Report di Maurizio ‘morrizz’ Borghi
Foto di Fabio Livoti
Dopo la fugace apparizione a Bologna al Never Say Die! 2017, il buzz dell’apparizione al Dissonance Park 2022 a Padova e il caldissimo abbraccio di questa estate al Knotfest Italy, i Lorna Shore sono pronti al primo tour da headliner nel nostro paese, annunciato velocemente in pompa magna e con l’ambiziosa location dell’Alcatraz di Milano, forti di un fenomeno virale che è si è tramutato una vera e propria onda anomala ponendoli in cima ad una nuova wave deathcore pronta a conquistare il mondo.
Come compagni di ventura sono stati scelti Distant, Ingested e Rivers Of Nihil: un pacchetto interessante e lontano dall’essere completamente deathcore, che dall’estate ha collezionato in fretta sold-out anticipati e svariati upgrade di venue. Come andrà a casa nostra? Reggeranno i nuovi idoli la prova di un intero show da headliner?
Dopo la nostra chiaccherata backstage con il leader dei Lorna Shore Adam De Micco, prossimamente su queste pagine, torniamo nella sala pronti per i DISTANT e troviamo un Alcatraz configurazione Palco A, già bello pieno e carico per le esibizioni a venire.
Visto che è venerdì sera possiamo parlare di ‘early show’, con inizio alle 18:30 e fine prima delle 23. Il quintetto slovacco/olandese è l’unica band di supporto che suona deathcore, a differenza degli headliner però siamo di fronte a una versione ipermoderna che fa molto affidamento a down-tempo, groove ed elettronica.
Il loro impatto è sicuramente d’effetto, con una resa sonora sopra la media canonica dei gruppi spalla e una bella reazione da parte del pubblico, che non vede l’ora di ‘sporcarsi le mani’ e far partire il mosh.
Alan Grnja anche dal vivo è un cantante molto potente e con un’ugola indistruttibile, mentre la band regala una prova acchiappa-consensi senza reggersi troppo sull’ultimo “Heritage”, uscito a febbraio. Riconosciamo “Born of Blood”, la title-track e l’ottima “Exofilth” durante un concerto breve ma divertente, che conferma le ottime impressioni avute su disco.
Nonostante il tecnico del suono si diverta a mettere musica sciocca tra un gruppo e l’altro, c’è un cambio di tono quando salgono sul palco gli INGESTED, che spostano il suono verso un death metal più canonico anche se spesso moderno e groovy, trovando anche punti di contatto col deathcore senza mai restare nelle sue rigide regole.
Dopo una canzone inedita, la band di Manchester celebra il recente “Ashes Lie Still” con “Shadows in Time” e “Echoes of Hate”, sintonizzandosi in tempo zero coi presenti grazie soprattutto al carisma del frontman Jason Evans, che col suo caratteristico “RRRR” prende letteralmente per le corna un pubblico energico e partecipativo, ma perlopiù a digiuno della loro proposta.
Tra auguri di compleanno e wall of death vengono eseguite anche “Invidious” e la delicatissima “Skinned and Fucked”, per un set corto ma particolarmente intenso e ben riuscito. Non capiterà spesso alla band di suonare in un club di queste dimensioni, quindi obiettivo centrato, di sicuro la serata è valsa agli inglesi qualche nuovo sostenitore.
Arrivano da un periodo impegnativo i main supporter RIVERS OF NIHIL: nel 2022 il chitarrista Jon Topore ha abbandonato la nave, seguito poi dall’enigmatico e poliedrico vocalist Jake Dieffenbach.
E’ il bassista Adam Biggs a farsi avanti e provare a colmare il vuoto di frontman, aiutato in più riprese dagli altri componenti del gruppo, soprattutto dal batterista Jared Klein per le melodie vocali. Acclamati per il death tecnico e progressivo, gli americani fanno parlare la musica riducendo le interazioni all’osso, sfoderando tutta la loro classe strumentale e compositiva davanti ad un Alcatraz ormai colmo fino a sfiorare il sold-out.
Lungi da noi voler screditare gli estratti di “Where Owls Know My Name” come le altre canzoni proposte in scaletta, siamo anche sicuri che la loro posizione sia voluta ed approvata dagli headliner, ma pur vedendo molti presenti ammaliati dalle strutture prog, dall’opulenza delle composizioni e dal sassofono c’è un contrasto significativo con il mood della serata: infatti l’energia della frangia maggiormente fisica e su di giri si scatena in mosh quasi inappropriati, e anche nell’ormai popolare pratica del ‘vogare’ in mezzo alla sala, che ci diverte davanti agli Amon Amarth ma in questo contesto risulta quasi grottesca.
Nonostante l’animo e la disomogeneità con il resto della scaletta, in ogni caso, i Rivers rimangono comunque ben accolti, dimostrando di poter superare, almeno in sede live, le perdite significative che hanno subito nel passato recente.
Un ultimo giro di canzoni senza senso, da Bon Jovi al pop al rap, porta l’Alcatraz agli attesissimi headliner della serata.
Il colpo d’occhio è letteralmente impressionante, sfiorare il sold-out con una proposta estrema come quella dei LORNA SHORE è letteralmente inspiegabile, anche per chi ha apprezzato abbondantemente “Pain Remains” segnandolo tra i dischi migliori del 2022.
Il ‘fangirling’ (comportarsi in modo ossessivo o sovraeccitato) di uomini e donne nei confronti di Will Ramos è sicuramente alle stelle, ma nel pubblico non ci sono solo giovani che seguono la moda del momento, è anzi evidente come i nuovi idoli del deathcore siano seguiti da molti appassionati di tutte le categorie, dai curiosi ai metallari convinti ai deathsters meno intransigenti.
Sul bordo del palco vengono montate delle passerelle e appena sotto si nota un dispiegamento di bombole per cannoni di fumo e scintille (niente fiamme, siamo in Italia!). Anche l’impianto luci è di prim’ordine, pronto a sottolineare ed abbellire al massimo la prova dei nuovi eroi, che da lì a poco andranno ad annichilire i presenti con una performance letteralmente brutale.
Ci sono le basi, ci sono suoni sparatissimi e aiutini, le canzoni hanno bene o male tutte la stessa struttura, Ramos non ha inventato niente e i Dimmu Borgir hanno partiture orchestrali ben migliori, ma quello a cui assistiamo stasera è un allineamento di pianeti, una dimostrazione di forza e un’istantanea dell’esplosione di una band che, nonostante mille difficoltà, è avanzata con convinzione sino al troneggiare su una nuova ondata deathcore.
Eseguendo solo “Immortal” (title-track del disco del 2020) dal passato, i Lorna Shore celebrano le ultime due uscite eseguendo in maniera fedele e potente l’intero EP “…And I Return to Nothingness” (2020) e gran parte dell’ultimo “Pain Remains” (2022), come sempre con batteria e voce in primissimo piano, con dietro le parti tastieristiche a evocare partiture semplici che assomigliano a temi di colonne sonore a braccetto con le chitarre.
Solo il leader Adam De Micco può sfuggire al dress code ‘all black‘ con la sua Ibanez rosso fuoco, salendo sulle passerelle per gli assoli intricati ma mantenendo generalmente un basso profilo. Nessuno in effetti appare avere un trattamento di favore dai riflettori, nonostante la star sia di sicuro quel Will Ramos capace di riprodurre, facendolo sembrare facile, parti vocali per le quali scommettiamo lui stesso maledice se stesso ogni sera. Nessun cedimento per lui in una prova lunga e molto faticosa, costellata da sussulti e un supporto incredibile del pubblico, agitato e rumoroso per tutta la durata dello spettacolo.
Viene tenuta per la fine la virale “To The Hellfire”, con quel breakdown apocalittico sul quale la sala si ferma ed estrae il telefono per registrare i versi ormai iconici. Ma il punto più alto, siamo convinti, si raggiunge nell’encore: la ‘trilogy‘ di “Pain Remains” è di sicuro il punto più alto a livello compositivo dei Lorna Shore, ed è a nostro parere anche una delle chiavi del loro successo grazie a quella componente emotiva mai espressa negli stilemi deathcore, senza nemmeno ricorrere all’uso di voci melodiche. Un tripudio.
L’altra componente sicuramente fondamentale è la personalità di Ramos, che è allo stesso momento demone inumano e persona comunicativa e rassicurante: “Bevete tanta acqua, o birra se volete, prendetevi cura di voi stessi così potrete tornare a vedere i Lorna Shore“.
Nessuno uscirà scontento in quello che nel bene e nel male verrà ricordato come un concerto memorabile, tanto quanto lo sconcertante sold-out dei Polyphia qualche mese prima, che va a segnare il 2023, certifica la rinascita del deathcore e lascia intravedere un passaggio generazionale del metal in Italia.
DISTANT
INGESTED
RIVERS OF NIHIL
LORNA SHORE