La carriera dei Mastodon sin qui è stata caratterizzata da un crescente successo e da una progressione sonora che ha portato la band americana a non soffermarsi mai sui pur brillanti risultati di un disco, preferendo mettersi in discussione con nuovi ingredienti. La formula della sperimentazione non è cambiata neppure con l’ultimo “The Hunter”, altro gioiello da aggiungere alla collana di grandi dischi cui i Mastodon ci hanno abituato; un album che ha portato una forma canzone a tratti più snella ed immediata, nonché focalizzato l’attenzione su parti vocali mai così belle dal punto di vista della ricerca melodica. Grande attesa dunque per testare le nuove composizioni e, in generale, la prestazione di una band non sempre impeccabile nelle esibizioni dal vivo.
RED FANG
L’idea di iniziare il concerto alle 20:30 porta con sé un pubblico adeguato anche per la band di supporto. L’Alcatraz milanese, in versione ridotta per l’occasione, presenta già un bel pienone allorchè i Red Fang salgono sul palco per scaldare i presenti dal clima rigido sofferto in giornata. Il sound caldo e potente che unisce lo sludge metal con partiture southern rock e stoner si fa apprezzare per compattezza e incisività grazie all’ottima coesione mostrata dalla band statunitense. Dal punto di vista compositivo non possiamo certo elevare l’originalità del quartetto originario dell’Oregon, ma questo tipo di sonorità rotonde e pastose, influenzate pesantemente dalla scena ’70 e non immuni da incursioni psichedeliche, se suonate come si deve, fanno ancora il loro effetto ed i Red Fang in questo senso hanno l’esperienza giusta per centrare il bersaglio. Nei quaranta minuti circa a disposizione, la band di Portland passa in rassegna le due pubblicazioni sin qui all’attivo, con una prima parte di spettacolo dedicata al recente “Murder The Mountains” ed un finale ad appannaggio dell’omonimo debutto uscito nel 2009. Il pubblico gradisce con applausi e cori di supporto! Missione compiuta.
MASTODON
L’arena è ormai stracolma quando arriva il turno dei Mastodon, accolti con grande entusiasmo dal pubblico sulle note di “Dry Bone Valley”, tra le tracce più immediate dell’ultimo “The Hunter”, in cui si mette in evidenza un ottimo Brann Dailor alla voce, oltre che naturalmente dietro le pelli. La coreografia è piuttosto essenziale, con un eccellente impianto luci a farla da padrone, mentre il sound privilegia forse troppo i bassi, penalizzando leggermente le chitarre. La band statunitense appare subito determinata, poco loquace e intenzionata a dar spazio unicamente alla musica, azzerando qualsiasi forma di colloquio con il pubblico o pausa tra una canzone e l’altra. E’ così che veniamo assaliti dal turbine sonoro di “Black Tongue”, “Crystal Skull” e “Colony Of Birchmen”, per citare l’inizio dirompente di Brent Hinds e soci. Come prevedibile, ampio spazio per il pluricitato ultimo disco dei Mastodon, dal quale il pubblico sembra apprezzare soprattutto “Blasteroid”, “All The Heavy Lifting” e il contagioso singolo “Curl Of The Burl”. Grande considerazione anche per il capolavoro “Leviathan” e “Blood Mountain”, tributati di numerosi estratti, tra i quali spiccano “Megalodon” e “Sleeping Giant”, quest’ultima ideale con le sue tinte psichedeliche per spezzare il ritmo forsennato dello spettacolo. Le orecchie del pubblico più esigente sono focalizzate soprattutto sulle parti vocali, da sempre tallone d’achille della band, e anche questa sera, invero, eseguite in maniera tutt’altro che impeccabile. I Mastodon si dimostrano una band senza un vero e proprio cantante, che spesso e volentieri fatica a riprodurre dal vivo quanto possiamo apprezzare su disco e, in questo senso, le difficoltà riscontrate in “Crack The Sky” o “Bedazzled Fingernails”, per non parlare dei frequenti sbalzi vocali di Brent Hinds e Troy Sanders, sono quanto mai emblematiche. Per fortuna, l’intensità delle canzoni, unita all’ottima perizia strumentale del quartetto originario di Atlanta, sopperisce in parte all’inconveniente. Qualche rammarico resta, ma i miglioramenti rispetto agli esordi sono altresì visibili e, inoltre, un finale apocalittico ci riconcilia con la band. Per chiudere la serata, infatti, i Mastodon pensano bene di riservarci due perle tratte dall’indimenticato debutto “Remission” (“Where Strides The Behemoth” e “March Of The Fire Ants”), alternate a “Blood And Thunder” e “Iron Tusk”. Risultato: impossibile non lasciarsi andare all’headbanging più sfrenato. Sembra la degna chiusura, e invece i quattro dalla Georgia ritornano sul palco tra gli applausi e insieme ai compari Red Fang danno vita ad un suggestivo finale sulle note dell’inno corale “Creature Lives”. Il concerto di stasera ci ha detto soprattutto che i Mastodon stanno migliorando sulle parti vocali, ma devono lavorare ancora molto su questo aspetto e che, inoltre, l’ultimo “The Hunter” ha regalato alla band statunitense almeno una manciata di nuovi classici di alto livello. Forse lo sapevamo già, ma vista l’intensità dello show e la grande tecnica strumentale, valeva la pena esserci!