A cura di Maurizio “MorrizZ” Borghi, foto di Francesco Castaldo
I Mastodon hanno davvero bisogno di due righe di presentazione? Basta dare un occhio alle nostre recensioni, alle classifiche del decennio, del 2009, alle playlist di redazione e a tutti i corrispettivi della concorrenza per osservare una unanimità di applausi, lodi, iperboli. Anni fa, durante il tour di Leviathan, il gruppo sfuggì ad un Italia ancora ignara della grandezza del gruppo di Atlanta, per riproporsi in seguito più e più volte, ma solo nelle vesti di spalla (ricordiamo Tool, Slayer e Metallica oltre ai festival). Da anni attendevamo di vederli headliner, con un set completo e un palco a loro disposizione, e in questo inizio 2010 siamo stati finalmente soddisfatti…
TOTIMOSHI
Aprono le danze i Totimoshi, formazione della bay area sconosciuta alla quasi totalità dell’audience. Niente thrash metal, ma una proposta musicale che parte dai Melvins (tra i favoriti degli headliner) incontrando i Sabbath, e si evolve in un mix personale e molto strumentale, debitore al garage e al rock alternativo. Ci immaginiamo la musica del trio come un ideale accompagnamento a un film di Tarantino, anche senza i pezzi surf. Il gruppo è disinvolto ma non riesce a catturare l’interesse di gran parte della sala, per la proposta sofisticata ma lontana dall’epicità dei Mastodon, ma rapisce ugualmente le prime file, che si precipiteranno ad acquistare “Milagrosa” appena finito il concerto.
MASTODON
Succede davvero poco spesso che un gruppo cominci un tour dall’Italia, una scelta davvero inusuale a livello di routing, ma oggi è proprio così: nessuna anticipazione, niente spoiler o sbirciate alla scaletta, il modo migliore per essere totalmente rapiti da una musica fondamentalmente predisposta al coinvolgimento totale. Difficilissimo scrivere dei Mastodon evitando di usare superlativi assoluti, la tentazione è sempre fortissima e persistente. Dopo un cambio palco interminabile i quattro attaccano con “Oblivion”, e i Magazzini, in punta di piedi e con la testa allungata, hanno occhi solo per i quattro. Dietro la formazione uno schermo gigante, che occupa tutto il palco, comincia a proiettare pellicole in bianco e nero, da quei film che sperimentavano per la prima volta poveri effetti speciali e si affidavano perlopiù allo sguardo dei protagonisti. I suoni, contro le previsioni negative, sono più che accettabili (ad eccezione del microfono di Bill Kelly, praticamente muto), e il gruppo si scalda velocemente prodigandosi in una performance vocale in crescendo. Il cielo stellato introduce “Divinations”, e il locale, zeppo, fa esplodere la sue energia in uno scambio da pelle d’oca. I quattro sono in trance, occhi chiusi e capo chino, solo lo strambo Brent Hinds batte qualche cinque alle prime file e gioca con l’entusiasmo del pubblico. I filmati ora si fanno più psichedelici, comincia il “viaggio” visivo che accompagna ed amplifica l’esaltazione aurale e le grafiche di Paul Romano, artista di livello che da sempre illustra i concept psichedelici del gruppo, prendono vita e danzano in accompagnamento alla musica. Un’esperienza simile ad un concerto dei Tool, ma con l’energia incredibile e la presenza scenica che il gruppo di Keenan, nella sua ermeticità, non riesce a possedere. Quando parte “Quintessence” comincia a insinuarsi nella testa di molti un dubbio, che diverrà praticamente certezza sulle note della suite “The Czar” e verrà confermata nell’incredulità totale: il gruppo eseguirà per intero l’ultimo “Crack The Skye”, il disco che ha evoluto al massimo i concept lirici della band e ha consacrato la svolta melodica e progressive. Non si poteva sperare di meglio, visto l’incredibile successo dell’album e il concept meritevole. I cinquanta minuti dedicati sono volati, lasciando il palco con l’audience ipnotizzata sulle note finali di “The Last Baron” e le immagini in loop i Mastodon scendono dal palco. E’ solo la prima parte del concerto, il gruppo infatti non si è dimenticato degli amatissimi “Leviathan” e “Blood Mountain”, ed esegue i pezzi più violenti del repertorio, dando molto spazio anche al debutto “Remission” ed escludendo le attesissime “The Wolf Is Loose” e “Blood And Thunder”! Dopo un concerto del genere però si perdonano anche queste scelte ardite, ecco quindi il pubblico esausto sciogliersi in un fiume di applausi, estasiato da tanta intensità.
Concludere trattenendo superlativi, dopo aver ricordato un concerto del genere è sempre più difficile. Scriveremo semplicemente: che volere di più?
Setlist:
Oblivion
Divinations
Quintessence
The Czar
Ghost Of Karelia
Crack The Skye
The Last Baron
Circle Of Cysquatch
Aqua Dementia
Where Strides The Behemoth
Mother Puncher
Iron Tusk
March of the Fire Ants