10/07/2011 - MESHUGGAH + DEVOTION + ADIMIRON @ Parco Della Certosa Reale - Collegno (TO)

Pubblicato il 15/07/2011 da

A cura di Fabio Galli

Dobbiamo ritornare al 2008 per riesumare l’ultima apparizione su un palco italiano dei Meshuggah, acclamata formazione svedese che ormai rappresenta un punto di riferimento per l’intera scena post-thrash: arriviamo con buon anticipo alla venue selezionata per l’esibizione, la Colonia Sonora di Collegno, speranzosi sulla situazione meteorologica della serata dato che l’arrivo di vento e nuvole lasciavano propendere per una serata all’insegna della pioggia. Entrati nell’arena stemperiamo l’attesa dell’inizio dello spettacolo con l’airplay di “Left Hand Path” degli Entombed, album che si rivelerà il vero tormentone dell’intera serata. Solo discreta l’affluenza al concerto, quasi preoccupante nelle battute iniziali: come da consuetudine la maggior parte della folla si è riversata nell’arena soltanto nelle battute antecedenti all’ingresso sul palco degli headliner della serata. Un vero peccato dato che i due gruppi italiani scelti per l’occasione, seppur stilisticamente molto differenti tra loro, hanno fornito una buona prova alleviando l’attesa per l’arrivo on-stage dei Meshuggah. Il tempo sembra essere clemente ed arriva il momento degli Adimiron di salire sul palco.

 

ADIMIRON

Con due album all’attivo e uno in via di pubblicazione, gli Adimiron rappresentano una piacevole aggiunta nel bill della serata: seppur con qualche indecisione iniziale sulla qualità dei suoni il quintetto romano non fatica a raccogliere i consensi di tutti i presenti, merito di una buona tenuta del palco e di una convincente tecnica individuale. I continui incitamenti al pubblico ed i ritmi ossessivi e martellanti della sezione ritmica sembrano scuotere i pochi presenti che partecipano attivazione alla riproposizione delle tracce incluse nei primi due lavori della band e di alcuni brani che saranno inclusi nel nuovo lavoro, schedulato entro la fine dell’anno in corso. Sono proprio le nuove composizioni a destare il maggiore interesse della folla, merito del mix ben riuscito di ritmiche spezzacollo e break ottimamente supportati da una sezione ritmica che vede il suo punto di forza nel drumming fantasioso di Federico Maragoni. Il tempo è tiranno e arriva l’ora dei saluti: prova decisamente positiva.

 

DEVOTION

Come spesso accade in molti concerti capita sempre una band che centra poco-nulla con il genere proposto dagli headliner: questa volta il turno tocca ai Devotion, giovane quartetto nostrano che sposta l’ago della bilancia verso il genere alternative/nu-metal. Gianna, Cangia, Buzz e Pucho impiegano pochi minuti per dimostrare a tutti i presenti di che pasta sono fatti i Devotion: in netta contrapposizione con la ragionata violenza sonora dei Meshuggah i Devotion fanno leva sull’imprevedibilità della loro proposta, un miscuglio di melodia, rabbia e sperimentalismi senza schemi prefissati. Oltre all’ottima componente musicale della formazione spicca la doppia personalità del cantante Pucho, aggressivo screamer ed affabile incantatore di folle tra una canzone e l’altra: il continuo “siete dei fighi” proferito alla folla alla fine di ogni canzone rimarrà nella nostra memoria come uno degli episodi più divertenti – e sinceri, diciamocelo – della serata. Aiutati dall’impianti luci e da dei suoni decisamente migliori degli Adimiron – complice anche la presenza di una sola chitarra – la prestazione dei Devotion si attesta su livelli più che buoni, valorizzati dall’eclettica prova di Gianna alla chitarra e dall’energia spesa dalla sezione ritmica. Più che un piacevole intermezzo in attesa dell’arrivo dei Meshuggah.

 

MESHUGGAH

Complice un cambio di palco andato per le lunghe – quaranta minuti sono sembrati un’eternità ammirando delle nuvole scurissime passarci sotto la testa – l’attesa per l’arrivo sul palco dei Meshuggah è cresciuta a dismisura tra tutti i presenti. Musica in sottofondo messa a tacere in concomitanza dell’arrivo di Tomas Haake, accolto da un tripudio dalla folla: bastano pochi secondi perché la formazione sia sul palco ed attacchi con la possente “Rational Gaze”. Letteralmente impressionante il wall of sound che i cinque svedesi riescono a creare tra loro e il pubblico: l’impatto delle otto corde – non possiamo parlare di semplici chitarre – ed i ritmi ipnotici partoriti dalla sezione ritmica mandano in trance le prime file, divise tra chi si dedica a del sano pogo e chi afferra le transenne e si scatena in un furioso headbanging. Poco da dire sulla tenuta sul palco della formazione: strumenti bassi quasi a strisciare le assi del palco, il roteare continuo delle chiome ed il fare incazzoso di Jens Kidman lasciano intuire su quali coordinate sonore di violenza proseguirà la serata. Assolutamente monodirezionale la prima parte della setlist che pesca a piene mani dal recente “ObZen” e da “Nothing”: i due lati dei Meshuggah, quello pachidermico e carico di groove e quello veloce e distruttivo si fondono alla perfezione con il veloce susseguirsi di hit come “Stengah”, “Combustion”, “Lethargica” e l’acclamata “Bleed”. Stupisce come sempre la perfetta sincronia tra le parti e la quasi teatrale interpretazione visiva delle parti strumentali di Jens, frontman carismatico anche quando non imbraccia il microfono: assolutamente statico e assorto nei propri obblighi esecutivi Fredrik Thordendal, unico componente fermamente deciso a rimanere nella stessa posizione per tutta la durata dell’esibizione. Il tuffo nel passato coincide con le parti conclusive dell’esibizione, estremamente risicate, e dedicate ad un paio di brani presi da “Chaosphere” e dal bis che, com’era logico prevedere, ha riesumato “Destroy Erase Improve”: pubblico letteralmente scatenato durante l’esecuzione di “Soul Burn” e nei diabolici suoni del vocoder che introducono “Future Breed Machine”. Invariata invece la quasi assoluta mancanza di contatto con il pubblico, limitata a qualche pollice in su o a qualche delirante commento di Jens alla fine di qualche brano: seppur assolutamente fedeli al proprio “status” di fredde macchine esecutrici i Meshuggah hanno lasciato a desiderare sul lato umano, veramente ridotto ai minimi termini anche a fine concerto, terminato con il lancio di un paio di plettri e bacchette e nulla di più. Solo sufficiente la durata del concerto che si è attestata sull’ora e un quarto: da un nome altisonante come i Meshuggah ci si aspettava qualcosa in più. Ottima come sempre la cornice offerta dalla Colonia Sonora: spazi vivibili, un palco di tutto rispetto, ottimi suoni e abbondanza di stand per rifocillarsi. In definitiva una bella serata.

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