Come in tutta Europa, anzi con un po’ di ritardo, anche in Italia stanno finalmente ritornando i live e, com’è ovvio che sia, gli appassionati non perdono l’occasione di riempire i locali dopo tutto il tempo perduto a causa della pandemia. In una settimana che, tra Milano e provincia, vede la programmazione di numerosi concerti, a spiccare è questo evento al Bloom di Mezzago, all’insegna del metal italiano, seppur con tre band completamente differenti tra di loro: Messa, Baratro e Pugnale non hanno tradito le attese, con tre set che sono stati apprezzati da un pubblico piuttosto numeroso e variegato. Ecco il nostro resoconto.
In un locale già abbastanza gremito, la prima band a salire sul palco del Bloom è quella dei PUGNALE: il gruppo bergamasco, anche se composto da volti noti della scena metal, si è formato solamente un anno orsono ed ha subito pubblicato l’album d’esordio “Throne Of Laments”. Si presentano in una agguerrita formazione a tre, con voce, chitarra e batteria, proponendo la loro miscela che prevede solo ingredienti estremi, con un grindcore feroce e diretto reso ancora più cruento da costanti incursioni nel black metal. Il loro set dura pochissimo, poco più di venti minuti durante i quali si concedono una sola, brevissima pausa, ma non potrebbe essere altrimenti con pezzi che raramente raggiungono i due minuti di durata. Lo scopo evidente è quello di colpire più duramente possibile, e ci riescono, grazie ad una buona efficacia e con la giusta dose di cattiveria. Si nota subito, inoltre, che sarà una serata più che positiva a livello di suoni, molto buoni anche se messi a dura prova dalla proposta dei lombardi.
Un breve intervallo ed ecco la seconda band: si tratta dei BARATRO, sorta di supergruppo che comprende elementi provenienti da Marnero, Laghetto ed altre realtà della scena nazionale e, fiore all’occhiello, Dave Curran dei newyorkesi Unsane; sembra che i componenti del gruppo si siano incontrati alcuni anni fa nelle sale dello storico centro sociale milanese Cox 18 e lì abbiano iniziato a comporre musica. Pure in questo caso si tratta di un trio, con il bassista americano che si occupa anche delle voci, coadiuvato dal chitarrista ma, rispetto al gruppo di apertura, le coordinate stilistiche sono completamente diverse: i Baratro suonano un genere che sembra essere dato dalla somma naturale dei suoi componenti, ossia una combinazione di sonorità più tipicamente legate al post-hardcore europeo e di influenze provenienti da oltreoceano, quindi noise rock e anche sludge metal; dal vivo, inoltre, i tre musicisti tendono a suonare volutamente sporchi, come se facesse capolino anche una certa componente garage che non stona per niente. Pur avendo all’attivo un solo EP, “Terms And Conditions” dello scorso anno, i Baratro sembrano aver trovato una certa alchimia in sede live e, con un impatto deciso e senza troppi fronzoli, riescono a far scapocciare i presenti per tutta la durata del loro show.
Dopo questi due ottimi antipasti, ecco finalmente entrare in scena l’attrazione principale della serata: i MESSA hanno da poche settimane pubblicato il loro terzo album “Close”, culmine, almeno per ora, di una crescita inesorabile che ha permesso alla band padovana di essere sulla bocca di tutti e di conquistare un pubblico trasversale che va dagli appassionati di metal tradizionale ai cultori di suoni retrò, e ciò è testimoniato dalla varietà di magliette che si possono vedere in sala questa sera. I musicisti si presentano sul palco senza la cantante per una breve intro acustica dal sapore folk e, quando Sara fa il suo ingresso, le note di “If You Want Her To Be Taken” ci fanno subito intuire che si tratterà di una performance di altissimo livello: se già questa era una delle canzoni più affascinanti dell’ultimo disco, la resa live è addirittura sublime, un saliscendi sonoro costituito da momenti intimi ed emozionanti che debordano in cavalcate elettriche calde e incalzanti, suggellate da una voce capace di essere rassicurante quando si avvicina al cantautorato femminile e inquietante quando si sposta in lidi occult rock. Se è fisiologicamente vero che alcune finezze presenti su disco dal vivo sono perse, a causa principalmente di una strumentazione per forza di cose più spartana, è anche vero che i veneti sembrano essere in uno stato di grazia anche in questa dimensione: oltre alla già citata Sara, anche la sei corde di Alberto (autore di un ottimo album da solista sotto lo pseudonimo Little Albert) sembra essere uno dei protagonisti principali, con un chitarrismo di certo invadente ma anche molto personale, fatto di suoni vintage e provenienti dal blues oltre che di riff sabbathiani ed arpeggi, che questa sera sono posti ancora più in evidenza da un suono nitido e naturale, grazie all’ottimo lavoro di chi sta dietro al mixer. Anche se, in questa occasione, la componente doom è quella che risalta maggiormente, sono frequenti le divagazioni in altri mondi, come il jazz o addirittura l’etnica, perché nella musica dei Messa anche i silenzi rivestono la loro importanza, ed è qua che si nota maggiormente il lavoro di basso e batteria, che vanno a riempire questi vuoti con misura e gusto. La scaletta è ovviamente incentrata su “Close”, con soli due pezzi estratti dagli album precedenti ed il concerto si conclude con “Rubedo”, dopo un’ora abbondante in cui non si sono notati momenti sottotono. Purtroppo è già tardissimo e non c’è tempo per i bis previsti, ma il pubblico mostra di aver gradito comunque.
Setlist Messa:
If You Want Her To Be Taken
Dark Horse
Suspended
Leah
Pilgrim
She Knows/Tulsi
Rubedo