A cura di Elena Ciraudo
Il F.O.A. Boccaccio di Monza celebra la seconda edizione del festival dedicato ad arte e musica Art Factory In The Desert, portando sul palco ben quattro formazioni tutte italiane, in un’unica serata in cui si respira un’atmosfera decisamente underground. Il centro sociale che ospita l’evento, situato nella periferia della città, si presenta più grezzo e spartano che mai. La manifestazione si svolge per lo più all’aperto, in uno spazio circondato da distese di campi di calcio e fabbriche dismesse, in cui sono allestite per l’occasione alcune esposizioni serigrafiche e gli immancabili banchetti del merchandising. La sala concerti appare caotica e buia, e l’umidità entra nelle ossa sin dalle prime ore della serata. Ben presto abbandoniamo quindi l’idea di trascorrere una serata rilassante e confortevole, conservando tutte le energie vitali per le esibizioni, che ci terranno compagnia sino a notte inoltrata. Il bill vede coinvolto un poker di band piuttosto variegato rispetto ai generi proposti: si spazia infatti dalle miscele di rock e punk dei giovani Young Blood al ruvido e moderno hardcore dei Filth In My Garage, arrivando infine ad assaporare il post metal melodico dei Sunpocrisy e quello strumentale e marchiatamente heavy dei Lento. Fatta eccezione per i capitolini Lento, che peraltro proprio con questa serata danno il via ad un nuovo tour europeo, la partita si svolge praticamente in casa, data la comune origine lombarda di tutte le rimanenti formazioni. Valeva la pena sottolinearlo, per non dimenticare mai che spesse volte è sufficiente spingersi poco oltre l’uscio di casa per imbattersi in realtà musicali assolutamente interessanti.
YOUNG BLOOD
Le prime note della serata sono quelle dei Young Blood, giovane quintetto dell’hinterland milanese che ci tiene compagnia per circa mezz’ora. Il loro è un punk-rock/hardcore molto orecchiabile e melodico, semplice nell’impalcatura complessiva, che subito spinge gli astanti a lasciarsi trasportare dal ritmo ballabile con cui i ragazzi cavalcano il palco. L’esibizione lascia chiaramente trasparire in primis la genuina voglia della band di divertirsi, ponendo solo secondariamente l’accento sul risultato prettamente prestazionale, tanto che durante gli ultimi pezzi lo scream del vocalist si perde tra il caos delle danze e delle interazioni con le prime file, visibilmente popolate dai fan più affezionati. Di fatto i Nostri hanno in attivo un unico EP, pertanto lo spettacolo non può che essere breve, tuttavia non manca di coinvolgere e dare la giusta dose di energia per ben cominciare la lunga ascesa musicale della serata.
FILTH IN MY GARAGE
E’ la volta dei Filth In My Garage, quintetto milanese che vanta ormai una certa notorietà a scala locale, e non solo. Merito certamente anche delle numerose esibizioni che hanno accompagnato la promozione del loro primissimo lavoro “Crawling Through The Animals” (2011), ma soprattutto del secondo EP “12.21.12” (2012), grazie al quale i Nostri hanno avuto occasione di affiancare nomi del calibro di Kvelertak, Gallows e Birds In Row. E anche stasera non perdono occasione per dimostrare tutto il loro potenziale espressivo: suoni ruvidi e spigolosi, quelli dei ragazzi, che si fanno promotori di un post-hardcore tagliente in cui non mancano accenni a sonorità più propriamente metal. Ritmiche variegate ed in continua evoluzione, accompagnate da uno scream pungente e affannato, sono certamente il punto di forza della proposta musicale del quintetto. Ai Nostri va tuttavia riconosciuta l’abilità di saper concedere ai presenti preziosi momenti di tregua, grazie ad interludi strumentali in cui le chitarre regalano accenni di atmosferica melodia. Un esempio per tutti, la bellissima “Future”, contenuta in “12.21.12”, proposta in questa sede e accolta con entusiasmo dal pubblico. La setlist della serata si compone di pezzi piuttosto lunghi e articolati, ma non per questo tediosi, anzi. I Filth in My Garage catturano l’attenzione di affezionati e non tenendo i presenti incollati dinanzi al palco per tutta la durata della loro sentita (ma breve) esibizione.
SUNPOCRISY
Fumo avvolgente, luci basse ed un immancabile proiettore laser pronto ad animare la sala con ipnotici raggi multicolore. Basta un rapido sguardo all’allestimento del palco per intuire l’imminente entrata in scena dei Sunpocrisy, sestetto bresciano impegnato dal 2012 nella promozione dell’album “Samaroid Dioramas”, con il quale i ragazzi si sono conquistati un posto decisamente elevato sul podio dei migliori dischi usciti di recente in ambito post-metal. I Nostri aprono le danze con “Apophenia”, brano emblematico dello spirito pulsante ed energico che si respira in tutto il repertorio della band, la quale da sempre cura con particolare dedizione i propri live, arricchendoli di visuals e giochi di luce ad alto effetto psichedelico. Impossibile non rimanere profondamente colpiti dinanzi all’impatto sonoro con cui la band travolge, oseremmo dire letteralmente, gli spettatori del Boccaccio. I Nostri sono infatti maestri nel saper creare maestosi muri di suono traboccanti di effetti elettronici e riverberi di chitarre. I Sunpocrisy propongono fedelmente in chiave live un repertorio estremamente articolato e ricco di tecnicismi, in cui si avvertono numerosi richiami progressive, che tuttavia risulta fruibilissimo e mantiene in ogni pezzo una carica emozionale difficile da rinvenire altrove, complice l’avvincente apporto vocale del vocalist Jonathan Panada, impegnato sia in parti pulite e melodiche che in uno scream lacerante ed aggressivo. Durante i tre quarti d’ora di esibizione c’è spazio anche per assaporare in anteprima un paio di brani che appartengono al nuovo album attualmente in fase di registrazione, un vero e proprio crescendo di pulsante melodia che esplode in un’apocalittica collisione di suoni e luci. I fan più fedeli avranno certamente prestato attenzione al richiamo del vocalist ad una parte di testo già contenuta nel brano “Phi”, di “Samaroid Dioramas”, lasciando presagire una probabile connessione concettuale tra il nuovo album e il precedente platter. Dopo l’entusiasmante anteprima, non rimane che attendere con trepidazione il loro prossimo live per poter riascoltare i brani inediti proposti, aspettando l’uscita del nuovo album, che dalle premesse sembra avere tutte le carte in regola per poter essere un altro piccolo capolavoro.
LENTO
Anche i Lento, come i Sunpocrisy, amano portare in scena una propria coreografia, essenziale ma distintiva: i ragazzi di Roma scelgono infatti di suonare praticamente al buio, nella foschia di un denso fumo artificiale, illuminati unicamente dalla fredda luce di led disposti tra la strumentazione. L’atmosfera si fa quindi tetra e per certi versi surreale, e le cinque figure, di cui si intuiscono solo le sagome, prendono possesso del palco. La band, realtà italiana tra le più affermate in ambito post metal/heavy, sperimenta ogni forma di estremismo sonoro, spiazzando l’ascoltatore con cambi di tempo continui e repentini, intervallati da mastodontici riff di chitarre psicotiche ed imprevedibili, il tutto in chiave interamente strumentale. E se in dischi come “Anxiety, Despair And Languish” o “Icon” ci si imbatte anche in tracce in cui vi è posto per interludi ambient dal piglio più pacato, durante i propri live i Lento non serbano alcuna pietà per gli spettatori, proponendo un repertorio più malvagio e distruttivo che mai. E stasera ne abbiamo l’ennesima conferma. Il pubblico pare apprezzare questa selezione di tracce particolarmente aggressive e schizofreniche, tra cui, tanto per fare qualche esempio, “Anxiety, Despair And Languish”, “The Roof” e “A Necessary Leap”. I Nostri si muovono in modo spasmodico, come in preda a contorte convulsioni: l’esibizione è solenne, priva del benchè minimo gesto amatoriale, ed i presenti osservano la performance in una sorta di trance reverenziale. E’ facile perdere la dimensione del tempo, avvolti dalle sonorità cupe e devastatrici dei Lento. E difatti, solo al termine del concerto ci rendiamo conto che sono ormai abbondantemente passate le due. La serata, benchè un po’ troppo fredda e umida per il clima ormai più che primaverile di questo mese, ha regalato numerose emozioni, perciò non possiamo che fare rientro a casa più che entusiasti dell’intrattenimento offerto.