Non è un obiettivo semplice parlare di un concerto dei Manowar nel 2023 per una moltitudine di ragioni differenti – che vanno dal senso di incompiutezza dei loro recenti progetti discografici, a quella stramaledetta delusione data dalle loro assenze annunciate in extremis (e francamente non molto giustificabili), in location e festival prestigiosi come l’Hellfest o il Rock Fest di Barcellona, dove molti loro estimatori sono rimasti brutalmente a bocca asciutta.
Mettiamoci dentro anche delle scelte controverse per i nuovi membri della line-up e avremo il quadro completo di quella che è una formazione che tanto ci ha dato a livello emozionale, nonché di crescita personale, ma che ci ha anche amareggiato in più di un’occasione. Ciò nonostante, abbiamo deciso comunque di presenziare alla loro data ad Ulma, in Germania, per più motivi, inclusa la curiosità di vedere se, nonostante l’inesorabile scorrere del tempo, questi mostri sacri siano ancora in grado di proiettarci nel pieno della gloria battagliera, se non direttamente nel Valhalla. Al momento di metterci in viaggio, non siamo quindi ancora in grado di determinare se torneremo a casa affranti, o ancora una volta esaltati: ve lo raccontiamo di seguito. Buona lettura!
Come già accennato nell’intro, una volta giunti all’interno di questo palazzetto situato nella gradevole città di Ulma, a prenderci è un forte mix di emozioni di vario genere: da una parte la curiosità con una punta di scetticismo, dall’altra una sorta di esaltazione implacabile data dalla potenziale portata di ciò cui assisteremo molto presto; e ci aggiungiamo anche una leggera sensazione di amarognolo per via del costo sempre più alto del biglietto e persino del merchandise, considerando che per una t-shirt viene richiesta una cifra attorno ai quarantacinque euro, mentre per una felpa sfioriamo i novanta. Tuttavia, ciò che è innegabile è il senso di coesione percepibile tra gli astanti, tutti pronti a offrire da bere, fare amicizia e scambiarsi cenni ed esperienze personali legate ai Metal Kings, a parte un paio di smargiassi inclini evidentemente a creare disordini di cui parleremo più avanti.
Quando le luci si spengono e l’immancabile voce narrante annuncia l’arrivo della band on stage, l’istinto di sollevare le braccia al cielo si impossessa immediatamente di noi, e allo scoppio dei fuochi d’artificio sulle note della ormai immortale opener, intitolata come la band stessa, l’impianto sonoro sprigiona tutta la sua potenza musicale, giusto in tempo per permettere al vero fuoriclasse del combo di apparire prima nelle nostre orecchie, e poi dinnanzi ai nostri occhi. Lo possiamo infatti dire, Eric Adams da solo vale il prezzo del biglietto, ed è incredibile come il tempo sembri scorrere lento per lui e la sua voce vulcanica; ma pur trattandosi di figure invecchiate saremmo poco obiettivi a non ammettere di trovare in ottima forma anche Joey DeMaio (e il suo egocentrismo) ed il nuovo ingresso alla chitarra Michael Angelo Batio: il musicista, dopo alcune date di assestamento in cui alcune soluzioni utilizzate, tipiche del suo stile, cozzavano decisamente con le canzoni proposte, ha finalmente trovato la propria quadra riproponendole in maniera molto più fedele anche nelle fasi soliste, pur senza lesinare su qualche sfoggio tipicamente shred. Sul batterista Dave Chedrick c’è poco da dire, ma dobbiamo ammettere che l’attitudine ce l’ha tutta e pure il tocco non è male, senza contare che, vedendo il suo coinvolgimento nel corso del concerto, sembra proprio amare questi pezzi e la band che lo ha appena confermato come membro in pianta stabile.
Tante gioie e qualche dolore per la scaletta: la prima parte del concerto è pressoché ineccepibile, considerando la presenza in rapida successione di inni come le più ovvie “Kings Of Metal” e “Fighting The World”, così come di estratti meno scontati come “Holy War” e “Gates Of Valhalla”; e persino la recente “Immortal” dal vivo si dimostra tutto sommato funzionale e gradevole, al contrario di quanto ci si poteva inizialmente aspettare. Se a tutto questo aggiungiamo una scenografia d’effetto e un sapiente utilizzo delle fiamme, il divertimento è assicurato.
Preferiamo glissare sulla versione in lingua tedesca di “Heart Of Steel”, perchè una delle più belle ballad di sempre reinterpretata in una lingua diversa dall’originale perde sicuramente un po’ del proprio fascino, e passiamo direttamente a una seconda metà di show più incentrata sui pezzi del periodo anni ’90 della band – ad eccezione ovviamente della immancabile e fomentante “Hai And Kill” – cui vengono affiancati pezzi che ormai hanno poco da dimostrare: tra questi la ovvia “Warriors Of The World United”, la velocissima “King Of Kings”, l’inaspettata e devastante “The Power” o quella “Fight Until We Die” che precede l’encore, nonché l’apparizione sul palco dell’enorme aquila tanto cara ai fan del gruppo.
Sulla apprezzabilissima “The Dawn Of Battle” viene fermato temporaneamente il concerto, in quanto Joey e soci decidono di spendere qualche parola per sedare una mezza lite che si stava creando tra il pubblico, invitando tutti i presenti a trattare chi si trova al proprio fianco col dovuto rispetto, così da poter godere tutti insieme della musica proposta. Un gesto apprezzabile, così come il fatto che la suddetta canzone viene poi riproposta integralmente, una volta ristabilito l’ordine.
L’encore si apre col consueto discorso di Joey riguardo la fedeltà della fanbase tedesca, seguito dall’esecuzione in sede live della discussa “Laut Und Hart, Stark Und Schnell”, che in questa cornice continua a non convincerci, ma perlomeno fa sfoggio di una simpatica ridondanza tamarra, anche se sarebbe troppo lunga la lista di brani con cui l’avremmo volentieri sostituita, considerando la mole di assenze illustri: non sarebbe infatti stato male ascoltare una o due parentesi dedicate a “Hail To England” e “The Sign Of The Hammer”, stasera ignorati completamente, proprio come “The Triumph Of Steel”.
Fortunatamente, sull’accoppiata finale a base di “Battle Hymn” e “Black Wind, Fire And Steel” non esiste alcuna critica fattibile, e l’intero show può concludersi tra le ovazioni e le lacrime degli astanti, che malgrado tutti gli appunti negativi che si potrebbero fare sulla realtà musicale che si è appena esibita, continuano evidentemente a nutrire il proprio cuore a suon di fuoco, acciaio e vento nero in accordo con la canzone. Inclusi noi, che avremmo tuttora qualcosa da ridire nei confronti di alcune scelte del leggendario combo statunitense, ma come è obbligatorio dire in questi casi: questo è l’heavy metal, e questi, nel bene e nel male, sono i Manowar!
Setlist:
Manowar
Kings Of Metal
Fighting The World
Holy War
Immortal
Gates Of Valhalla
Herz Aus Stahl
Warriors Of The World United
Hail And Kill
The Dawn Of Battle
King Of Kings
The Power
Fight Until We Die
Laut Und Hart, Stark Und Schnell
Battle Hymn
Black Wind, Fire And Steel