Abbracciato dalla stupenda cornice artistica delle mura del Castello Sforzesco di Vigevano, il palco che ospiterà Molly Hatchet e Lynyrd Skynyrd si staglia imperioso sul prato che già accoglie numerosi avventori anche diverso tempo prima dall’inizio dello show. Come contorno, stand di birre artigianali, salumi tipici e carne alla griglia rendono la giornata pari ad un amichevole ritrovo tra vecchi e giovani rocker desiderosi di ascoltare ancora una volta le magiche note di “Free Bird” e di passare qualche ora in compagnia tra amici. Solo la pioggia riuscirà a rovinare parzialmente una giornata altrimenti perfetta, all’insegna del rock sudista e ribelle…
MOLLY HATCHET
Finita la breve parentesi degli opener Betta Blues Society, band preparata ma abbastanza fuori luogo nel contesto, i Molly Hatchet iniziano il loro concerto scaldando subito i presenti con la tonante “Whiskey Man”. La formazione americana XXL (per il sontuoso giro vita dei suoi membri) non lesina energie e sfodera tutto il carisma tipico di una band ribelle nata sotto l’insegna della bandiera rock sudista. “American Pride” e “Fall Of The Peacemakers” vengono accolte da un boato, i fan si esaltano e persino il cielo pare scosso, tanto da coprire tutto il parco con nere nuvole cariche di pioggia. Sul palco i rocker suonano abbastanza immobili, se non per alcune mosse coreografiche, ma è la musica a far sempre da protagonista con i migliori cavalli di battaglia (“Been To Heaven – Been To Hell”, “The Creeper”). Il cielo si fa ancora più minaccioso, le prime gocce di pioggia iniziano a martellare i presenti sino all’arrivo di un vero e proprio acquazzone. I Molly Hatchet continuano imperterriti il loro show con un’interessante versione di “Dreams I’ll Never See” firmata Allman Brothers. “Flirtin’ With Disaster” scrive la parola fine ad uno show intenso e piacevole, rovinato solo da un temporale ormai apparentemente incontrollabile.
LYNYRD SKYNYRD
Il temporale non perdona, agli stand gastronomici il pane è terminato, ma i fan dei Lynyrd Skynyrd non si demoralizzano per nulla al mondo. Le note di “Workin’ For MCA” ripagano la lunga attesa sotto l’acqua scrosciante: Johnny Van Zant e compagni si presentano carichi e pronti a rigenerare le energie dei presenti. Brani vecchi e nuovi si alternano durante tutto lo show: “Skynyrd Nations”, “What’s Your Name” e “Down South Junkin’” vengono sparate una dopo l’altra in faccia ai numerosi fan. La band si diverte on stage, il nuovo bassista Johnny Colt (proveniente dai Black Crowes) appare già affiatato ed integrato all’interno della macchina Skynyrd. Con “Simple Man”, i Lynyrd Skynyrd danno vita ad uno dei momenti più emozionanti dell’intero concerto: la voce calda di Van Zant arriva dritta al cuore accompagnata dalle tre chitarre sul palco. Il batterista Michael Cartellone si conferma una macchina precisa, versatile, potente, e che non sbaglia un colpo! Il concerto prosegue all’insegna dell’adrenalina, con un medley che incastra alcuni dei grandi classici della band, da “Gimme Back My Bullet” a “Whiskey Rock A Roller” e “The Needle And The Spoon”. Il cielo finalmente ci concede una pausa, la pioggia scompare e possiamo gustarci al fresco la parte finale dello spettacolo. L’ultima canzone ufficiale del concerto ovviamente è “Sweet Home Alabama”, uno dei bue brani per antonomasia dei Lynyrd Skynyrd, cantata a squarciagola dai presenti dall’inizio alla fine. Una breve pausa ed arriva l’immancabile bis: “Free Bird” incanta, eccita, commuove e lascia senza fiato ogni volta che viene eseguita, sempre nel ricordo dello scomparso Ronnie Van Zant. Con una lacrima pronta a sgorgare, congediamo i Lynyrd Skynyrd. Uno show breve (poco meno di un’ora e mezza) ma intenso, tanto da soddisfare tutti gli estimatori del southern rock più genuino ed esaltante.