A cura di: Alessandro Corno
Dopo l’incidente che aveva costretto il chitarrista Karl Logan e i Manowar a rimandare la pubblicazione dell’album e questo attesissimo tour, siamo finalmente riusciti a vedere i quattro Kings all’opera, anche se questo ha comportato ben 1200 km tra andata e ritorno da Stoccarda. Non potevamo certo mancare e, armati di una buona dose di CD, brioches e biscotti, partiamo all’alba in cinque su una Clio (!). Alle tre del pomeriggio siamo davanti alla Hans Martin Schleyerhalle, parcheggiamo non molto distanti dal bellissimo “Manowar truck” e rimaniamo colpiti dal fatto che, nonostante la data sia annunciata come sold out, nella zona ci sia solo un piccolo gruppo di agguerriti (e bevuti) fan. In realtà la situazione resta sorprendentemente la medesima sino all’apertura dei cancelli, quando la gente comincia ad affluire ordinatamente e soprattutto civilmente, evitando le code e la calca tipica dei concerti italiani. 15500 persone è la capienza massima dichiarata dell’arena e poco a poco tutti i posti vengono occupati. Allo stand del merchandising è anche disponibile una speciale maglietta omaggio per coloro che arrivano dall’estero e non perdiamo l’occasione per accaparrarci tale cimelio. I Manowar hanno organizzato le cose in grande, con un palco notevole, un impianto luci impressionante ed un’amplificazione dal suono potente e nitido. Non resta che godersi gli show dei due gruppi supporto, in trepidante attesa del botto finale…
HOLYHELL
Per chi non lo sapesse, gli Holyhell sono il gruppo in cui suona Rhino, il batterista che suonò su “The Triumph Of Steel” dei Manowar. Ci si aspetterebbe quindi un assalto sonoro, viste le doti tecniche e la velocità da Rhino sfoggiate su quell’album, e invece ecco che si piazza dietro al microfono Maria Breon, una gran bella figliola oltre che una buonissima cantante. Il concerto parte in sordina con un paio di pezzi cadenzati e ben suonati che purtroppo però peccano dal punto di vista dell’originalità e del coinvolgimento. Colpisce l’elevatissima qualità dei suoni ma l’heavy-power melodico del sestetto non fa presa sul già di per sé statico pubblico tedesco. L’ambiente si scalda solo quando durante “Phantom Of The Opera” Eric Adams sale sul palco e si rende partecipe di un bel duetto dai toni teatrali con Maria. Il concerto scorre via liscio con altri due pezzi estratti dal debutto “Apocalypse” e la cover di “Rising Force” di Malmsteen. Il pubblico applaude timidamente una performance tecnicamente ineccepibile ma sterile nei contenuti, priva di canzoni realmente degne di nota.
RHAPSODY OF FIRE
Dopo aver pubblicato un buon album come “Triumph Or Agony” ci si aspettava un altro tour da headliner (come nel 2002), del tutto lecito vista l’importanza e la notorietà che il quintetto nostrano ha raggiunto. E invece eccoli qui in veste di spalla, a completare il vecchio tour interrotto l’anno scorso a causa dell’incidente accaduto a Karl Logan. Il contesto è sì una buona opportunità per suonare di fronte ad un’audience vastissima, ma in questa occasione sembra che i Rhapsody of Fire vengano limitati proprio per via del ruolo di supporto che, tra l’altro, non li vede suonare di fronte al proprio pubblico. Si aggiunga poi che per motivi inspiegabili i suoni sono tutt’altro che eccezionali e, complice forse la nostra posizione subito sotto il palco, orchestrazioni e cori a malapena si sentono, e il risultato è un suono poco profondo e a tratti confuso. La band è comunque in forma e uno dietro l’altro vengono riproposti pezzi da tutti gli album. “Unholy Warcry” e “Last Angel’s Call” aprono le danze, seguite da “Village f Dwarves”, uno dei momenti migliori del concerto. Dopo “Land Of Immortals”, la lunga ed articolata “Erian’s Mystical Rhymes”, ben interpretata da Fabio Lione, precede i consueti assoli di basso e batteria. Si riprende con “Dawn Of Victory”, di diritto uno dei cavalli di battaglia del gruppo, seguita da “Lamento Eroico” con Fabio impegnato nella fedele esecuzione del pezzo. Si chiude con “A New Saga Begins” e l’inno “Emerald Sword”. Il fin troppo tranquillo pubblico applaude. L’impressione che resta è che i Rhapsody Of Fire abbiano i numeri per fare dei grandi show ed il ruolo di supporto sia a questo punto abbastanza riduttivo. Arrivederci al prossimo tour…da headliner!
SETLIST:
The Dark Secret – Ira Divina
Unholy Warcry
The Last Angels’ Call
The Village Of Dwarves
Land Of Immortals
Erian’s Mystical Rhymes (con assoli di basso e batteria)
Dawn Of Victory
Lamento Eroico
A New Saga Begins
Emerald Sword
Unholy Warcry
The Last Angels’ Call
The Village Of Dwarves
Land Of Immortals
Erian’s Mystical Rhymes (con assoli di basso e batteria)
Dawn Of Victory
Lamento Eroico
A New Saga Begins
Emerald Sword
MANOWAR
Eccoci qui a commentare l’highlight della serata, una band reduce dalla pubblicazione di un album molto criticato e che segna l’inizio di un nuovo corso. Questo è infatti “Gods Of War” e notevole era la nostra curiosità nel vedere se i nuovi pezzi, sinfonici e corali, avrebbero retto il confronto con le passate produzioni. La band, come di consueto, attacca con “Manowar” ed appare subito evidente la potenza e la qualità dei suoni, un vero e proprio muro sonoro dall’impatto impressionante. Stranamente il volume non è insopportabile come di consueto e la band appare in gran forma, con Eric Adams come al solito sugli scudi. Si prosegue con la spettacolare “Call To Arms”, per chi scrive uno dei migliori brani mai scritti dai Kings. A questo punto inizia una sequenza di brani che faranno rimpiangere a tutti i fan più attempati di non esser stati presenti all’evento. Già perché, una dietro l’altra, vengono sparate una serie di chicche quali “Gloves Of Metal”, “Each Down I Die”, “Holy War”, “Mountains” (spettacolare!) “The Oath” e “Secret Of Steel”…non ci sono parole. I quattro sono in palla e giustamente un amico commenta così la calma dell’audience tedesca: “se avessero fatto un concerto così in Italia sarebbe venuto giù il palazzetto e pure i condomini intorno”. Dopo il solito assolo di basso di Joey, con tanto di “William’s Tale”, è la volta di “The Gods Made Heavy Metal”(con un tizio pescato “a caso” dal pubblico che imbraccia la chitarra di Logan) e “Die For Metal”, quest’ultima decisamente più coinvolgente rispetto alla versione dell’album. Dopo “Kings Of Metal” Joey annuncia che, per ringraziare i fan della loro ormai assoluta fedeltà, la sua etichetta, ossia la Magic Circle Music, organizzerà il 7 luglio prossimo un festival non lontano da Francoforte, al quale suoneranno anche i Manowar e che costerà appena 10 euro. L’inno “Warriors Of The World United” rende alla perfezione e cede la scena a “BlackWind, Fire and Steel”. La band saluta il pubblico tra gli applausi e il solito “we will return!”, ma si capisce lontano un chilometro che le sorprese non sono affatto finite. Tocca ora infatti alle canzoni del nuovo disco e serve una breve pausa per dare il tempo ai tecnici di allestire una scenografia di tutto rispetto. Un pannello a forma di nave viene posizionato dietro alla batteria, sotto un megaschermo sul quale verranno proiettate immagini di battaglia e delle vicissitudini inerenti Odino narrate negli intermezzi. “The Blood Of Odin” introduce “The Sons Of Odin”, da sopra la platea viene spruzzata dell’acqua a creare un effetto simil-pioggia e una dozzina di guerrieri vestiti e armati di tutto punto irrompono sul palco ingaggiando epici combattimenti alle spalle di Eric. L’utilizzo di tastiere, orchestrazioni e cori preregistrati, unito ad un sound mostruoso (dei migliori che io abbia mai sentito) permette ai nuovi pezzi di rendere al meglio. Si passa alla tamarrissima “Glory Majesty Unity”, preludio ad una “Gods Of War” da urlo, tra spade e battaglie. Ci si avvia verso il gran finale ed è uno spettacolo vedere un concentratissimo Eric Adams cantare “Army Of The Dead, Part II” con alle spalle tutti i succitati guerrieri in formazione e con le spade sguainate. Sono passate due ore dall’inizio del concerto ma la band non mostra segni di stanchezza, Columbus prosegue nel suo monolitico drumming e Logan resta un po’ in disparte, vista la minor componente chitarristica delle nuove produzioni. “Odin” precede il botto finale, ossia “Hymn Of The Immortal Warriors”. Personalmente considero questo un gran pezzo, ma non mi sarei mai aspettato una resa così dal vivo. Infatti, vuoi per il fatto che sia stata cantata e suonata alla perfezione, vuoi per le torce, fiamme, luci e quant’altro accese sul coro finale, è stato impossibile evitare la pelle d’oca. Chiusura consueta con “The Crown And The Ring” a mo’di outro e soddisfazione sulle facce dei presenti, che salutano la band con cori e applausi. Stranamente è mancata la celeberrima “Hail And Kill”. Che dire, un gran bel concerto che ha saputo soddisfare sia chi voleva sentire qualche pezzo vecchio raramente proposto, sia chi, come il sottoscritto, era anche curioso di sentire i brani più recenti. Comunque la performance è stata registrata e comparirà su un DVD (ancora!) di prossima pubblicazione. Un’altra prova che i giorni della pensione sono ancora lontani…molto lontani.
SETLIST:
Intro: The Miracle And The Finale (Ben Hur)
Manowar
Call To Arms
Gloves Of Metal
Each Down I Die
Holy War
Mountains
The Oath
Secret Of Steel
Bass Solo
The Gods Made Heavy Metal
Die For Metal
Kings Of Metal
Warriors Of The World United
BlackWind, Fire And Steel
The Blood Of Odin
The Sons Of Odin
Glory Majesty Unity
Gods Of War
Army Of The Dead Part II
Odin
Hymn Of The Immortal Warriors
Outro: The Crown And The Ring
Manowar
Call To Arms
Gloves Of Metal
Each Down I Die
Holy War
Mountains
The Oath
Secret Of Steel
Bass Solo
The Gods Made Heavy Metal
Die For Metal
Kings Of Metal
Warriors Of The World United
BlackWind, Fire And Steel
The Blood Of Odin
The Sons Of Odin
Glory Majesty Unity
Gods Of War
Army Of The Dead Part II
Odin
Hymn Of The Immortal Warriors
Outro: The Crown And The Ring