Report a cura di Andrea Intacchi
In attesa della “Viktoria” definitiva (il nuovo album uscirà il prossimo 22 giugno), l’annuale invasione europea dei Marduk si è riversata anche sull’intera penisola italiana lasciando dietro di sé il classico e inconfondibile solco sanguigno tracciato ormai da tempo dal Panzer scandinavo. Da Vercelli a San Donà di Piave, passando per Roma e Brescia, il ‘fuoco e fiamme’ dei lupi svedesi ha messo in mostra uno stato davvero invidiabile della macchina d’assalto guidata dal buon Morgan Hakansson. Ad accompagnarli nel tour, completando così un perfetto quadretto guerrafondaio (e non aggiungiamo altro) tinto di black, i norvegesi Ragnarok, i polacchi Infernal War e, per la data di Brescia, gli spagnoli Atrexial. Ci troviamo infatti al Colony dove, purtroppo, nonostante la buona prestazione di tutte le band salite on stage, l’affluenza registrata è stata abbastanza ‘scarsina’. Del resto, se tre dei quattro concerti previsti sono stati organizzati in altrettanti locali del nord Italia, il dubbio di una possibile divisione del pubblico era più che preventivabile. Ma tant’è: in perfetto orario entriamo nel Colony proprio mentre gli Atrexial danno avvio al proprio show. Buona lettura!
ATREXIAL
Supportati dai fan della primissima ora, i quattro iberici ci presentano, nella mezz’ora a loro disposizione, un mix di black/death made in Svezia/Polonia, compatto e genuino, riuscendo così ad introdurre fin da subito quell’aura di malignità che proseguirà la sua ascesa con le band a venire. Forti del debutto sulla lunga distanza, “Souverain”, avvenuto lo scorso anno, il gruppo di Barcellona ci propone una setlist diretta, senza fronzoli e con l’aggiunta di alcuni frangenti più glaciali e pungenti, dimostrando una certa dimestichezza nella gestione del palco oltre che ad una discreta qualità individuale di tutti i componenti. Guidati dal singer e chitarrista Louen, gli Atrexial ci propongono sei estratti dall’album sopracitato, tra i quali meritano una citazione la title-track stessa e la più diabolica “The Hideous Veil Of Innocence”. La serata si apre degnamente, ma ora attenzione, si comincia a pestare e di brutto: arrivano gli Infernal War.
Setlist:
Catharsis Through Torment
Trinity
The Hideous Veil Of Innocence
Unmerciful Imperial Majesty
Under The Scorge Of Lamashtu
Souverain
INFERNAL WAR
Arrivano dalla Polonia e in trenta minuti fanno piazza pulita. Letteralmente. Sorretti da una sezione ritmica a dir poco tellurica, telecomandata alla perfezione dal drummer Stormblast, gli Infernal War prendono immediatamente d’assalto lo stage grazie ad una presenza scenica semplice ma dannatamente d’impatto. E mentre la parte strumentale, basso e due chitarre, si assesta in posizione sparando a zero sulla folla, è il singer Heretik Hellstörm (che sostituisce durante il tour il singer ufficiale della band, Herr Warcrimer) ad indiavolare la scena incitando continuamente il pubblico, innalzando a squarciagola i sette brani previsti. Una setlist che, come si poteva preventivare alla vigilia, pesca soprattutto dall’ultimo, nonché migliore, album dell’act polacco: da “Axiom”, infatti, vengono proposte, oltre alla titletrack, “Coronation”, “Into Dead Soil” e “Paradygmant”, per quello che si configura come un autentico fiume d’odio da far straripare lungo ogni angolo del locale. Carismatici, mitraglianti e nel contempo freddi, gli Infernal War si guadagnano più di un plauso, oltre alle consuete imprecazioni di vario genere, da parte dei presenti. Il secondo assalto è andato a segno. Ora è il turno dei Ragnarok.
Setlist:
Coronation
Spill The Dirty Blood Of Jesus
Into Dead Soil
Crushing Impure Idolatry
Paradygmant
Spears Of Negation
Axiom
RAGNAROK
Fredda, maligna, essenziale. Così si presenta la creatura norvegese generata più di vent’anni fa dal batterista Jontho, spostatosi nell’ultimo periodo al microfono, lasciando così il posto dietro le pelli al giovane Malignant. Non avendo album da promuovere, il quartetto scandinavo propone una sorta di greatest hits del proprio repertorio, spaziando così tra il primissimo “Nattferd” del 1995 sino all’ultimo “Psychopathology”, rilasciato due anni fa; peccato, a tal riguardo, l’esclusione dalla setlist di brani provenienti dal mitico “Arising Realm”. Ma veniamo a noi. A dispetto di un’acustica globale a dir poco perfetta, l’inizio dello show dei norvegesi fa registrare più di un problema ai danni della chitarra di Bolverk, tanto che l’opener “Dominance & Submission” è praticamente saltata a causa dei continui ‘vuoti’ sonori. Risolto l’inghippo tecnico, ci pensano “In Nomine Satanas” seguita dalla brutale “Blood Of Saints” a rimettere ordine tra le fila coinvolgendo in pieno i presenti. Come funziona Jontho in versione live? Diciamo che, se su disco i risultati sono stati più che buoni, dal vivo il capo-Ragnarok va molto di ‘mestiere’ arrivando comunque ad una prestazione discreta, senza infamia e senza lode. Con lui risalta pure la figura gnomesca dello stesso Bolverk, chitarrista senza collo e caricato a molla, autentica macchina fulminea di riff. Addobbati di tutto punto, con tanto di corpsepaint e croci rovesciate, i Nostri fanno un salto indietro nel tempo sfoggiando la velocissima “Pagan Land”, prima di proporre uno dei brani più riusciti tra quelli contenuti nell’ultimo full-length, la sontuosa e glaciale “Infernal Majesty”. Episodi più ‘corali’ e atmosferici si alternano ad autentiche bombe micidiali come la letale “It’s War”, sicuramente il pezzo meglio eseguito dal gruppo. A chiudere i battenti, ci pensa un altro brano storico: tra uno ‘sparo e l’altro’, “Blackdoor Miracle” fa calare il sipario su una band che, forte ormai di una certa esperienza, è riuscita, pur senza picchi demoniaci, a tenere avvinghiato alle transenne più di un fan. E adesso si attende l’headliner.
Setlist:
Dominance & Submission
In Nomine Satanas
Blood Of Saints
Collectors Of The King
Pagan Land
Murder
Infernal Majesty
It’s War
Blackdoor Miracle
MARDUK
Alle 23 svizzere, le ombre dei quattro svedesi si stagliano finalmente sul palco. Il motore bellico sta per accendersi e, come vuole la tradizione, i saluti non sono mai di casa. Si parte e basta. E come poteva iniziare il qui presente March Of Blood And Iron Tour se non con la canzone simbolo degli attacchi militar-sonori sferzati da Morgan e compagni? “Panzer… Division… Marduuuuk!“: la voce marcia e letale di Mortuus fa scoppiare la miccia di un brano che, nel giro di nemmeno un minuto, viene spazzato via come un’autentica bomba ad orologeria. E sono proprio gli ordigni ad introdurre quello che nel ’99 era il secondo pezzo della tracklist ‘panzeriana’: “Baptism By Fire” miete vittime, non fa sconti, mentre là nell’angolo il deus ex-machina della band scandinava spara riff micidiali, potenti e precisi. Ormai oliato di tutto punto, il carro armato Marduk si muove alla perfezione, confermandosi sempre più come una delle realtà di assoluto livello in ambito black metal, oltre che sinonimo di garanzia in sede live. Un aspetto, questo, non di poco conto visto che, qualche anno fa, più di un dubbio era sorto circa una certa monotonia, in studio e on stage, affiorata in seno alla band stessa. Ma, come dimostrato dall’ultimo “Frontschwein”, la grinta espressiva e compositiva è tornata prepotentemente a farsi sentire e quest’oggi ne abbiamo avuto l’ennesima prova. Proprio dall’ultima release viene proposta la ‘militaresca’ “Blonde Beast”, ormai fissa nei live made in Marduk, prima di sfoggiare un’altra perla del passato, quella “Of Hell’s Fire” eseguita con la classica solida malignità. Assodata, dietro le pelli, l’ottima performance di Fredrik Widigs, un cenno particolare va fatto sicuramente a Mortuus, forse meno appariscente di chi lo ha preceduto ma sicuramente più letale e potente. E dopo la più ‘cadenzata’ “The Levelling Dust”, dall’imminente “Viktoria” viene estratta “Werwolf”, il cui singolo è già online da alcune settimane. Che dire? Il filone è quello seguito dal precedente “Frontschwein”, come identica è la cattiveria in sede di esecuzione: a scapito di un songwriting non fantasmagorico, la violenza e l’impatto sonoro possono fare dormire sonni tranquilli a tutti i fan del combo svedese. Senza aggiungere la benché minima parola, se non l’introduzione del brano, il cingolato di Norrkoping prosegue la sua marcia inossidabile, tra una “Cloven Hoof” e una tempestosa “Throne Of Rats”. E se con “Between The Wolf-Packs” si torna al presente, per i cuori nostalgici arriva in soccorso una ‘celestiale’ “Burn My Coffin”, prima di un secondo brano, anch’esso di livello, della prossima ‘vittoria’, “Equestrian Bloodlust”. L’assalto della Panzer Division sta per concludersi, ma prima di non-salutare i presenti i Nostri ci regalano la classica e ultra acclamata “Wolves” e una celebrativa “Serpent Sermon”, a chiudere una battaglia che ha un solo vincitore: si chiama Marduk ed anche stavolta ha portato a termine la missione.
Setlist:
Panzer Division Marduk
Baptism By Fire
The Blond Beast
Of Hell’s Fire
The Levelling Dust
Werwolf
Cloven Hoof
Throne Of Rats
Between The Wolf-Packs
Burn My Coffin
Equestrian Bloodlust
Wolves
Into Utter Madness
Serpent Sermon