26/07/2017 - MARILYN MANSON + THE CHARM, THE FURY @ Castello Scaligero - Villafranca Di Verona (VR)

Pubblicato il 01/08/2017 da

Report a cura di Chiara Franchi

Più o meno un anno fa, qualcuno ironizzava su come il comeback dei Blink 182 alla radio e quello di Star Wars nelle sale cinematografiche ci avessero riportato al 1999. Un revival che sembra proseguire anche nel 2017, stavolta nella forma di qualcosa che avremmo volentieri lasciato nel cassetto dei ricordi di quegli anni insieme ai chocker-tattoo: le polemiche di genitori e cattolici contro il ‘satanista’ Marilyn Manson, sommo deviatore di giovani e responsabile di una certa percentuale di mali del mondo. Nulla a che vedere coi fatti di Columbine, stavolta. In questo caso, la bagarre ha trascinato nell’occhio del ciclone Villafranca, graziosa cittadina alle porte di Verona e sede della fiabesca location del Castello Scaligero, preannunciata cornice di una delle tre esibizioni che il Reverendo terrà quest’anno nel nostro paese. Quale, dunque, il motivo del contendere? Pare che una parte dei villafranchesi, guidati da un comitato di non meglio specificati educatori e dal vescovo della diocesi veronese, temesse catastrofiche derive morali nei loro teenager, roghi di Bibbie, conversioni in massa al culto di Belial e adunate di demoni nel cielo sopra Piazza Castello. Tutto per colpa di un’ora e mezza di concerto di un quarantottenne americano in discreto sovrappeso, colpevole di impersonare un alias artistico provocatorio e di parlare di droga, sesso e Satana con una faccia meno rassicurante di quella di Rihanna. Ci viene da pensare che forse i villafranchesi che hanno firmato la petizione anti-Manson leggano poco i giornali e accendano poco la tv, per imputare al signor Brian Warner così tanta importanza nella decadènce dei costumi del Ventunesimo secolo. Da parte nostra, pur avendo apprezzato la sua performance, ci sentiamo di imputare al signor Warner un altro tipo di decadènce, legata più al suo peso che alla corruzione della sua anima.

 


THE CHARM, THE FURY

Mentre il sole cala dietro i bastioni del castello, il quintetto olandese The Charm, The Fury sale sul palco davanti ad una platea già numerosissima e ben disposta a lasciarsi trascinare dalla sua proposta musicale. Proposta che, invero, non siamo riusciti del tutto a capire. I The Charm, The Fury sembrano infatti un po’ indecisi su quale delle loro due anime assecondare, se quella groove à la Pantera o quella trendy dei ritornelli quasi pop. Non giocano a loro favore nemmeno i volumi, decisamente troppo alti e a tratti penalizzanti. Tuttavia, la band si difende egregiamente infilando una setlist coinvolgente ed orecchiabile, che fa presa quasi immediata sull’uditorio. I singoli “Weaponized”, “Down On The Rope” e “Echoes” mantengono le promesse fatte in cuffia e, anzi, guadagnano qualche punto grazie all’energica performance della frontwoman Caroline Westendrop, una sorta di ipotetica figlia di Phil Anselmo e Rita Ora che si rivela l’assoluta colonna portante della band – circostanza che diventa ancora più chiara quando lascia il palco ai suoi fidi scudieri per una breve citazione strumentale di “Seek And Destroy”. Per essere una band con soli due album all’attivo e sette anni di carriera alle spalle, i The Charm, The Fury hanno sicuramente dimostrato di avere stoffa: solo il tempo ci dirà se saranno in grado di fare il salto di qualità definitivo e di definire appieno la loro identità artistica.

MARILYN MANSON

Da buon vampiro, Marilyn Manson attende il calare delle tenebre prima di palesarsi. Eccoci dunque ad aspettare il sorgere della luna mentre dagli altoparlanti una diabolica Diamanda Galas intona la sua versione di “I Put A Spell On You” – scelta che suscita qualche sorrisetto sarcastico nella platea, probabilmente poco avvezza alla vocalità di questa artista. Quando l’oscurità si fa totale, i drappi che nascondono il palco scivolano via, lasciando spazio ad un gigantesco trono nero. L’allestimento scenico è giocato su pochi elementi di grande impatto e su un’impeccabile gestione delle luci, vere protagoniste visive della performance. Manson entra in scena da re, intonando la nuova “Revelation #12” a volumi esagerati dal suo mastodontico scranno. Il brano si rivela un opener efficace, che si sposa a meraviglia con l’inconfondibile voce del Reverendo. Inconfondibile nel bene e nel male: che Brian Warner sia un performer di grandissimo carisma è cosa nota, ma altrettanto noto è che le sue doti canore non siano propriamente eccelse. Tuttavia, l’unica pecca di questa esibizione non sta tanto nelle stecche o nella stanchezza vocale di Manson, quanto nella sua apparente stanchezza fisica. Per non avere neanche cinquant’anni, infatti, Mr. Warner sembra abbastanza provato: certo, è ancora istrionico e coinvolgente, ma al tempo stesso dà l’impressione di essere invecchiato prima del tempo. Ciò non ci impedisce di tornare adolescenti sulla carichissima tripletta “This Is The New Shit” – “Mobscene” – “The Dope Show” (“The drugs, they say, are made here in Italy”), cui fa seguito una “Great Big White World” condita da qualche frase di circostanza su quanto il pubblico della serata sia in assoluto il migliore. Ciò che noi possiamo davvero definire ‘migliore’, dal canto nostro, è la superlativa performance dei musicisti, probabilmente tra le più notevoli che abbiamo visto negli ultimi anni. Lo show prosegue con “No Reflection” e la struggente cover di “Sweet Dreams” degli Eurythmics, preceduta da una lunga pausa (non la sola, a essere sinceri, e forse l’unica veramente motivata) necessaria per imbragare Manson in trampoli e stampelle e per presentare il nuovo intermezzo strumentale “1°”. Meritano sicuramente una menzione gli altri due nuovi brani proposti durante lo show, tratti dall’imminente “Heaven Upside Down”: “We Know Where You Fucking Live”, buona ma lungi dall’essere epocale, e la più convincente “Say10”, accompagnata dall’apparizione sul palco di una fan in topless. Apparizione che il Reverendo sembra aver gradito, visto che tenterà di invitare giovani donne seminude on stage anche su “The Reflecting God”. Warner sprinta in vista del traguardo con la graffiante “Irresponsible Hate Anthem”, per poi salutarci avvolto in una palandrana rossa sulle note malinconiche di “Coma White”. Una performance non esente da limiti ma comunque emozionante, soprattutto per chi da ragazzino veniva guardato con sospetto per il suo apprezzamento nei confronti di Manson. Che, al di là di tutte le critiche, è stato forse il primo artista metal a entrare con così tanta prepotenza nell’immaginario di chi nulla ha a che fare col metal, ad affermarsi nello star-system hollywoodiano e a diventare un’icona ‘pop’ di stile, di un certo modo di porsi e di esprimere la propria personalità creativa. Sarà per questo che un suo concerto suscita ancora piogge di critiche mentre nessun vescovo sembra preoccuparsi delle calate dei Mayhem nella propria città?

Setlist:
Revelation #12
This Is The New Shit
mOBSCENE
The Dope Show

Sweet Dreams (Are Made Of This) (Eurythmics)
Disposable Teens
We Know Where You Fucking Live
Deep Six
The Beautiful People
Say 10
The Reflecting God
Irresponsible Hate Anthem
Coma White

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