Serata gremita, all’Oddly Shed di Caserta, per la prima visita deiLabyrinth in terra campana in seno al tour che promuove “Freeman”. Ilnuovo lavoro segna il ritorno sulla scena della band dopo quasi dueanni di silenzio e, accompagnati da un’altra delle migliori band dellascena campana e italiana, i Valiance, e dagli emergenti Remedy Lane, inostri hanno – per merito della Delirio Concerti – calcato il palcodell’Oddly Shed con la sorpresa di chi sbarca per la prima volta interra straniera…
REMEDY LANE
Formazione di provenienza per metà napoletana emetà casertana, i Remedy Lane aprono questa serata proponendo un powermetal di stampo piuttosto tradizionale. I ragazzi partono con l’introdi “Nothing To Say” degli Angra per poi proseguire con musica originalee un’altra cover, “Dawn Of Victory” dei Rhapsody, sfornando unaprestazione discreta anche se non particolarmente coinvolgente,soprattutto a causa di un vocalist non sempre all’altezza dellasituazione. Rimandati alla prossima prova live.
VALIANCE
Il tempo necessario per il cambio del palco, e leluci si abbassano. Al grido “never submit!” l’Oddly Shed è investito dal sacro furore dei Valiance – band nostrana partita da un power progmetal che oggi migra sempre più decisamente verso sonorità piùgranitiche – che da sempre si contraddistinguono per la ferocia dellaloro carica dal vivo. In occasione dell’uscita del mini cd “Feed MyRage”, la band torna on stage in ottima forma nella veste di una vera epropria onda d’urto,di quelle che spezzano le vertebre: in apertura, la titletrackdel nuovo lavoro tracima oltre il palco riversandosi su un pubblico chein men che non si dica si ritrova in pieno mosh, trascinato anche dallaseguente “One And Thousand” – per chi scrive l’episodio più esaltantedella pur troppo breve esibizione – durante la quale il muro deifrontman della band (perché tale è l’impatto della barriera umanaCarmine Gottardo/Gian Paolo Costantini/Marco e Amedeo De Angelis,rispettivamente voce, basso e chitarre) esplode sul pubblico con unimpeto a dir poco viscerale che coinvolge, definitivamente,praticamente ogni spettatore. Dal precedente album “Wayfaring” arrivapoi la più conosciuta “The Secret”, mentre la parte conclusiva del setè affidata ai restanti due brani di “Feed My Rage”, “And Farce Goes On”e “No More”, l’ultima delle quali fa senza alcun ritegno alzare la voce a tutte le primefile. Gran finale con cori da stadio per la cover di “Born To RaiseHell” dei Motorhead, e, con la tensione ormai salita oltre i livelli diguardia, l’Oddly Shed saluta i Valiance con un deflagrante,meritatissimo boato.
Inchino: intensi, professionali. E micidiali.
LABYRINTH
Lungo e dalla nutrita setlist, il concerto deiredivivi Labyrinth non ha mancato di ribadire la volontà della band dinon scendere più a compromessi con gli umori della scenainternazionale. Roberto Tiranti e soci si presentano sul palcodell’Oddly Shed in camicia di forza a rappresentare il Freeman cui èintitolato il nuovo album, senza troppi orpelli scenici né fronzoli,puntando esclusivamente sulla musica per far muovere testa e piedi alloro pubblico che, dice Tiranti, sta dando in questi tempi alla bandprova di inattesa sincerità. E via, allora, si parte proprio conl’opener del nuovo album, “L.Y.A.F.H.”, per una scaletta che neripropone dal vivo buona parte dei brani (in ordine sparso: “Deserter”,”Dive In Open Waters”, “Freeman”, “M3”, “Face And Pay”, “Infidels” e “Malcolm Grey”) senza disdegnare però diverse incursioni nel passatoche avranno certamente fatto felice più di un fan, come “Livin’ In AMaze”, “Just Soldier (Stay Down)”, “Synthetic Paradise” e “Slave To TheNight” tratte dall’omonimo lavoro del 2003, ma soprattutto “Piece OfTime” (dall’ormai vetusto “No Limits”, del 1995), “Touch The Rainbow”dal controverso “Sons Of Thunder”, e infine i successi “State OfGrace”, “Lady Lost In Time” e “Moonlight” dal più riuscito “Return ToHeaven Denied”. Tiranti è decisamente in forma smagliante, come delresto tutta la band – a partire da Mattia Stancioiu che dà il meglio disé regalando una performance dietro le pelli veramente degna di nota -che non sembra in definitiva soffrire affatto della defezione di OlafThorsen, carico e motivato come si presenta, anche dal vivo, il bravoPier Gonella. Non convincono del tutto, forse, certi acuti del vocalistspinti ad altezze un po’ troppo vertiginose verso le ultime battute delconcerto ma nel complesso, in ogni caso, un grande plauso per laperformance di questa serata va alla band, che grazie al lavoro dellaormai attivissima Delirio Concerti ha potuto saggiare la consistenzadel proprio seguito anche in Campania, con soddisfazione di tutte leparti coinvolte. Alla prossima, si spera!