L’arrivo del vostro Intrepido Inviato al Lo-Fi di Milano per la data dei Kylesa non è dei più avvincenti: spenta la macchina e aperta la portiera per scendere, ci troviamo fra i piedi un bel topo morto con tanto di occhio mancante a deformarne ulteriormente i resti. La ferrovia vicina, il gelo di gennaio e la strada deserta fanno inoltre sfondo ad una tipica ambientazione orrorifica, ma non sarà certo ciò a spaventarci: la serata è di quelle marce e underground abbestia, con protagonisti sludge, doom, hardcore, death, psichedelia e progressione sonora, il tutto proposto in una ex-fabbrica ri-arredata a locale per concerti, con una zona intermedia con bar e sparuti tavolini e la zona live, immersa in una gelida atmosfera, che si sviluppa più per il lungo che per il largo, terminando in un palco piccolo ma onesto. Questo è il Lo-Fi, venue alternativa nell’est meneghino che ultimamente sta riservando diverse iniziative di interesse anche per chi si ciba di sonorità più prettamente metalliche. L’ennesima calata italica dei Kylesa – dopo Conegliano a febbraio scorso e il Miodi a luglio – è chiaramente un bell’evento da seguire, corroborato anche dalla presenza di due supporti di sicuro valore quali Circle Takes The Square e KEN Mode. Ma prima di dedicarci alle formazioni estere, scopriamo solo all’ultimo secondo che si esibiranno anche due gruppi italiani, dei quali vi andiamo a narrare brevemente le gesta…
HOUMA + FUOCO FATUO
I primi a salire sul palco sono gli Houma, un atipico duo che suona uno sludge-doom paludoso dal groove monolitico e dalle ancora poco sviluppate aspirazioni lisergiche. Il batterista Marra e la cantante-chitarrista Pamela reggono bene il palco e il fatto di essere solo in due e non utilizzare il basso è ben sopperito dalla buona interpretazione del drummer e dai riff coinvolgenti della frontgirl, la quale potrebbe pure non occuparsi del canto, veramente in secondo piano rispetto alla corposità del sound proposto. Non male, se si esclude ovviamente la pochezza della resa sonora.
I Fuoco Fatuo arrivano invece da Varese e sono in tre: voce-chitarra, basso e batteria. Per ragioni di spazio, in quanto la batteria – che non è quella usata dai gruppi stranieri – è montata praticamente a ridosso delle transenne, il bassista Ken è costretto ad esibirsi giù dal palco, volgendo le spalle al pubblico; creando così una situazione intima ma quasi surreale, aiutata poi dai continui getti di ghiaccio secco sparati sull’audience e dall’illuminazione minimale fornita da una semplice lampada (il fuoco fatuo?) posizionata sul piano delle drums. In queste pessime (ma in parte volute) condizioni, i Fuoco Fatuo riversano sulla quarantina di persone presenti il loro stoner-doom metal imbastardito da un growl molto Entombed e da sfuriate lancinanti tra black e grind. Più complessi e tecnici degli Houma, ma forse per questo meno trascinanti. Si passa ora al plotone di band forestiere…
KEN MODE
I canadesi KEN Mode – dove KEN è lo spietato acronimo di Kill Everyone Now – sono usciti allo scoperto di recente con l’ottimo quarto disco “Venerable”, uscito l’anno scorso per la rinomata label underground Profound Lore Records. Il noise-core venato di post- e punk-rock, ma assolutamente devastante e poco incline a velleità melodiche, si protende con la necessaria ferocia su degli astanti più curiosi che conoscitori, che nella mezzora concessa al terzetto di Winnipeg avranno certamente avuto modo di apprezzarne la furia da palco e l’attitudine no-compromise. Non particolarmente aggraziati nell’interpretazione, come del resto è il leit-motiv della serata, i KEN Mode hanno sfoderato una manciata di pezzi nervosi e sconnessi, baciati da una vigoria tale da far quasi dimenticare l’ardua messa a punto dei suoni. Pochissime parole per Jesse Matthewson, il frontman-chitarrista del gruppo, ma certamente positiva la prima performance in assoluto della band su suolo italiano!
CIRCLE TAKES THE SQUARE
Gli americani Circle Takes The Square sono naturalmente, almeno per chi scrive, la sorpresa della serata. Considerati in modo un po’ fuorviante, visto la mielosa strada che ha intrapreso la corrente negli ultimi anni, una band screamo-core, in realtà il quartetto di Savannah riunisce in sé una matura e profondissima fusione di elementi hardcore, post-hardcore, progressive, noise e grind cementata attraverso un’incredibile strutturazione dei pezzi e un impeccabile lavoro vocale e lirico, nella sede odierna portato a compimento da tutti e tre i musicisti presenti, batterista compreso. E’ ovvio che l’attenzione di chi osserva i CTTS tende a seguire sul palco cosa combina l’ottima bassista-vocalist Kathleen Coppola-Stubelek, non foss’altro che, oltre ad essere veramente carina, riesce ad interpretare in modo trasparente e fedele ciò che la musica del gruppo trasmette: riflessione, caos, psicosi, esplosioni di rabbia e docili riappacificazioni, per un risultato finale spettacolare e applauditissimo. Non esitiamo a dire di esser stati di fronte ad una band di fuoriclasse, che finalmente è in procinto di uscire con della nuova musica, in parte già proposta in questo show al Lo-Fi. Ottimi e abbondanti!
KYLESA
Chi scrive è alla terza visione dei Kylesa in meno di un anno: se a Conegliano Veneto ci avevano piuttosto deluso, non certo aiutati dalla scarsità di pubblico presente, e al Miodi avevano tirato fuori gli attributi solo dopo aver risolto un continuum di problemi tecnici, oggi al Lo-Fi la band della Georgia americana ci è parsa in formissima e assolutamente dedicata, finalmente sobria e con quasi tutte le rotelle a posto. Per l’acustica e i mezzi tecnici della venue odierna, lo spettacolo è stato più che valido, ben coadiuvato dalla continua proiezione a spirale dell’artwork dell’ultimo lavoro “Spiral Shadow”, che grazie alla lunghezza metrica del Lo-Fi ha condotto l’audience in un vertiginoso e acido tunnel di roteanti immagini giallo-violacee. Novità dei Kylesa, che sono incredibilmente in continuo mutamento in sede live, è stata l’assenza del tastierista/bassista Corey Barhorst, uscito dalla band pochi mesi fa e sostituito da Eric Hernandez, in precedenza già nel gruppo come batterista. Divertente quindi constatare come Laura Pleasants e compagni abbiano ora tre batteristi in formazione, di cui uno al basso. Senza le tastiere di Barhorst, come dicevamo, la performance è risultata per forza incentrata su una maggiore violenza e pregna di molta meno psichedelia del solito. Se si escludono due rapidi intro suonati al theremin da Phillip Cope, i Kylesa ci hanno dato dentro di brutto e senza troppe pause, trovando nella prestazione vocale proprio di Cope il punto di forza di questa tornata, mentre duole ammettere che la Pleasants non ha mai convinto del tutto sulle parti di voce pulita. Brani tratti da “Spiral Shadow” e da “Static Tensions” hanno fatto da padrone nella setlist dei ragazzi, rientrati per solo un bis dopo aver sforato lo sforabile in termini di tempo. Siamo usciti dal locale infatti alle 2 di notte – un evento nella Milano città, sebbene qui si tratti di quasi periferia – soddisfatti di quanto ascoltato. Pochi intimi ma buoni, come l’underground richiede.