A cura di Maurizio “MorrizZ” Borghi
Foto di Riccardo Plata
Un bel modo di iniziare il 2014 è la seconda data del tour europeo dei Lamb Of God. La band, presente a lungo nelle news dei portali specializzati per motivi extra-musicali, è affamatissima di abbracciare di nuovo il pubblico europeo dopo un’assenza che si protrae dal Gods Of Metal 2012 (2 giorni prima dell’arresto di Blythe!), tempistica notevole in questi tempi dove suonare è l’unico strumento di sussistenza per una band. Spese legali e inattività forzata hanno messo la band letteralmente in ginocchio dal punto di vista finanziario, eccoli dunque macinare date in compagnia dei Decapitated, che li hanno accompagnati a lungo anche in Nord America, e della new sensation Huntress, guidati dalla sexy strega Jill Janus e in cerca delle attenzioni di ogni frangia dell’universo metal. Milano è la seconda tappa del tour, e a sorpresa imbrocca un inatteso sold out al botteghino: ce l’aspettavamo con la configurazione in Palco B del locale e soprattutto vista la lunghissima fila all’esterno!
HUNTRESS
Per gli opener e per i gruppi emergenti in generale la cosa più importante è l'”effetto wow”, grazie al quale il pubblico occasionale può trasformarsi in sostenitore e garantire concretamente un futuro alla band: gli Huntress sanno di cosa si tratta e centrano maestosamente l’obiettivo su molteplici livelli. In primis il background con cui si presentano è decisamente interessante, soprattutto per la coniglietta/strega al microfono. In secundis i metalhead di LA si dimostrano una live band che sa il fatto suo, dando il meglio del meglio nei pochi minuti a disposizione. Tre pezzi da “Spell Eater” e tre da “Starbound Beast”, eseguiti in maniera più ruvida e d’impatto rispetto al disco, con una performance forsennata, piena di headbanging e pose manco fossero un gruppo thrash metal. Impressionante la prova di Jill Janus, vero e proprio talento vocale che riesce ad eccellere sia nelle parti clean che in quelle ruvide e in scream, restando bella, teatrale e magnetica. Una band molto versatile, quindi, che pur restando ancorata al genere classic può inasprirsi notevolmente risultando gradevole anche ad un pubblico più estremo. Applauso ulteriore per essersi concessi a fan e curiosi sia nel tardo pomeriggio, a locale chiuso, sia dopo il set dei Decapitated. Gli Huntress sono lanciatissimi, insomma; non passerà troppo tempo prima di vederli headliner!
DECAPITATED
Di tutt’altro genere il set dei Decapitated, visti giusto un paio di mesi orsono a supporto dei Children Of Bodom. Dopo le scintille innescate da una mini-cover di “Walk” dei Pantera, abbozzata e prolungata per il responso esplosivo durante il soundcheck, il set si incanala sul sentiero del death metal influenzato dai Meshuggah che li contraddistingue. Una performance brutale, precisa e decisamente più fredda, che comunque raccoglie i favori di un pubblico che osserva soddisfatto le prodezze di tecnica dei polacchi. Che il frontman Rafal “Rasta” Piotrowski non sia il più grande dei comunicatori non è un mistero, bastano comunque pochi gesti per smuovere i presenti e accendere i primi focolai di mosh, anche se il clima generale è sostanzialmente statico. Forse il suono poteva essere più pulito, per assaporare al meglio la proposta del gruppo, ma per gli standard dell’Alcatraz versione Palco B non ci si può proprio lamentare. Pochi colpi di scena in un set breve ed intenso, che conferma i Decapitated come una delle migliori formazioni in campo death a livello mondiale.
LAMB OF GOD
L’entrata dei Lamb Of God è letteralmente devastante: nessun effetto scenico, un impianto luci nella norma e giusto un paio di rumori evocativi come introduzione prima che Chris Adler si sieda dietro le pelli, col suo solito kit bello ciccione in posizione rialzata rispetto al palco. Il suo breve assolo è letteralmente “Vulgar Display Of Power”, una dimostrazione di potenza che fa letteralmente esplodere l’Alcatraz e spiana la strada all’iniziale “Desolation”. Volumi molto alti e suoni adeguati sono una benedizione per una band che ha fatto del groove il suo cavallo di battaglia, e non fanno che mettere la ciliegina su una setlist prevedibile ma esaustiva, che accontenta tutti. Come appare subito evidente, Mark Morton è assente e, come ci racconterà Randy Blythe, la causa è motivazioni familiari urgenti: il sostituito è il chitarrista dei Between The Buried And Me Paul Waggoner, membro della “famiglia allargata” dei Lamb Of God e artista che ha condiviso il palco con loro più volte. La sua performance per essere la seconda data del tour è decisamente impressionante, anche per un artista dal potenziale tecnico elevato e abituato al progressive; Waggoner si prende addirittura l’iniziativa di uno stacchetto scherzoso prolungato, con un Blythe tra il divertito ed il perplesso. Dall’altro lato del palco c’è un Willie Adler molto molto dimagrito, tanto che lo stesso frontman lo prende in giro invitandolo a gustare le prelibatezze nostrane. L’Italia è lodata a più riprese per il pubblico caloroso, il buon cibo e le belle donne da un Randy tanto scatenato quanto ciarliero, positivo, preso bene come mai l’abbiamo visto in passato. La sicurezza? Niente stage diving e niente esortazioni in tal senso, ma nemmeno misure cautelari straordinarie, quasi a rimarcare l’assurdità dell’accusa di omicidio colposo. Le sorprese arrivano dopo la pausa, quando viene introdotto un altro amico per un’infuocata versione di “Redneck”: si tratta di Marco “Maus” Biazzi, chitarrista dei Lacuna Coil, applaudito dal pubblico e molto divertito dall’occasione. Come da copione il sipario è riservato a “Black Label” e anche senza pioggia di coriandoli e fuochi d’artificio possiamo parlare di un ennesimo Gran Finale… Sempre un piacere.
Setlist:
Desolation
Ghost Walking
Walk with Me in Hell
Hourglass
Set to Fail
Now You’ve Got Something to Die For
The Undertow
Omerta
Ruin
In Your Words
Vigil
Laid to Rest
Redneck
Black Label