Report a cura di Edoardo De Nardi
Fotografie di Enrico Dal Boni
I Kreator mettono in moto la loro imponente macchina da tour per promuovere l’ultimo arrivo discografico per la band tedesca, quel “Gods Of Violence” uscito ormai un anno fa ed accolto con grande fervore dai fan del gruppo, soprattutto da quelli più giovani e meno attempati. A rendere ancor più gustosa la portata principale ci pensano gli inossidabili Vader, capitananti dal solito, temibile Peter, ormai vera e propria istituzione in campo death metal. Chiude il trittico del tour la presenza dei Dagoba, la realtà più recente tra quelle presenti in cartellone nonostante un’attività musicale di oltre due decenni. Zona Roveri si presenta come lo scenario ideale per accogliere le bordate thrash metal dei teutonici e dei compagni presenti nel bill, registrando un’ottima affluenza ed un grande entusiasmo da parte del pubblico, che infischiandosene della calata infrasettimanale non si risparmia nell’arco di tutta la serata…
DAGOBA
Per quanto più recenti e legati a sonorità invero non del tutto combacianti con Vader e Kreator, i Dagoba vengono accolti con calore dai presenti, che iniziano a dimenarsi sin dalle prime battute del gruppo francese. La loro proposta, posizionata a metà strada tra un metalcore melodico ed una persistente vena groove metal che si affaccia sovente nelle canzoni, sembra del resto appropriata per introdurre al clima battagliero della serata, grazie soprattutto a ritmiche martellanti che si lasciano seguire con facilità e a cui si accompagnano abbondanti innesti melodici che smorzano non poco la tensione ed aumentano l’appeal verso quel pubblico meno avvezzo alla musica estrema bieca ed ignorante. Piuttosto sicuri sul palco, i Dagoba portano a termine la loro scaletta senza intoppi e sbavature, dimostrando una buona tenuta ed una complessiva sicurezza nei propri mezzi, che sembrano convincere ed aumentare il consenso sotto palco. Rapidi saluti e ringraziamenti accompagnano la fine del loro show, salutato con rispetto e chiaro segnale di maturità per i francesi di Century Media Records, qualcosa in più che semplici opener misconosciuti come accade spesso di trovare in questo tipo di eventi.
VADER
Non servono presentazioni, ormai, per la band death metal polacca per eccellenza: anni di perseveranza, buoni dischi e presenze capillari in tutta Europa hanno reso i Vader una formazione capace di spalleggiare a dovere un titano come i Kreator senza alcun timore reverenziale ed, anzi, andando a sfidare da vicino la performance di Petrozza e compagni in termini di aggressività e cattiveria. Il ‘pretesto’ con cui la formazione torna on the road è la presentazione di “Dark Age”, ovvero sia il primo imprescindibile album “The Ultimate Incantation”, datato 1992, ri-registrato nuovamente in occasione del venticinquesimo anno dalla sua nascita, un monolite oscuro a cui è stata data nuova linfa grazie alle moderne tecnologie da studio. Viste le premesse quindi, quale poteva essere la setlist della serata, se non la riproposizione per intero di questa malefica opera pluridecennale? Pochi preamboli e presentazioni, la furia di “Dark Age” necessita di abbattersi senza pietà sull’audience, che rimane letteralmente interdetta dalla violenza sprigionata dalla band on stage. Qualitativamente, i suoni necessitano ancora di una bella sistemata sulle prime e dobbiamo ammettere che non basterà l’intero concerto a raggiungere un compromesso davvero soddisfacente sotto questo punto di vista. Al di là di una resa sonora poco definita, però, i Vader danno vita ad una prova magnetica, tanto nelle vesti del loro simpatico frontman, quanto nella prestazione precisa e tagliente di chitarra e batteria, aiutati per l’occasione da una scaletta che non lascia prigionieri al suo passaggio. “Vicious Circle” e l’acclamata “The Crucified Ones” scatenano macello sotto palco, con sadica gioia di Peter che vomita al microfono con il suo inconfondibile growl cavernoso testi di blasfemia e magia nera. Ancora “Testimony”, “Decapitated Saints” e la conclusiva “Breath Of Centuries” mandano in estasi i presenti e nel giro di quaranta minuti scarsi si arriva alla fin troppo prematura conclusione del massacro a nome Vader. In mezzo agli applausi e alla promessa di tornare presto dalle nostre parti, i polacchi abbandonano il palco, lasciandoci in un silenzio assordante e più che soddisfatti circa il carico di eretica violenza scatenato con disarmante naturalezza ed empatia.
KREATOR
La preparazione del palco per gli headliner è minuziosa e certosina, delineando il carattere di assoluta precisione che da sempre si confà a Mille Petrozza e a qualsiasi aspetto inerente i suoi Kreator. In questo caso infatti, le attese vengono ripagate con un sound da subito avvolgente e incredibilmente nitido, perfetto per godere appieno dei numerosi intrecci tra i vari strumenti di cui sono infarcite le canzoni del gruppo, vista e considerata soprattutto la scelta di proporre nella quasi totalità della tracklist solamente brani provenienti dal secondo e tardo periodo della loro carriera, quella appunto più finemente arrangiata e strutturalmente complessa a livello di riffing. I tedeschi non dimenticano di essere qua per promuovere l’ultimo “Gods Of Violence”, proponendo ben cinque brani da esso estratti accolti con entusiasmo straripante dai giovani fan della band, ovvero una grande fetta del pubblico presente stasera. “Enemy Of God”, “Violent Revolution” e “Hordes Of Chaos” poi, canzoni relativamente recenti per i Kreator, scatenano reazioni incontrollabili nel pubblico, che tra pogo e numerosi wall of death mantengono sempre vivissimo l’interesse per le gesta dei quattro sul palco e per la loro musica. Incredibilmente, ben meno calore viene riservato a capisaldi del thrash metal teutonico degli anni ’80 come “Pleasure To Kill”, “Total Death” e “Flag Of Hate”, che smuovono invece emozioni e vecchi ricordi in coloro che hanno vissuto il primo sanguinolento periodo e l’ascesa della band sin dagli esordi, relegati oggi in fondo alla sala e troppo acciaccati per lanciarsi in fisiche dimostrazioni di apprezzamento fuori dalla loro portata. Ad ogni modo, il palco ed il ‘nuovo’ seguito dei Kreator sembrano dare ragione alle loro scelte, mettendo in piedi uno show intenso, sudato ed incentrato solamente sulla musica al 100%. Non ci sono infatti spettacolari scenografie di contorno, esplosioni o giochi pirotecnici ad intrattenere o, ancor peggio, sopperire al poco interesse suscitato dalla band on stage: al contrario, la voce stridula di Petrozza, il drumming vorticoso di Ventor e l’apporto di prima qualità di Speesy al basso e Yli-Sirnio alla chitarra solista bastano ampiamente nel catturare l’attenzione di tutti per due ore scarse, prima che si giunga al termine di questa nuova dimostrazione di classe nel thrash ad opera dei tedeschi. Intelligentemente (e come dimostrano le ristampe di imminente uscita di tutto il materiale mediano della carriera della band) sembra che i Kreator abbiano deciso di rivalutare in maniera massiccia tutta la seconda parte della loro storia andando a sacrificare il materiale più esagitato – e con esso buona parte del vecchio pubblico in favore di quello più recente – maggiormente apprezzato dalle nuove leve e da coloro più avvezzi alla melodia di questi brani. Scelta ardimentosa a cui però poco può essere detto, quando si ha di fronte una band passionale, preparata e ancora gagliarda come quella vista sul palco di Zona Roveri in questa occasione.