con la ‘K’ della grancassa completamente floreale, come vuole il tema dell’ultimo “Ak Concerto No. 47”. I primi a salire sono chitarrista e batterista, i session man mascherati che accompagnano il duo. Sebbene i turnisti dovrebbero rimanere ‘misteriosi’ sappiamo bene che si tratta di Johnpaul Vega ed Hector Dominguez, che sul palco si comportano come il giorno e la notte: il primo funambolico e fenomenale, attirando spesso l’attenzione con i suoi giochi di bacchetta fino a guadagnarsi, a metà set, un assolo di batteria che si dimostra più interessante del solito grazie all’uso di una base horrorifica; il chitarrista, invece, fa la bella statuina, limitandosi (almeno stasera) al compitino di accompagnamento. Il bassista Eugene Gill è grintoso, senza lesinare l’aiuto al microfono, con qualche calcio e qualche headbanging senza rubare la scena, perché gli occhi, in un modo o nell’altro, sono tutti sul mastermind indiscusso David Gunn. “AK Concerto N47” viene cantata senza salire sul palco, successivamente da una coltre di nubi compare ‘The Boogeyman’, ultima incarnazione scenica del frontman, vestito di stracci e con tanto di guanti, cappuccio e velo ad oscurarne il volto. Ecco quindi Gunn dar vita ad un’interpretazione incredibilmente teatrale, con il corpo teso in molte figure drammatiche e surreali, usando il corpo come uno strumento, recitando e quasi ballando in certe fasi. Una performance totale che non pesa sulla controparte vocale, forse leggermente sacrificata dal mixing imperfetto ma verace, sentita e strettamente aderente alle registrazioni care a tutti i presenti. Gunn andrà gradualmente a liberarsi del costume, pezzo dopo pezzo, per arrivare sul finale a petto nudo. La setlist è divisa in tre parti, e copre tutta la discografia del gruppo pescando esclusivamente dal repertorio heavy ed industrial: nella prima, la più consistente, il Boogeyman esegue “Alpha & Omega”, “Murder Murder Murder”, “War Outside”, “Vendettas”, “Hellhounds” e “The Trauma Model”. La band fa un break per il già citato assolo di batteria, per poi dedicarsi ad una parte centrale che unisce in medley alcune canzoni, tra cui “Heartbeat”, “Red Queen” e quel macigno di “Fat Around The Heart”. Dopo un’altra breve pausa la band chiude con “2A”, “Heavy Lies The Crown”, “Suicide Machines” e la violenta “Kill Em All”.
Il primo show da headliner dei King in Italia termina poco sotto l’ora come previsto, ma vede la formazione migliorata sotto ogni punto di vista: teatrale sicuramente, ma anche anche professionale – era presente una crew con fotografo e videomaker, e soprattutto di performance, con un David Gunn pienamente in controllo della propria ugola, appassionato e concentratissimo nella parte recitativa.
Fedeli al motto ‘King Is Love’ e al proprio branco di lupi, i King 810 hanno messo in piedi un ottimo spettacolo, anche davanti a pochi ma appassionati presenti.

 

 

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