Report realizzato con la collaborazione esterna di Arcangelo De Ieso e Simona Jero
Foto a cura di Arcangelo De Ieso
Foto a cura di Arcangelo De Ieso
Il Magic Circle Festival, giunto alla sua seconda edizione, ha ormai consolidato la propria importanza in materia di heavy metal festival in Germania. Si riscontra una grande affluenza di fan provenienti da tutto il mondo, via via in crescendo col passare delle ore, per assistere a quello che è da loro considerato l’evento dell’anno: i venti anni dall’uscita di “Kings Of Metal” dei Manowar. La band si propone di suonare on stage i primi sei album della carriera, per intero(!). Ciò desta non poca curiosità ed entusiasmo e, perché no, apprensione riguardo alla resistenza fisica del vocalist Eric Adams. Va ricordato che i Manowar sono anche gli organizzatori dell’intero Magic Circle, rivelatosi una macchina perfetta sotto tutti gli aspetti. Il festival ha luogo in una location sita a nord della Germania, Bad Arolsen, degna di Hobbiville del Signore Degli Anelli. Purtroppo il maltempo ha riservato delle spiacevoli sorprese come rovesci improvvisi di pioggia e freddo polare, che tuttavia non hanno compromesso la riuscita delle singole esibizioni. Numerosi gli stand di gadget e marchandising. Il bill includeva band attesissime quali Wasp e Doro, anche se le rispettive defezioni di nomi altisonanti come Whitesnake e Def Leppard, avvenute, pare, a causa di divergenze contrattuali con l’organizzazione, hanno lasciato l’amaro in bocca a molti. Nonostante tutto i defender hanno continuato ad affluire in gran numero fino a sera per gustare quella che poi si è rivelata l’incredibile performance degli headliner Manowar, “Kings Of Metal” a pieno titolo! Ci rincresce di non aver potuto essere presenti all’intero evento essendo arrivati con un giorno di ritardo causa ferie (o meglio, NON ferie) rispetto all’inizio dei concerti e non avendo, quindi, assistito agli show di Alice Cooper, Ted Nugent e Benedictum.
DORO
Al Magic Circle Festival non poteva mancare la metal queen per eccellenza, miss Doro Pesch come sempre in forma più che mai. Doro mette a segno in primo colpo con “Burnig The Witches” dei Warlock, i quali ormai rimangono solo un vecchio ricordo per i vecchi fan della band. Tuttavia i nostalgici sono ugualmente soddisfatti dall’ottima performance della vocalist tedesca. “True As Steel” , “Fight”, “Haunted Heart”, “Heartshaker Rock” sono una mazzata fra capo e collo, la reginetta del metal ha grinta da vendere nonostante l’età non più da ragazzina. Anche il resto della band risulta essere in stato di grazia e ci regala una bella esibizione, diretta, potente e coinvolgente. Johnny Dee alle pelli, Joe Taylor alla chitarra e Chris al basso trascinano un pubblico caloroso, e infine Doro dedica a tutti i presenti “You’re My Family”, tratta dall’ultimo lavoro “Warrior Soul” targato 2006. Il 13/12/2008, Doro festeggerà i suoi venticinque anni di carriera nella sua città natale Dusseldorf: siete avvisati, metal maniacs!
W.A.S.P.
C’è attesa per la partecipazione dei W.A.S.P. al Magic Circle, unico festival in Germania dove quest’anno è possibile sentire la band di Blackie Lawless dal vivo. I W.A.S.P., fautori di uno show senza infamia e senza lode, suonano solo sei pezzi, un po’ poco sinceramente, fra i quali un medley con “On Your Knees”, “Inside The Electric Circus” e “Chainsaw Charlie (Murders In The New Morgue”, le classiche “Love Machine”, “Wild Child”, l’immortale “Blind in Texas” e “Take Me Up” dell’ultimo album “Dominator”. La line up sembra abbastanza coesa: Mike Duda al basso è un ottimo compagno di squadra, efficace sia nella fase strumentale che nei cori, e anche il drumming di Mike Dupke è devastante. Ad ogni modo, la brevità dello show può dar adito a qualche dubbio sui limiti del carismatico Blackie, che, comunque, come sempre ci fa divertire. Conclusione come al solito affidata a “I Wanna Be Somebody”. Il pubblico è abbastanza coinvolto, ma non nasconde la delusione per aver assistito ad uno spettacolo di così breve durata, quaranta minuti circa.
GOTTHARD
I Gotthard sono una band molto amata in terra teutonica, gli elvetici sono infatti fautori di un melodic hard rock e salgono più tardi on stage rispetto all’orario previsto, dato il forfait dei Whitesnake. A loro spetta il difficile compito di intrattenere un pubblico, ormai impaziente, che attende solo i Manowar e, fortunatamente, ci riescono bene. Il merito va al loro singer, Steve Lee, indubbiamente uno dei migliori vocalist hard rock in circolazione; la band è compatta con un Leo Leoni alla chitarra in grado di coinvolgere positivamente gli altri componenti. I sottoscritti riescono, infatti, ad apprezzare il gruppo in questione maggiormente on stage che su CD; i singoli pezzi hanno più mordente e i Gotthard riescono anche a dare spettacolo. I brani vengono riesumati da un vasto repertorio a partire dall’album d’esordio omonimo, a seguire “Human Zoo”, “Lipservice” da cui “All We Are” e “Lift U Up”, e “Domino Effect”, la loro ultima produzione. Buona prestazione per una band a cui ora toccherà addirittura un lunghissimo tour europeo di spalla ai Deep Purple.
HOLYHELL
Ormai gli Holyhell, dopo un tour europeo con i loro padrini Manowar a supporto di “Gods Of War”, e l’esibizione alla prima edizione dello scorso anno del Magic Circle Festival, sono praticamente di casa in Germania. La band americana vanta la presenza di musicisti importanti e anche a questo, forse, si deve la loro veloce ascesa; troviamo Rhino “the thunder” dietro le pelli della batteria, un grande Joe Stump alla chitarra e alla voce l’avvenente Maria Breon, la nuova fiamma di Joey De Maio. Gli Holyhell suonano come una delle tante band la cui fonte di ispirazione sono i Nightwish, purtroppo il carisma di Tarja è unico e la musica della band di Maria è invece un po’ anonima. Nonostante tutto propongono un bello show, anche grazie alla presenza scenica dei musicisti sopra citati, con brani come “Wings Of Destiny” ed “Eclipse” che risollevano le sorti. Un altro bel momento in cui si apprezzano le doti canore della singer e l’istrionismo di Joe Stump (clone di Malmsteen ma grande musicista!) è durante la cover di “Rising Force”. Anche il tappeto sonoro tessuto dalle tastiere di Francisco Palomo, tastierista dei Manowar (Tutto in famiglia), fa la sua parte. Il guitar work si fa sentire invece su brani come “Phantom Of The Opera”, “Last Vision” e “Apocalipse”. Il pubblico di Bad Arolsen apprezza salutando con un applauso l’uscita della band.
MOB RULES
Oggi il mercato è inflazionato di band power metal troppo simili, o giù di lì. Tranne poche eccezioni, difficilmente riescono ad emergere gruppi che, grazie ad originalità e bravura in sede live, lasciano un segno: questo è il caso dei Mob Rules. Questa è la loro seconda occasione al Magic Circle Festival per la band capitanata dal valido singer Klaus Dirks e con cinque album all’attivo più un live intitolato “Sign Of The Time” del 2005. Vengono proposti sia brani del loro primo disco, “Savage Land”, ma anche diversi estratti dall’ultimo e ottimo “Ethnolution A.D.”. Sono le prime ore del pomeriggio e l’affluenza è discreta, il pubblico è infatti per lo più comodamente seduto a godersi l’evento con la classica birra media in mano. Nonostante ciò la band è carica e convince gli astanti, la presenza scenica dei musicisti è discreta, ottima la performance su “Ashes To Ashes”. I quaranta minuti di esibizione si concludono presto, per lasciare spazio ai Brazen Abbot.
BRAZEN ABBOT
La curiosità di assistere all’esibizione dal vivo dei Brazen Abbot era forte, band di Nikolo Kotzev nella quale militarono personaggi di spicco come Glenn Hughes, Jorn Lande e gli ex Europe Mic Michaeli, John Leven, Jan Haugland. Fautori di un buon hard rock, i Brazen Abbot si presentano con un vocalist d’eccezione: niente di meno che Joe Lynn Turner, il frontman hard rock blues per eccellenza. che fu ugola dei Rainbow Personaggio un po’ sottovalutato, benché dotato di un particolare carisma da primadonna, che i sottoscritti hanno adorato negli anni ottanta all’epoca della collaborazione con Malmsteen. Il gruppo sprigiona grinta alla grande interpretando brani tratti dall’album “Eye Of The Storm” e “Bad Religion”, così come materiale dall’epoca Rainbow. La scelta di includere una band del genere si rivela una mossa azzeccata, anche perché tutti i presenti hanno modo di apprezzare le potente ugola di un grande Turner, particolarmente a proprio agio nelle vesti del frontman. Lo spettacolo si conclude con le canzoni dell’ultima fatica, risalente al 2005, “My Resurrection”.
MAJESTY
A causa del forfait dei Def Leppard, i Majesty prendono posto in alto nel bill dell’ultimo giorno del festival, infatti sono chiamati addirittura ad aprire per i Manowar. Sicuramente una scelta discutibile, senza nulla togliere alla band clone dei quattro guerrieri di New York. Grave Digger o Primal Fear non avrebbero affatto sfigurato come sostituti, comunque la band di Tarek è in gran forma, propone brani dai primi album, “Keep It True”, (non a caso Tarek è uno degli organizzatori dell’underground festival tedesco) e “Sword & Sorcery”, a nostro avviso uno degli album più belli della loro carriera. La band estrapola anche pezzi dall’ultimo “Hellforces” del 2006, come la stessa titletrack, che convincono un pubblico impaziente di accogliere gli headliner. Tarek, in battuta finale, annuncia un cambiamento del monicker: da Majesty a Metal Force, il che certamente non sarà sinonimo di cambiamento di attitudine. Peccato che la loro ostinazione a fare il verso ai Manowar li renda un po’ la parodia di loro stessi.
MANOWAR
La portata dell’evento è grandiosa, la tensione altissima e, come abbiamo potuto costatare oggi nel backstage, tralasciando la giornata di mercoledì 9 luglio dedicata ai fan, i Manowar si sono rivelati quasi inavvicinabili. Malgrado lo scetticismo dei sottoscritti, la prima e la seconda serata spazzano via ogni dubbio, se mai ce ne potevano essere. I Manowar sono in gran forma ed Eric Adams non sbaglia un colpo, riproponendo egregiamente i primi sei album, “Battle Hymns” “Into Glory Ride” e “Hail To England” la prima sera, “Sign Of The Hammer”, “Fighting The World” e “Kings Of Metal” la seconda. “Manowar”, “Violence And Bloodsheed”, “Guyana”, “Revelation”, “Hatred” e “Secret Of Steel” da quel capolavoro che è “Into The Glory Ride”, irrompono con una potenza inaudita all’unisono tra le le ovazioni di un pubblico in delirio. Il drumming di Rhino rende grandiose delle song mitiche come “Army Of Immortals”, “Bridge Of Death”, “Hail To England”, “Sign Of The Hammer”, “Thor”, “Animals”, “Mountains”, senza far rimpiangere l’assenza di Scott Columbus, assente per via di seri problemi familiari. Bella anche la coreografia offerta dai fan sventolanti le bandiere di tutto il mondo, le luci, il palco immenso. Sette ore complessive di musica in due serate senza eccessive interruzioni, che sono state poi le solite arringhe di Joey De Maio, il quale non ha risparmiato improperi rivolti a Whitesnake e Def Leppard. Una sorpresa è anche l’esecuzione di “Pleasure Slave”, mai suonata dal vivo fino ad ora, con tanto di mangiafuoco e una rappresentazione femminile sul palco molto coinvolgente (!). Potentissima come sempre “Warriors Of The World”, ruffiana sicuramente, ma imperdibile dal vivo; quindi è la volta del nuovo singolo “Die With Honor”, suonato in entrambe le serate, che si rivela essere un pezzo cadenzato e potente. Insomma, a parole non è facile da descrivere… bisognava esserci e ringraziare Joey De Maio e soci per la coerenza!