Live Report a cura di Emilio Cortese
Dopo l’apparizione estiva e il grande successo ottenuto durante l’estate del 2009 dai Lamb Of God, ecco che il quintetto ritorna a calare nella nostra penisola per un tour di tre infuocatissime date in compagnia di gruppi di tutto rispetto, che nelle rispettive scene coprono ruoli di una certa importanza: Between The Buried And Me con il loro progressive hardcore, il metalcore degli August Burns Red e il death metal dei Job For A Cowboy hanno aperto egregiamente le danze agli Agnelli di Dio. il Ecco a voi il resoconto della bollente data di Bologna, in un Estragon pieno come non si vedeva da tempo.
BETWEEN THE BURIED AND ME
Chi scrive, e probabilmente non solo, era convinto che i Between The Buried And Me non suonassero come opener. In effetti questo ruolo non rende particolarmente giustizia al combo statunitense, autore di un album riuscitissimo e con all’attivo già qualche disco. Tralasciando quindi le polemiche, iniziamo a parlare della performance musicale dei cinque ragazzi, che aprono le danze con la bellissima “Fossil Genera”, una canzone che ha come peculiarità quella di alternare molteplici stati d’animo, con cambi di ritmo, atmosfere, stili di canto, e chi più ne ha più ne metta… Un gruppo normale potrebbe scrivere un disco con tutte le idee che loro mettono in un quarto d’ora di musica, ma si sa, questa non è una band normale. Il pubblico in un primo momento sembra rimanere interdetto, ma poi si scioglie in un finale di canzone da brividi lungo la schiena per intensità. “White Walls” è la seconda (e purtroppo ultima) canzone che i cinque possono proporci questa sera, in questo caso il pubblico partecipa attivamente scatenando anche un discreto pogo verso le prime file. L’atmosfera all’Estragon inizia a scaldarsi…
AUGUST BURNS RED
Dopo i virtuosismi dei Between The Buried And Me, tocca agli August Burns Red iniziare a scaldare gli animi e suscitare un po’ di movimento tra il pubblico. I cinque americani nutrono già di un discreto zoccolo duro di fan accaniti che li acclamano e li incitano, e da parte loro questi ragazzi non fanno davvero nulla per demeritare tanto amore. La loro proposta musicale non è assolutamente nulla di trascendentale, anzi, l’eco di act quali As I Lay Dying e simili è bene in evidenza. Tuttavia sul palco questi cinque ragazzi sembrano decisamente a loro agio, si muovono con agilità tra un riff sulle note medie e uno stacco mosh. Da segnalare la riproposizione di “Black Burner”, estratta da “Messenger”, davvero ben riuscita, ma nel complesso ci si è divertiti. Applausi.
JOB FOR A COWBOY
I cinque di Glendale, Arizona, iniziano forte, anzi, fortissimo, aprendo la performance con uno dei pezzi migliori della loro ultima uscita discografica, “Constitutional Masturbation”, e le pareti dell’Estragon iniziano a tremare. Purtroppo stasera Jonny Davy non era nella sua serata migliore, se i growl infatti sono riusciti a restare monolitici e gutturali, di scream proprio non ne abbiamo sentito nemmeno l’ombra. Ovviamente i Job For A Cowboy non erano minimamente preoccupati dalla cosa e, per contro, hanno cercato di sferragliare un concerto di una potenza terremotante. “To Detonate And Exterminate” ha messo a ferro e fuoco il pubblico, e anche “Entombment Of A Machine”, tratta dal loro primo EP, ha avuto stasera una dinamicità da band matura quale i Job For A Cowboy sta diventando.
LAMB OF GOD
E’ finalmente arrivato il momento di accogliere con un boato i Lamb Of God, l’Estragon ha raggiunto il massimo della sua temperatura, il pubblico letteralmente scalpita e non vede l’ora di vedere sul palco i propri beniamini. Sulle note dell’intro di “Wrath” Randy e soci escono e ci propongono subito, una dietro l’altra, “In Your Words” e “Set To Fail”, ed è subito un tripudio. Quando poi parte “Walk With Me In Hell” è già tempo di togliersi le magliette e buttarsi nella bolgia infernale del pit. Randy annuncia “Now You’ve Got Something To Die For” ed è una strage, il pubblico è praticamente fuori controllo e quando parte il riff di “Ruin”, che nella sua parte centrale ci sbatte in faccia il celebre passaggio che staccherebbe la testa a chiunque a forza di scapocciare, il sudore nelle prime file è copioso e gli spintoni ricevuti non si contano più già da tempo. “Hourglass” e “Dead Seeds” si susseguono come schegge impazzite e tengono ben caldo e sudato il pubblico. “Blacken The Cursed Sun” inizia con Mark da solo sul palco ad introdurre la canzone, che viene poi raggiunto da Willie per un assolo a due chitarre di pregevole fattura a cui vengono legate parti di “Grace” e “Broken Hands” per un medley di gran classe. Giusto il tempo di respirare che la sferragliante e mitica “Laid To Rest” mette a ferro e fuoco nuovamente tutto quanto, seguita a ruota dalla massacrante “Contractor”. Dopo “Redneck”, e dopo che Randy si è buttato tra il pubblico urlando, è il momento di festeggiare il suo compleanno: alcune ragazze si recano sul palco per consegnargli un dono e i suoi compagni di avventura lo abbracciano tra le note di “Happy Birthday…”. Il pubblico tutto, invece, come regalo, può solo partire in un wall of death gigantesco sulle note di “Black Label”… una bolgia infernale di corpi che si scontrano e si spingono per tutta la durata della canzone, fino all’ultimo! E per questa sera è tutto, i Lamb Of God hanno conquistato anche Bologna, senza fare prigionieri!