21/02/2010 - LAMB OF GOD + JOB FOR A COWBOY + AUGUST BURNS RED + BETWEEN THE BURIED AND ME – Milano @ Alcatraz - Milano

Pubblicato il 07/03/2010 da

A cura di Maurizio MorrizZBorghi e Marco Gallarati. Foto di Francesco Castaldo.

 

Dopo la calata dei Machine Head con il loro seguito imponente è tempo di bissare con un altro attesissimo gruppo di modern metal che mancava da tanto sui nostri palchi: i Lamb Of God, che dopo il successo di Wrath e la consacrazione nel Belpaese sono finalmente passati da headliner (per tre date) con supporter eccellenti sia per chi ama il metalcore (gli August Burns Red) sia per chi ama il death metal (le stelle nascenti Job For A Cowboy) sia per chi vuole sonorità più ricercate (uno dei gruppi più amati dai lettori di Metalitalia, i Between The Buried And Me). Un pacchetto molto vario e di qualità elevata dunque…

BETWEEN THE BURIED AND ME

I Between The Buried And Me, si sa, sono un gruppo del tutto particolare: il loro complesso progressive metal, che pesca un po’ dappertutto (grind, post-core, rock, jazz, death, classic), fa sì che la band riesca ad eseguire pochi pezzi a serata, soprattutto quando – certo immeritatamente – si trova a fare da opening act di un tour che la vede un po’ pesce fuor d’acqua. Mezzora di tempo, quindi, per soli due brani per i ragazzi del North Carolina, ma siamo sicuri che l’esecuzione strabiliante di “White Walls”, tratta dal capolavoro “Colors”, ha reso bene l’idea di quanto i BTBAM siano una formazione all’avanguardia. Mostri di tecnica e fantasia, difficili da gestire, ma son solo problemi vostri…

Marco Gallarati

 

 

AUGUST BURNS RED

Gli ABR chiamano all’attenzione la fascia più giovane accorsa all’Alcatraz questa sera: sebbene la loro proposta sia basata su un metalcore abbastanza heavy e di discreta fattura tecnica è l’immagine a far si che i neofiti li apprezzino, e di conseguenza che faccia storcere il naso alla frangia più heavy e smaliziata. Soprassedendo al lato estetico la prova dei metalcorer è priva di sbavature e, anche se alle nostre orecchie pare piatta e monotona (per l’intrinseca debolezza delle canzoni a parere di chi scrive) dobbiamo ammettere che Milano ha apprezzato, supportando la formazione dalla prima all’ultima nota. Nota positiva per i suoni, che hanno elevato senz’ombra di dubbio la performance di questi gregari.

Maurizio “MorrizZ”Borghi

 

 

JOB FOR A COWBOY

L’attesa per i Job For A Cowboy è elevata, così come la curiosità di tastare il polso a una delle formazioni metal più promettenti sulla scena in fascia under 25. L’impatto è presente, e si può constatare immediatamente come, dopo la premessa dell’ottimo “Ruination”, la trasformazione dei ragazzi in una minacciosa macchina death metal sia reale. C’è qualcosa che non convince appieno però: i suoni non rendono piena giustizia delle capacità tecniche della band, il frontman Jonny Davy non è al 100% con la voce e il resto del gruppo sembra non essere in gran serata. Manca ancora qualcosa dunque per definire i JFAC una realtà nel settore… o forse è stata solamente una serata sfortunata.

Maurizio “MorrizZ” Borghi

 

LAMB OF GOD

Quando è il turno dei cinque redneck di Ritchmond “Motherfucking” Virginia è tutto perfetto, come è dovuto a un degno headliner. Luci a pieno regime, suoni perfetti, volume imponente. Ma da subito tutto questo pare del tutto superfluo per asserire che i Lamb Of God sono su un altro pianeta rispetto ai tre gruppi a cui abbiamo appena assistito (seppur questi fossero di discreta bontà). La superiorità è lampante sin dalle note dell’intro “The Passing”, seguita dalla prevedibile “In Your Words”. Con cinque album in dieci anni di carriera da cui attingere oggi la scaletta della formazione è praticamente perfetta e inattaccabile: un susseguirsi di perle di groove che hanno spazzato via ogni possibile paragone coi gruppi spalla, con momenti di assoluta devastazione (si pensi a “Set To Fail”, “Walk With Me In Hell”, “Something To Die For” e “Ruin” eseguite in sequenza!) e, in genere, nessuna caduta di tono. Il motore del gruppo è come sempre il frontman Randy, sempre smilzo, pieno di rabbia e in questa occasione con la criniera lunga. Se resto della formazione si è settata su uno standard di professionalità, eseguendo le canzoni in maniera lodevole ma senza strafare, Blythe continua a vomitare rabbia nel microfono senza trovare un attimo di pace, con una foga che qualche cantante di 15 anni più giovane può solo sognarsi. Davanti a una selezione del genere le prime file non sono nemmeno troppo agitate, ma tutto l’Alcatraz in compenso fa sentire la propria energia cantando e facendo headbangin, coinvolto e coeso nel massacro sonoro in atto. “Laid To Rest” e “Contractor” chiudono la scaletta, per lasciare spazio all’encore che consacra la serata per mezzo della devastante tripletta “Vigil” – “Redneck” – “Black Label”. Dopo anni di gavetta i Lamb Of God hanno raggiunto la dimensione a loro adatta anche in Italia, e il riconoscimento di pubblico nelle tre date italiane ne è la prova.

Maurizio “MorrizZ”Borghi

 

Setlist:
– (Intro) The Passing
– In Your Words
– Set To Fail
– Walk With Me In Hell
– Something To Die For
– Ruin
– Hourglass
– Dead Seeds
– Blaked The Cursed Sun
– Grace
– Broken Hands
– Laid To Rest
– Contractor
————–
– (Intro)
– Vigil
– Redneck
– Black Label

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