17/11/2014 - LIZZY BORDEN + NIGHTGLOW + SILVER ADDICTION @ Audiodrome Alternative Live Club - Moncalieri (TO)

Pubblicato il 26/11/2014 da

Caro vecchio Lizzy. Sono già trent’anni che sei con noi. Trent’anni che fai roteare l’ascia, trent’anni che azzanni fanciulle in fiore e le scotenni, trent’anni che ci regali perle di metallo americano a presa rapida, a seconda delle impressioni del singolo descrivibile, molto alla spicciola, come un hair metal irrobustito oppure un power metal ingentilito e melodicizzato. Trent’anni. La ricorrenza viene celebrata con un lungo tour, che tocca l’Italia per quattro date (Brescia, Moncalieri, Roma, Trieste). Purtroppo la band si presenta monca, a causa della recente defezione di Dario Lorina, accasatosi alla corte di Zakk Wylde nei Black Label Society, in formazione a quattro elementi, non proprio l’ideale per un gruppo che affida buona parte delle sue fortune a un solismo affusolato e dirompente. E’ un lunedì sera bigio e umido, quello che vede comparire nella periferia torinese, in un tipico ambiente post-industriale, i portacolori dell’American Metal, accompagnati da due realtà nostrane e salutati da un centinaio di persone, cifra non disprezzabile in rapporto alla collocazione temporale a inizio settimana e alla nota sordità italiana verso i portacolori dello US metal.

Lizzy Borden - Moncalieri flyer - 2014

SILVER ADDICTION
Facciamo il nostro ingresso nell’Audiodrome, spaziosa venue ricavata in una ex-fabbrica e modellata con buon gusto alle esigenze della musica live, durante i primi brani dei Silver Addiction. Sono saltati gli opener designati Seventh Veil e tocca quindi a questo giovane ensemble di Torino dare il benvenuto ai convenuti. Dovrebbero essere in quattro sul palco, ma si presentano in tre: manca il secondo chitarrista Andy, impossibilitato ad esserci a causa dei nubifragi che hanno colpito la sua Genova. Un cartello con la scritta “Where The Fuck Is Andy?” lo ricorda simpaticamente. La zoppia della solista non intacca a dire il vero l’operato del gruppo, che ha gioco abbastanza facile nell’intrattenere i presenti grazie ad una proposta molto immediata. Come il trucco vistoso indica chiaramente, ci si muove nel contesto glam, dosando con parsimonia coretti e ammiccamenti e pestando alla stregua di una band metal tout-court per buona parte del tempo. Spruzzate punk aumentano il coefficiente energetico e, complice la prova tutta sostanza dietro i tamburi, la performance risulta tutt’altro che leggera, mentre la discreta predisposizione al ‘chorus chewing-gum’ fa il resto per guadagnarsi i meritati consensi. Non si eccede fortunatamente in pose di maniera, i tre non se la tirano e sul palco se la spassano che è un piacere. I Silver Addiction suscitano un discreto coinvolgimento e nel ruolo di sparring partner dei famosi headliner si guadagnano con onestà la pagnotta, presentando le canzoni dell’imminente “In Vain”.

NIGHTGLOW
Si cambia completamente registro con i Nightglow, quartetto modenese in procinto di pubblicare il primo dicembre il secondo full-length “Orpheus”, già disponibile questa sera al banco del merchandise. Su un enorme fondale dietro la batteria compare la copertina del disco in uscita, ritraente una figura umana in camicia di forza all’interno di un manicomio dilaniato. E’ una buona fotografia di quello che è l’impatto deflagrante della band, carichissima e desiderosa di sfruttare al meglio l’occasione di supportare una leggenda del metal americano. Si viene scaraventati in un angolo da una selva di riff compressi e dal flavour tecnologico, su cui aleggiano melodie power/progressive, a formare una dicotomia figlia di una certa impostazione power/thrash modernista che sta trovando molti fautori negli ultimi anni. L’impostazione vocale dell’assatanato vocalist Daniele Abate risente del clima di esasperazione e caos della musica, con incursioni in vocalizzi sporchi in chiave estrema ad alternarsi a un più classico, e riuscito, cantato pulito di matrice power. Il gruppo ci sembra molto sicuro di sé e coinvolto, oltre che di ottimo umore, visto che i sorrisi si sprecano sul palco e Abate non manca di ringraziare più volte i presenti, le altre band e il locale per la bella serata che stanno vivendo. I pezzi a disposizione sono mediamente molto tirati e ricchi di cambi di tempo, e fortunatamente il buon bagaglio tecnico dei quattro non li fa mai andare in cortocircuito, nonostante ci si tenga quasi sempre su velocità molto sostenute. Per il futuro eviteremmo le parti più easy e melodiche, spesso in abbinamento a cavalcate in doppia cassa ad elicottero un po’ scontate, e magari andremmo a complicare ulteriormente certi passaggi, per rinfocolare quell’idea di disordine ed isteria che i Nightglow riescono già adesso a veicolare. Buona prova anche per la seconda compagine in programma, in attesa del piatto forte…

LIZZY BORDEN
Avendo i Nightglow terminato il loro set attorno alle 22.15, avremmo sperato nell’apparizione degli headliner nel giro di una mezz’ora scarsa. Purtroppo, mettendoci quel pizzico di indolenza delle rockstar che godono a farsi attendere come una bella donna, i Lizzy Borden e i loro roadie non si affrettano nella preparazione del palco. Dobbiamo quindi attendere circa un’ora per vedere apparire gli americani, con Joey Scott Harges, leggermente più sobrio del consueto nell’apparenza e senza cresta, a posizionarsi per primo dietro la batteria e a ruota l’unico chitarrista Ira Black e il cantante. Marten Andersson, probabilmente per qualche piccolo inconveniente allo strumento, compare quando “Master Of Disguise” è già iniziata. Lizzy si presenta con una maschera agghiacciante: tre facce attaccate una all’altra di cui una, quella al centro, è proprio quella del singer, solo che è talmente simile alle altre due sui lati, e queste si muovono e cambiano leggermente espressione ad ogni movimento facciale, che in alcuni momenti fatichiamo a comprendere quale sia la reale sembianza di chi ha in mano il microfono. Lo stile di Ira Black è un po’ troppo rude per il metal classico della band, non sappiamo quanto c’entrino i settaggi dei suoni e quanto il suo approccio allo strumento, ma soprattutto nei primi brani c’è una punta d’aggressività della sei corde che è eccessiva, fuori contesto. Di converso, la mancanza di una seconda ascia non risulta eccessivamente penalizzante, anche se gli intrecci garantiti nel recente passato dalle due chitarre erano un’altra cosa, e anche il solismo di Lorina aveva una marcia in più. I presenti non fanno comunque troppo caso ai menzionati vizietti formali e danno massimo sostegno fin dalle prime note. Lizzy, almeno per il primo paio di pezzi, è abbastanza controllato, posto che le note veramente alte non sono più affrontabili, e lo sapevamo, per l’opener e “Notorius” non ha il brio consueto, ma riesce a mascherare il disagio usando con parsimonia le forze a disposizione, così da non uscire con le ossa rotta da quelli che poi si riveleranno essere i due brani vocalmente più impegnativi della serata. I suoni sono discreti, anche se imperfetti, la batteria tende a sovrastare il resto e i piatti tendono fastidiosamente a prevalere, ma non si crea mai, fortunatamente, troppa confusione. Lizzy prosegue i cambi di maschera, vestito come una mummia sanguinante appena uscita dalla propria dimora sepolcrale, guadagnando col passare dei minuti forza e nitidezza nella voce. Visto che si sta festeggiando un anniversario importante con questo tour, ci saremmo aspettati una scaletta ricca di ripescaggi tra canzoni non proposte live da tempo, e invece i Nostri giocano sul sicuro, offrendo grosso modo la medesima setlist ascoltata nelle recenti calate europee. “Roll Over And Play Dead”, “Rod Of Iron” e “Eyes Of Stranger” si susseguono in rapida successione, suggestionando con quel mix di commercialità e ricercatezza melodica che hanno reso unica l’epopea lizzyana. Arriviamo al momento del (trascurabile) assolo di basso, un intermezzo che ha il pregio di non andare per le lunghe e che permette di far rifiatare il cantante. La ripartenza è un colpo al cuore, “Tomorrow Never Comes” ha un incipit fulminante come ne sono stati scritti di pochissimi nel metal classico degli anni 2000, e la reazione dell’audience è in questo particolarmente veemente: chiunque canta il sentenziante ritornello! Adesso il concerto è salito di tono e dopo la buona versione del classico dei Rainbow “Long Live Rock’n’Roll” è il turno di “There Will Be Blood” a far sgolare gli spettatori. Giustamente non ci si dimentica di dare la necessaria razione di sangue (finto) alle prime file. Lizzy passa a distribuirlo sulla faccia a chiunque lo desideri e davanti si ritrovano quasi tutti felicemente sporchi di liquido rosso. L’assolo di chitarra, anche in questo caso un piccolo dazio da pagare per consentire a Lizzy di non trovarsi in debito d’ossigeno, fa da preambolo all’americanismo orgoglioso e un po’ machista di “Me Against The World” e “American Metal”, con grande sfoggio di Stars and Stripes e divertimento a catinelle. Con la band in temperatura e il pubblico scatenato, si va però verso la chiusura. Dopo un breve passaggio dietro le quinte, Harges si reinstalla dietro il drum-kit per un breve numero solista, che si salda senza soluzione di continuità a una robusta versione di “Red Rum”. La cover di “Born To Be Wild”, rivisitata molto bene, tanto che si fatica a riconoscerla prima del refrain, mette la parola fine a un concerto non impeccabile ma assolutamente divertente, degno di una band che sta invecchiando senza cedimenti e ha ancora voglia di macinare chilometri per portare in giro la sua musica.

Setlist:
Master Of Disguise
Notorious
Roll Over And
Rod Of Iron
Eyes of a Stranger
Bass Solo
Tomorrow Never Comes
Long Live Rock ‘n’ Roll
Under Your Skin
There Will Be Blood Tonight
Guitar Solo
Me Against the World
American Metal
Encore:
Drum Solo
Red Rum
Born To Be Wild

5 commenti
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