Report a cura di Lorenzo “Satana” Ottolenghi
Iniziamo con un disclaimer, prima di raccontarvi la nostra trasferta a Monaco di Baviera: i Manowar si amano o si odiano, difficile avere vie di mezzo; se siete tra quelli che ricordano divertiti le mutande di pelo, i proclami contro i nemici del vero metal e l’ostentato machismo, allora fatevi un piacere e passate pure oltre questo report. Se, come chi vi scrive, amate (o avete amato in passato) questa band, allora siamo felici di raccontarvi uno show indimenticabile, di quelli che lasciano per sempre il segno; uno di quei concerti che, a vent’anni di distanza, si ricordano ancora in ogni singolo dettaglio. In una delle sue altisonanti uscite, Joey DeMaio ha recentemente affermato che non esiste e non esisterà mai un’ altra band come i Manowar. Se è vero che l’affermazione potrebbe, giustamente, essere fatta anche da esponenti di altri gruppi, altrettanto vero è che la musica dei Kings of Metal” è unica tanto quanto unico è il loro porsi all’interno del mondo metal, della dimensione live e verso i propri fan. Quante band suonano per più di due ore senza il minimo calo di qualità? In quanti concerti, finito lo show, il pubblico si ferma nella venue per più di un’ora a cantare, nonostante il palco sia ormai vuoto e le luci accese? Questi sono i Manowar e questo è un loro concerto. Di più: questa è una data del loro tour di addio. Si può essere oggettivi sulla riuscita tecnica dell’evento, ma l’amore (o l’odio) per questo gruppo trascendono, spesso, ogni aspetto. Mettete nello stereo un disco dei Manowar, girate la manopola del volume a destra e sollevate le braccia nel ‘sign of the hammer’, noi proveremo a raccontarvi come è andata e a farvi vivere questo evento unico.
Più di venti pezzi per oltre due ore di concerto, ripercorrendo tutti i lavori della band (escluso l’ultimo, non proprio riuscitissimo, “The Lord Of Steel”): ecco il Final Battle World Tour, il tour di addio dei Manowar, una delle band più iconiche e carismatiche nell’intero panorama metal, dalla sua nascita a oggi. Lo Zenith di Monaco è, per la seconda sera di fila, gremito e i Kings of Metal si fanno attendere per circa un quarto d’ora; quando le luci si spengono, un boato colossale accoglie le note diffuse dal mastodontico impianto audio, l’introduzione “The Miracle And Finale” di Miklós Rózsa. Le braccia si sollevano a formare il ‘sign of the hammer’ e finalmente si comincia con “Manowar”. Come si conviene, i volumi sono assordanti ma chiari e definiti: il basso di Joey DeMaio (abbandonate le distorsioni discutibili degli ultimi tempi) è potentissimo e rimbomba nello stomaco, la chitarra di Karl Logan è piena, tagliente e ugualmente devastante, mentre – fin da subito – il giovane Marcus Castellani, chiamato a sostituire un Hamzik mai del tutto convincente, si presenta con un drumset degno del compianto Scott Columbus e, se non arriva alla sua potenza, di certo gli si avvicina. Parte il cantato ed Eric Adams fa il suo ingresso sul palco. Inizia un sing-along che non si fermerà per tutta la durata del concerto. Il boato che accoglie la fine del primo pezzo viene sommerso dall’inizio di “Blood Of My Enemies”: qualche problema alla voce, palesatosi nel primo pezzo, viene aggiustato verso metà di questo secondo brano, così che, quando inizia “Metal Warriors” con la voce del solo Adams, questa deflagra cristallina e potente come non la sentivamo da anni. E’ innegabile che il vecchio Eric non può e non possa avere la voce di trent’anni fa (e lo ha dimostrato sia su disco che dal vivo), ma qua sembra sconfiggere le leggi stesse della Natura, sciorinando acuti e potenza invidiabili, aiutato da qualche effetto che, però, non è mai invadente. I Manowar proseguono incessanti nella loro carica gloriosa, con “Brothers Of Metal Pt. 1”, che confluisce in una struggente “Mountains”. I filmati e gli effetti proiettati sullo schermo enorme dietro il palco fanno il loro lavoro e creano la giusta atmosfera, senza mai distrarre dai veri protagonisti dello show, e l’atmosfera magica creata da un pezzo a tratti intimo ed evocativo ci dimostra come i quattro siano affiatati e in forma strepitosa. La commuovente “Fallen Brothers”, assolo di chitarra di Karl, è accompagnata dalle foto che scorrono di amici, membri della crew e collaboratori che, durante la lunghissima carriera della band, ci hanno lasciato: inutile dire che le ovazioni maggiori vengono tributate agli amici Lemmy e Ronnie James Dio, alle guest d’eccellenza Orson Welles, Arthur Pendragon Wilshire e Christopher Lee, fino a Scott Columbus, l’unico vero, eterno batterista dei Manowar. Il momento diventa ancora più sentito quando l’assolo di Logan si trasforma di “Heart Of Steel” (“Herz Aus Stahl”, per essere precisi, come sempre accade in Germania). Tanto già basterebbe a chiudere in modo sentito ed evocativo il concerto e invece siamo a un terzo della setlist. Si riparte con “Secret Of Steel”, brano in cui Eric Adams ci regala una prova vocale impressionante, degna del 1983 e forse uno dei momenti più potenti di tutto il concerto. Segue “Spirit Horse Of The Cherokee”, canzone che i Manowar hanno rispolverato per questo tour dopo quindici anni, con un arrangiamento leggermente differente dalla versione su disco. Si prosegue con le anthemiche “Call To Arms” e “Sons Of Odin”, fino al trionfo di “Kings Of Metal”, con il consueto sing-along del pubblico che, sullo storico verso ‘other bands play, Manowar kill!’ diventa assordante. Il frastuono non si placa quando Eric introduce brevemente Marcus Castellani con quella che ha il sapore di una benedizione impartita direttamente dagli Dei del metal (‘sentirete parlare di questo ragazzo in futuro’), fino a quella fatidica frase che molti fan aspettano: ‘Ladies and gentlemen, mister Joey DeMaio’. “Sting Of The Bumblebee” viene eseguita in maniera furiosa e, poi, ecco il discorso che caratterizza ogni concerto dei Manowar: il Joey’s speech che tanti seguaci dei Manowar attendono trepidanti. Una strigliata alla security, l’invito a qualcuno tra il pubblico a chiudere la bocca quando Joey parla se non vuole, be’ potete immaginare il seguito della frase… Non staremo a riportarvi quanto detto, sia perché decontestualizzato dal momento avrebbe poco senso, sia perché un Joey’s speech va vissuto e non raccontato. Si riparte con un trittico micidiale: “Fighting The World”, “Sign Of The Hammer” e “The Power”, fino a “Battle Hymns” che (idealmente) chiude il concerto. I Manowar spariscono nel backstage, ma tutti sanno che manca ancora qualcosa. La band viene invocata dagli astanti, nonostante già quasi due ore di concerto siano passate, ed ecco i Nostri tornare sul palco. Gli encore iniziano con “Warriors Of The World United”, forse l’anthem metal per eccellenza, cantata a squarciagola da tutto il pubblico; segue l’immortale “Hail And Kill” e, a concludere, “Black Wind, Fire And Steel”. I Manowar ringraziano e lasciano il palco, mentre le casse diffondono l’intramontabile “The Crown And The Ring”. Siamo esausti, fradici di sudore e praticamente afoni, ma la sensazione lasciata dai Manowar non accenna a sopirsi, così ci uniamo a uno dei tanti gruppi di fan che, imperterriti, proseguono a cantare canzoni dei loro idoli, e così passiamo un’altra ora. Cosa si può dire di un concerto simile? Proviamo a ‘staccare’ il cuore da fan, analizziamo il lungo show alla ricerca di un difetto ma – anche a distanza di un paio di giorni – non ne troviamo. Sappiamo che il costo del biglietto non è certo popolare e che le trasferte all’estero portano sempre un esborso non indifferente, ma non possiamo che consigliarvi di vedere una data di questo tour finale dei Manowar, dei musicisti che, piaccia o meno, hanno scritto la storia di un genere e lo hanno definito con dei connotati inarrivabili. L’ennesimo concerto degli Iron Maiden, l’ennesimo ritorno dei Judas Priest o l’artefatta reunion degli Helloween… Questo è il vero evento Heavy Metal dell’anno. Alcuni potranno non essere d’accordo e ogni opinione é lecita. Lecita, sì, ma con l’unica risposta che darebbero i Re del Metal: ‘whimps and posers, leave the hall!’.
Setlist:
The Miracle And Finale (Miklós Rózsa Song)
Manowar
Blood Of My Enemies
Metal Warriors
Brothers Of Metal Pt. 1
Mountains
Fallen Brothers – Karl’ Solo
Heart Of Steel
Secret Of Steel
Spirit Horse Of The Cherokee
Call To Arms
Sons Of Odin
Kings Of Metal
Sting Of The Bumblebee
Joey’s Speech
Fighting The World
Kill With Power
Sign Of The Hammer
The Power
Battle Hymns
Warriors Of The World United
Hail And Kill
Black Wind, Fire And Steel
The Crown And The Ring