12/11/2003 - Machine Head + Kill II This @ Transilvania Live - Milano

Pubblicato il 19/11/2003 da

A cura di Marco Gallarati e Valentina Spanna

Torna in Italia, nell’ambito di un acclamatissimo tour europeo che sta registrando il tutto esaurito quasi ovunque, uno dei gruppi più importanti dell’ultimo decennio metallico: i Machine Head! Supportati dai britannici Kill II This, una band che fatica ancora a mettersi in evidenza, i quattro pard americani hanno sfoderato una prestazione degna del loro nome e del loro (ormai leggendario) inizio carriera. Teatro della venue è stato ancora una volta il piccolo e tetro Transilvania Live di Milano, andato sempre più riempiendosi con l’approssimarsi dell’entrata in scena dei Machine Head, reduci, come tutti saprete, dalla pubblicazione del nuovissimo “Through The Ashes Of The Empires”, sorta di ritorno alle origini, dopo le sterzate nu-metal riscontrabili in “The Burning Red” e “Supercharger”.  In netto anticipo rispetto all’orario previsto, il concerto ha inizio e i baldi inviati di Metalitalia.com sono prontissimi a descrivervelo, anche se purtroppo…

KILL II THIS

…purtroppo entriamo al Transilvania Live quando lo show degli inglesi Kill II This è già cominciato da alcuni minuti. Nella mezz’oretta in cui abbiamo assistito al loro concerto ci è sembrato che abbiano offerto una prova discreta, per lo più incentrata sulla loro ultima pubblicazione, l’album “Mass.[Down.]-Sin.(Drone.)”. Sfortunatamente chi scrive non ha mai avuto modo di ascoltare un cd della band, e ricorda solamente di averli visti all’opera circa sei anni fa quando supportarono i Megadeth nel tour europeo per “Cryptic Writings”, facendosi segnalare come un act mediocre capace solo di scimmiottare i Pantera. Oggi le cose sembrano però essere cambiate molto, musicalmente parlando, visto che la proposta dei nostri è parsa molto più interessante, variegata e moderna, in certi casi addirittura assai intimista. Dal vivo potrebbero migliorare ancora, visto che a tratti sono sembrati davvero fiacchi ma, nonostante ciò, la maggior parte dei brani è riuscita nel compito di intrattenere a dovere il pubblico, preparando al meglio il terreno per i Machine Head.

MACHINE HEAD

Dopo un cambio di palco piuttosto elaborato, trascorso in un crescente sentimento d’attesa e trepidazione, le luci si possono infine spegnere e un’intro pomposa e sinfonica, degna dei Rhapsody più pacchiani e ridondanti, può dare il “la” all’esibizione, permettendo ai primi cori da stadio di elevarsi alti verso il cielo (ehm…rappresentato dal soffitto bassissimo del locale!). La band parte subito in quarta, senza badare ad alcun fronzolo, con l’esecuzione di “Imperium”, bissata immediatamente da “Take My Scars”, tratta dal tellurico “The More Things Change…”. Solo al termine di questa, il leader dei Machine Head, Robb Flynn, si presenta all’audience con una rapida serie di “fucking” e “salute”, che ripeterà in continuazione anche durante i successivi siparietti fra un pezzo e l’altro, oltre a lanciare bicchieri di plastica con bevanda annessa sulle teste degli occupanti le prime file e la “zona pogo”. Il gruppo appare subito in forma smagliante, con un Adam Duce concentrato e dallo sguardo truce e cattivo,  Phil Demmel, il nuovo acquisto della band (ex Vio-lence e vecchio amico di Flynn, anche lui del resto ex Vio-lence), perfettamente integrato nei meccanismi live del gruppo, anzi ben in grado di smuovere gli animi…e poi, in postazione elevata (rispetto all’altezza solita del drumkit al Transilvania Live) dietro la batteria, il fenomenale Dave McClain, davvero ottimo sia tecnicamente sia a livello scenico, con il particolare assetto dei tom e del rullante (tutto molto basso e parallelo), il quale permette all’audience di seguire con attenzione ed ammirazione le evoluzioni dello stesso Dave, mostruoso per intensità, precisione e “pestaggio”. I suoni sono risultati subito calibrati benissimo, perfetti nei volumi e nella distinzione degli strumenti, discreti nel permettere alla voce di Robb Flynn di emergere dalla pesantezza della musica dei Machine Head. Com’era ovvio e lecito aspettarsi, la setlist si è concentrata sull’ultimo lavoro in studio e su “Burn My Eyes”, uno dei dischi più belli pubblicati negli anni ’90, se ci fosse bisogno di ricordarlo…pezzi quali “None But My Own” e “Blood For Blood” hanno scatenato il putiferio e messo in chiaro una volta per tutte qual è la versione dei Machine Head che il pubblico più ama. Ed infatti, dalle mezze delusioni “The Burning Red” e “Supercharger”, sono state tratte solamente “The Blood, The Sweat, The Tears”, la ballad “The Burning Red” e “Trephination”…ecco, scelta perlomeno discutibile è stata quella di inserire ben due ballate durante l’esibizione, dato che questo genere di composizioni non riesce particolarmente bene al gruppo di Oakland; anche “Descend The Shades Of Night”, seppur dotata di una seconda parte robusta, è stata uno dei picchi negativi dello show, il quale ha avuto, al contrario, momenti di reale esaltazione nelle esecuzioni di “Ten Ton Hammer”, “Davidian” (e come potrebbe essere altrimenti, di fronte ad un brano spettacolare?) e della devastante cover di “Creeping Death” dei Metallica, abbastanza fedele all’originale ma doppiamente violenta, anche se Robb ha avuto qualche problemino di memoria nell’urlare le parole della terza strofa…Lo spettacolo si è concluso con la massiccia “Block”, ultima track di “Burn My Eyes”, e con tutti i presenti a gridare “fuck it all” all’unisono con il singer, davvero soddisfatto e compiaciuto della risposta ottenuta da sotto il palco. Il gruppo si è poi congedato con i saluti di rito, lasciandosi alle spalle cori e acclamazioni vari. Riepilogando, è stato un concerto entusiasmante che ha visto protagonista un combo in netta fase di rinascita, dotato di esperienza, volontà e capacità, qualità necessarie per restare ai vertici del metal movement odierno. Dagli abissi della contaminazione musicale, i Machine Head rivivono una nuova alba! Bravissimi!

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