A cura di Maurizio “MorrizZ” Borghi [Milano], foto di Giuseppe Craca [Treviso]
Dopo aver pubblicato l’episodio meno fortunato della sua carriera artistica (un album uscito istantaneamente da ogni tipo di playlist), e riuscendo a farsi notare solo per aver contratto la febbre suina (nemmeno più per strambezze o flirt con la bad girl di turno) Marilyn Manson approda in Italia per due date, a Milano e a Treviso. Ci siamo recati al Palasharp convinti di trovare i fan più affezionati, ma mistress e gothic lolitas pare abbiano lasciato il posto ad un pubblico occasionale ed eterogeneo, attratto dagli echi del Manson che fu. Una catasta di brutti segnali insomma…
ESOTERICA
Gli inglesi Esoterica sembrano una band assemblata a tavolino come riempitivo per le pagine di Kerrang! e tappabuchi tra pubblicazioni goth rock decenti. La musica che propongono, del tutto innocua, non fa che rispecchiare i cattivi pensieri che avevamo in mente, facendo crollare l’interesse per le melodie lascive e gli echi new wave in pochi minuti. La formazione non ha l’energia per riscaldare il Palasharp semivuoto né pezzi tanto buoni da riuscire a coinvolgere al primo ascolto. Probabilmente una delle tante meteore “di scena”…
MARILYN MANSON
Ci sono tanti modi per giudicare un concerto. Stasera Marilyn Manson ha fallito in ogni tipo di scala e metro di giudizio a parere di chi scrive. Avendolo seguito nella pessima performance da headliner al Graspop Metal Meeting le aspettative erano basse, ma nell’obiettività una ‘serata no’ non la si nega a nessuno, eccoci quindi a presenziare al Palasharp per tastare il polso di colui che, tempo fa, faceva tremare le istituzioni. Oggi Marilyn Manson non smuove nemmeno un ingenuo pretucolo di periferia, e della sua calata italica non si è letto nemmeno sui quotidiani gratuiti da metropolitana. Bastano pochi minuti per avere la tragica conferma: durante l’opener “Cruci-Fiction in Space” è solo una nebbia fittissima, all’interno della quale Marilyn gioca con dei laser applicati alle sue dita. Appena diradato il nebbione l’ex God Of Fuck ferma tutto, prendendosela con qualcuno nelle prime file, colpevole di avergli tirato addosso un po’ d’acqua. La scenetta dura diversi minuti, causando l’imbarazzo della band e la noia del pubblico. Solo ai primi cori infastiditi la primadonna ricomincerà lo show, bullandosi anche nel perdonare il responsabile. “Disposable Teens” sembra voler risollevare le sorti di un concerto partito troppo male, ma è palese come la formazione, semplicemente, non ce la fa. Se Manson è ingrassato, imbolsito e ha il fiato corto il redivivo Twiggy Ramirez (ora alla chitarra) è poco più di una mummia inchiodata davanti alla sua spia, che sembra dover guardare il manico della chitarra per non fare scivoloni. Vrenna e Fish sono limitati dal loro strumento, l’unico a tentare di movimentare la situazione è quindi il bassista Andy Gerold, a cui però con tutta probabilità è stato imposto di non muoversi dalla X sul pavimento alla destra di Manson – ovviamente, da bravo turnista, Andy ha svolto il lavoro in maniera impeccabile. Lacunoso dal punto di vista scenico e terribilmente carente nello scambio emotivo col pubblico, lo show ha dei lievi sussulti nelle esecuzioni dei classici (“The Dope Show”, “Rock Is Dead”, “Sweet Dreams”) ma risulta nel complesso davvero povero, soprattutto nelle esecuzioni dei nuovi brani (la mediocre “Four Rusted Horses” su tutte) e nelle supposte “chicche” (leggasi la cover di “Rock ‘n’ Roll Nigger” di Patty Smith, accolta nel silenzio). Anche nella prevedibile conclusione di “The Beautiful People” la band arranca: un segnale inequivocabile che denota come lo scettro non sia più nelle mani di Marilyn Manson, morto come artista, come rocker e, dobbiamo annotare tristemente, anche come intrattenitore.