11/09/2015 - METAL EMBRACE 2015 @ Damned Souls - Barleben (Germania)

Pubblicato il 16/11/2015 da

Report a cura di Giovanni Mascherpa
Foto a cura di Chris Butterweck (Darki Shots DeviantartDarki Shots Facebook) e Giovanni Mascherpa

Per chi vive di pane ed heavy metal, la Germania è notoriamente un Eldorado. D’estate, per passare in letizia i mesi più caldi dell’anno, basterebbe trasferirsi in Merkel-land e girare ad ogni fine settimana un angolo diverso di questo grande paese, per frequentare festival grandi e piccoli che nascono, crescono e si mantengono in salute grazie alla passione smisurata dei loro organizzatori e di un ambiente culturale molto più ricettivo del nostro a certi suoni non proprio di massa. Approfittando di una coincidenza di date con altri eventi di elevata importanza a contenuto extra-musicale e di uno degli obiettivi metallici di quest’annata, ovvero assistere a un concerto degli Harakiri For The Sky, ci siamo imbattuti in questo simpatico happening nel bel mezzo della Sassonia. Barleben è un comune abbastanza piccino, poco meno di diecimila abitanti, nelle vicinanze della ben più grande e relativamente più nota Magdeburgo, a circa un’ora e un quarto di auto da Berlino. Campagna verdeggiante, qualche impianto industriale di dimensioni ciclopiche, strade linde e ordinate e paesini altrettanto perfettini sono il panorama tipico della Germania fuori dalle sue aree a maggiore densità di popolazione. Un po’ come accade anche per  l’Headbangers Open Air, la dimensione agreste qua la fa da padrone, data l’ubicazione del club dove si svolge la manifestazione, il Damned Souls, in una cascina poco fuori l’abitato. Una strada lastricata in pietra, ideale per sopportare il peso dei mezzi agricoli, perfettamente tenuta e che ricorda a tratti il pavè della mitica Parigi-Roubaix, conduce a neanche un chilometro dall’uscita del paese, fiancheggiando cimitero e stazione cittadini, al luogo delle operazioni. Un ampio capannone, dalla capienza decisamente superiore al numero degli avventori – a spanne, duecento-duecentocinquanta persone – funge sia da location per i concerti che da bar, mentre all’esterno la solita maxi-griglia è pronta a offrirci carne alla brace, wurstel e altre – poche – pietanze teutoniche a prezzi superpolitici (massimo quattro euro). Chiude il novero dei servizi dell’area concerti l’angolo per il caffè, waffle e altre piccole dolciumerie, proprio accanto al banco del merchandise. Non può mancare una piccola area camping, presidiata da un’attenta security. A dispetto dell’apparenza molto casereccia, il festival è una realtà serissima, giunta oramai alla nona edizione, che a soli 25 euro (avete letto bene…) propone due giornate rispettivamente con otto e dieci gruppi. Bill ad appannaggio quasi esclusivamente delle band tedesche, alcune molto prossime geograficamente a Barleben, per un livello medio che si è rivelato superiore alle nostre aspettative e ci ha permesso di ammirare alcune realtà che, con un po’ di spinta promozionale, potrebbero guadagnarsi – e in alcuni casi l’hanno già fatto – slot in festival più rinomati.  Temperatura gradevoli e concerti al coperto ci hanno permesso di sopportare senza troppa fatica l’intenso programma; hanno giovato anche gli ampi spazi del Damned Souls, immenso in rapporto al numero dei partecipanti e attrezzato con un impianto audio non inferiore a club metropolitani di grido. Ottimo anche il lavoro dei fonici e l’organizzazione generale per quanto riguarda il rispetto delle tempistiche: qualche ritardo si è accumulato, ma visto che eravamo in mezzo al nulla e senza che nessuno ci premesse per dozzinali incombenze relative alle nostre routine quotidiane, abbiamo atteso comodamente durante le pause un po’ più lunghe del previsto. Ripagati, infine, da una serie di performance tra il discreto e il decisamente buono, come vi andiamo a raccontare qui di seguito. Se doveste capitare a Berlino a metà settembre e vi venisse la sacrosanta voglia di appagare i vostri appetiti metallici a prezzi giusti e in un ambiente amichevole, ora sapete dove andare!

Metal Embrace - locandina - 2015

Metal Embrace - area concerti 1 - 2015
Metal Embrace - interno Damned Souls
Metal Embrace - portone locale - 2015
GENTRIFICATION
Quanto andremo ad osservare nelle reazioni del pubblico durante il concerto dei Gentrification lo vedremo ripetersi per molti act della due giorni a Barleben: un tifo calcistico, dettato dall’affetto di ragazzi che conoscono di persona i musicisti e li accolgono come sportivi dilettantistici nell’atto di salire in scena sul palcoscenico più importante della loro carriera. Il grosso della band presenti al Metal Embrace non è di certo un prim’attore della sua categoria, la musica in questi casi è uno sfogo, una passione salvifica da coltivare e portare avanti prima di tutto per se stessi e dopo, molto dopo, per gli altri. Certo che stazionare su di un palco di queste dimensioni, davanti a una platea non nutritissima ma superiore a quella di cui potrebbe godere una band a caso tra quelle esibitesi in orari pomeridiani in questo festival, è già di per sé una soddisfazione non da poco. I Gentrification sfruttano bene la circostanza, mettendo assieme una mezz’ora all’insegna di un death melodico abbastanza canonico e innervato da asciuttezza hardcore che molto giova all’impatto complessivo. L’età media è abbastanza bassa, è evidente quanto la timidezza vinca per ora sulla voglia di scatenarsi al ritmo della propria musica e, soprattutto sui primi brani, tutti e cinque, con parziale esclusione della simpatica singer Lena Winkel, debbano prendere un po’ confidenza con la situazione. Poi, complici appunto gli amici presenti a dare man forte e una solidità esecutiva nient’affatto disprezzabile, i ragazzi guadagnano punti, ponendosi quali dignitosi follower di Dark Tranquillity e, forse in misura maggiore, Darkest Hour. Ottimo il growl della Winkel, discretamente costruiti anche se piuttosto scolastici i pezzi, buona la padronanza tecnica, in particolare sui melodici assoli di chitarra. I Gentrification, in poche parole, si compoertano egregiamente e inaugurano il Metal Embrace senza sbavature.

BURDEN OF LIFE
Restiamo grosso modo su coordinate melodic death metal coi Burden Of Life, quintetto bavarese di esperienza più che decennale, avente all’attivo già tre album, ultimo in ordine di tempo “The Vanity Syndrome” del 2013. Il tasso tecnico si alza rispetto alla band di apertura e in generale i cinque si sanno muovere con discreta scioltezza sul palco, portando un sufficiente coinvolgimento tra i presenti. A quanto pare, però, i conoscitori del loro materiale sono in misura minore dei Gentrification e il colpo d’occhio durante la loro esibizione non può dirsi certo epocale. A livello stilistico, si nota qualche deriva power e una propensione alle fughe chitarristiche ‘gemellari’ di marca Iron Maiden, aspetto che diluisce la forza propulsiva della musica e non le consente di mordere sempre come necessiterebbe. Il confronto diretto con chi li ha preceduti li vede prevalere in quanto a professionalità e tenuta dello stage e li mette in condizioni di inferiorità se guardiamo la performance dal punto di vista strettamente musicale: niente di così negativo da segnalare, per carità, solo avremmo preferito vedere più grinta e capacità di trascinamento e qualche orpello melodico in meno.

Burden Of Life - Metal Embrace 1 - 2015
Burden Of Life - Metal Embrace 2 - 2015
WORDS OF FAREWELL
Il nome del gruppo, passato sulle nostre pagine gli anni scorsi con valutazioni nient’affatto disprezzabili, suggerisce la presenza di un minimo di sentimento nella proposta comunque estremista del sestetto di stanza a Marl, nel Nord-Reno Westfalia. Non è un caso che il gruppo incida per un’etichetta rinomata come la AFM, per quanto i Words Of Farewell non siano la next big thing in ambito death melodico c’è almeno da parte loro varietà, complessità e atmosfera a sufficienza per non farci affogare nella noia dopo qualche minuto di concerto. Tutt’altro, la cura negli arrangiamenti – con le tastiere fortunatamente non relegate in secondo piano – denota tutta la cura immessa nella musica da questo manipolo di musicisti. Il muro di suono eretto viene scalfito regolarmente da trovate melodiche di buon gusto, magari prive di quella punta di genio necessaria a far svoltare bruscamente in senso positivo i destini del gruppo, ma avvampanti della linfa vitale di chi crede fermamente nelle sue qualità e non ha paura di metterle in mostra. In ultima analisi, le trame dei Words Of Farewell sono avvincenti, ricche di pathos e punteggiate di esalazioni gotiche piuttosto riuscite. Il festival comincia a salire di tono.

Words Of Farewell - Metal Embrace - 2015
BITTERNESS
Scavallata dopo una decina di minuti la band locale chiamata a sostituire i defezionari dell’ultima ora Ahnengrab – i volonterosi Disput non sono in grado di andare oltre un hard rock all’acqua di rose in lingua madre – ci piazziamo nuovamente a bordo transenna per i Bitterness. Altra band proveniente dal cuore della Germania, portavoce del genere di punta di questo Metal Embrace, quindi un death melodico imbastardito con abbondanti dosaggi di thrash metal vecchia scuola. Se su disco i fraseggi alla In Flames dei tempi andati danno spesso il cambio alle chitarre stoppate, dal vivo la pura bestialità old-school prende terreno e la fa in definitiva da padrona. Ciò giova assai all’efficacia dello show, che fin dalle prime battute assume i contorni di un girone dantesco dove non si hanno molte scelte: o si corre, o si muore. L’esperienza in questo caso si fa sentire in senso estremamente positivo, con “Resurrexodus” i Bitterness hanno toccato il sesto full-length in quindici anni di storia e sanno come ci si deve muovere, cosa si deve dire e fare per avvinghiare il pubblico in una morsa letale. Gli obbligatori atti devozionali verso Destruction e soprattutto Kreator sono un ingrediente benedetto, si sposano alla propensione ad inasprire i toni e sfociare palesemente nel death metal, mantenendo sempre, però, un lieve retrogusto melodico. Le prestazioni individuali badano alla concretezza, per le toccate di fioretto meglio rivolgersi altrove: se invece si vuole del thrash/death feroce e ritmato, condito da un drumming forsennato e vocals al vetriolo, allora i Bitterness fanno al caso vostro. Solida band di genere.

Bitterness - Metal Embrace 1 - 2015
Bitterness - Metal Embrace 2 - 2015
NAILED TO OBSCURITY
Entriamo nel trittico finale di questa prima giornata e ci accorgiamo in pochi minuti di essere passati a un piano più alto di ambizioni artistiche coi Nailed To Obscurity. Poco noti finora al di fuori dei confini tedeschi, i ragazzi sassoni – Barleben non è lontanissima da casa loro – potrebbero diventare una realtà importante nello scenario non foltissimo del death melodico odierno. La forza dei cinque, autori di due album, “Abyss” nel 2007 e “Opaque” nel 2013, è il bilanciamento fra progressive e death metal, connubio destinato a più riprese a ricomprendere sventagliate thrash/death alla svedese. Parlando di progressive accostato al death metal, si potrebbe pensare a degli acrobatici free-climber dei rispettivi strumenti, mentre la verità è che del prog i Nailed To Obscurity prendono gli intrecci melodici educati, il paziente arrotolamento e svolgimento di armonie chitarristiche che hanno sia nella levigatezza che nell’incisività i loro punti di forza. Apprezziamo allora bordate metalliche aventi molto a che spartire coi Dark Tranquillity, ma possiamo anche tendere bene l’orecchio per cogliere tutte le piccole finezze delle chitarre di Jan-Ole Lamberti e Volker Dieken, che quando abbandonano i fraseggi thrasheggianti frequentano con buon successo toccanti giri alla Pain Of Salvation-Fates Warning, solo un po’ accelerati e irrobustiti da una marcata vena death metal. Non ci sono grosse digressioni nel sound dei deathster tedeschi, la compattezza è un valore a cui i Nailed To Obscurity non derogano e non ci sono scogli ritmici così difficoltosi da affrontare, né eclettismi di difficile lettura. C’è, questa sì in dosi consistenti, la capacità di azzannare l’ascoltatore – il lato più estremista è rappresentato dalle feroci vocals di Raiumund Ennenga – in simbiosi con una perfetta comprensione di come dovrebbe svilupparsi il pezzo e quali siano gli arrangiamenti più funzionali affinché le canzoni ti si attacchino addosso come una ventosa già quando sono udite per la prima volta. Prestazione notevole, anche sotto l’aspetto dell’intrattenimento, testimonianza di un collettivo affiatato e preparato ad affrontare audience anche più numerose di quelle del Metal Embrace. Teneteli d’occhio.

Nailed To Obscurity - Metal Embrace 1 - 2015
Nailed To Obscurity - Metal Embrace 2 - 2015
UNLIGHT
Il concerto più cattivo del Metal Embrace 2015? Quello degli Unlight, a mani basse! Con questi quattro blackster si respira un’aria old-school malsana, impestata dei fumi di oppositori carbonizzati, macerie, sacrifici a Satana. L’occhio e l’orecchio cadono inevitabilmente in Svezia, vera patria sonora della band, visti i richiami fortissimi ai Marduk in prima battuta e ai Watain appena dopo. Il suono degli Unlight esce da una fornace dove sono stati lasciati a cuocere i vostri peggiori nemici, prima sventrati orribilmente e ora pronti a soddisfare la vostra triviale fame. La tavola è imbandita per appagare la vostra fame coi loro resti: al netto di melodie/nenie affioranti sullo sfondo dell’isterica interazione delle due chitarre, l’approccio sdegnato alla materia metal ricorda in tono minore quello degli uomini di Morgan. Il songwriting non toccherà i vertici dei capiscuola, non arriviamo a professare un’idea così scriteriata, certo è che la foga e l’abnegazione verso la nera fiamma qua pervadono ardentemente tutte le composizioni, inducendole a sorpassare a più riprese i limiti di una normale efferatezza e inoltrandosi infine nei territori delle più disdicevoli espressioni del Maligno. Blaspherion a chitarra e voce non è esattamente una figura che vorresti incontrare di notte quando rientri tranquillamente verso casa, non si schioda dalla sua posizione e ti guarda dritto negli occhi pregustando la tua sofferenza una volta che abbia deciso di quale morte renderti protagonista. Il compendio di bracciali borchiati, face-painting classicissimo e tatuaggi osceni in bella mostra acuisce la sensazione di avere davanti figli legittimi dell’old-school black metal novantiano, impressione suffragata da canzoni dove velocità e blasfemia avanzano strette in un patto d’acciaio e la melodia fuoriesce quasi impercettibilmente a evocare sconfinati paesaggi di nulla e distruzione. Pervasi ovviamente da un gelo cui nessuna fonte di calore può porre rimedio.

Unlight - Metal Embrace - 2015
Unlight - Metal Embrace 2 - 2015
THULCANDRA
Ai Thulcandra essere originali non è mai interessato. Semmai, si sono focalizzati sull’essere i più fedeli epigoni di quei luminari del black metal nordico a nome Dissection. Tutta la loro storia ha per filo conduttore quest’amore/ossessione: date tali premesse, i Thulcandra possono avere un interesse limitato per un metal fan medio, a meno che non si sia devoti della band di Jon Nödtveidt da desiderare a tutti i costi che qualcuno ne rilegga in modalità similari le ‘sacre’ scritture, fissate nei solchi digitali o analogici di “The Somberlain” e “Storm Of The Light’s Bane”. Un tale concentrato di prevedibilità supera i suoi limiti intrinsechi dal vivo, in questo caso è inutile analizzare quanta sia farina del proprio sacco (poca) e quanta discenda dalla tradizione black metal svedese (la quota preponderante). Intanto, c’è da dire che da queste parti quanto detto qualche riga sopra interessa poco o nulla, infatti i cori scandenti il nome del gruppo si alzano a discreti volumi appena i cinque si manifestano; inoltre, basta davvero una manciata di plettrate a decretare il successo pleonastico degli uomini provenienti da Monaco. Cascate di epos, cavalcate sfrenate su piste innevate in un gelido inverno, riff trancianti ricolmi di gloria la fanno da padrone, giungendo a un provvidenziale climax in corrispondenza di chorus rabbiosi e sfoderanti un orgoglio smisurato. La forza d’animo compensa abilmente qualsiasi obiezione circa la poca fantasia della proposta e quando si viene investiti da brani così rigogliosi, rappresi attorno a riff guizzanti nel puro eroismo barbarico, non ci si può davvero lamentare di nulla. Il clima in sala è quello giusto, attaccati alle transenne si sta per la prima volta relativamente stretti e i Thulcandra si rendono protagonisti di un concerto impeccabile, con il cantante/chitarrista Steffen Kummerer a spiccare sui compagni. Posizione da headliner meritata, non c’è che dire!

Thulcandra - Metal Embrace 1 - 2015
Thulcandra - Metal Embrace 2 - 2015

CORPUS MUTILUM
Il secondo giorno si inizia a suonare presto, già attorno all’una. Noi ce la prendiamo comoda ed entriamo nell’area concerti poco prima dell’esibizione dei Corpus Mutilum. Il quartetto si diletta in un black metal aspro e epico, che conferma l’autocollocazione della band nella corrente pagan/black metal; effettivamente gli echi di antichi conflitti nel nord Europa, dure lotte per la sopravvivenza e una poetica cruda e spietata sono alla base di questa musica, per molti versi elementare e giocata su pochi accordi, ma segnata da una notevole drammaticità. I giovani tedeschi, attivi solo da quattro anni, per ora non osano granché e riassemblano partiture mandate a memoria dagli appassionati del genere senza apportarvi grande inventiva. Quello che non manca e che può far ben sperare per le prossime mosse del combo è la grande convinzione con cui i ragazzi affrontano il loro set; i movimenti sono ridotti all’osso, in parte per timore di commettere errori, in parte perché immaginiamo non abbiano un’esperienza di lungo corso alle spalle a sostenerli. La varietà ritmica non è al momento una delle doti migliori della formazione, le canzoni tendono un po’ ad assomigliarsi, ma se consideriamo il gap di età e di vissuto assieme dei Corpus Mutilum rispetto a buona parte dei colleghi in scena in questa due giorni possiamo affermare che i Nostri non abbiano affatto sfigurato.

Corpus Mutilum - Metal Embrace 1 - 2015
Corpus Mutilum - Metal Embrace 2 - 2015
IRON FATE
Uno scorcio di heavy metal classico. Imbastarditi, bruschi, a volte thrashy, gli Iron Fate rappresentano in ogni caso una realtà tradizionalista, in rapida transizione fra power teutonico, speed metal e alluvioni di acciaio Priestiano. A dare uno scrollone in un pomeriggio finora abbastanza pacioso ci pensano gli acuti del cantante Denis “Iron Ivan” Brosowski, discreto emulo di Rob Halford capace da solo di colorire i brani invero un po’ monocordi della formazione della Bassa Sassonia. Show energico e spumeggiante quello degli Iron Fate, nel quale i cinque ci offrono uno spettro di influenze apprezzabilmente ampio, ricordando in qualche maniera i ben più dotati Cage. Gli up-tempo li vedono uscire vincitori, sulle marce ridotte affiora la mancanza di grandi doti compositive dei ragazzi, eppure il concerto prosegue bene, tutte le volte che il gruppo mostra qualche affanno sa riprendersi subito e inanellare assalti serrati di discreto coinvolgimento. Anche in questo caso, non stiamo parlando di un manipolo di personaggi destinati a lasciare un segno indelebile nella storia della musica, però passione, attitudine e amore per il metallo incorrotto ci fanno giudicare positivamente la prestazione degli Iron Fate.

Iron Fate - Metal Embrace 1 - 2015
Iron Fate - Metal Embrace 2 - 2015
TOXIC WALTZ
Un monicker può rendere lapalissiana l’individuazione del raggio d’azione di una band. Non ci vuole un musicofilo di fama per comprendere cosa suonino i Toxic Waltz e infatti siamo investiti per una quarantina di minuti da una sequela pressoché ininterrotta di rasoiate Bay Area-style e stop’n’go come se non ci fosse un domani. La classe media del thrash metal odierno, si sa, non brilla per fantasia e costoro non costituiscono un’eccezione, anche se qualche apprezzabile dettaglio contenutistico lo rintracciamo più che volentieri. Intanto, agli obbligatori Exodus si vanno ad assommare alcuni ricami classic metal salutari come acqua nel deserto, imprescindibili per non omogeneizzare il tutto in un impasto informe. Poi c’è una sezione ritmica che, per quanto stia ben lontana dallo sfociare in territori ultratecnici, sa dare sufficienti cambi di direzione ai pezzi e li fa risultare digeribili senza scadere nel semplicismo. La prova vocale tutta rabbia e ringhi non aggiunge molto, al massimo appiattisce la resa complessiva della musica, ma se non altro non spinge in un angolo quanto di buono viene combinato dagli strumentisti, liberi di esprimersi con un minimo di libertà all’interno dei rigorosi spartiti old-school thrash. Band di questo tipo vanno benissimo per smuovere il metallaro proletario che è in ognuno di noi e non ci stupiamo che i Toxic Waltz affondino il loro aratro in un terreno fertile e possano guadagnarsi i consensi dei presenti.

Toxic Waltz - Metal Embrace 1 - 2015
Toxic Waltz - Metal Embrace 2 - 2015
VYRE
In un cartellone eclettico come quello del Metal Embrace desta comunque un minimo di curiosità vedere arrivare sul palco ben otto musicisti, tutti quanti indossanti una tuta spaziale, come se dovessero imbarcarsi per uno shuttle diretto verso la luna appena finito il concerto. Nella line-up, ai due lati del palco, c’è la presenza contemporanea di un tastierista e un violinista, situazione che ci lascia abbastanza interdetti, visto che anche per i Vyre le informazioni in nostro possesso sono vicine allo zero assoluto. Quello che andiamo ad ascoltare è un extreme metal ‘cosmico’ – non poteva essere altrimenti! – che mette assieme suggestioni avantgarde nordiche alla Arcturus, black metal melodico Anni ’90, retrogusto sinfonico e una concettualità forse ancora non esplicata in modi sempre vincenti, ma che già ora sa esprimere un fascino magnetico. Se dal punto di vista ritmico il sedersi sui tempi medi non si rivela in ogni circostanza una scelta vincente, lasciando evaporare il lato estremista della band, gli arrangiamenti di tastiera e il violino si ritagliano un loro spazio specifico senza svilire l’impatto chitarristico. Dalle keyboards arrivano le idee migliori, si passa da synth ultra-kitsch memori della musica pop Anni ’80 a parentesi galattiche che potrebbero piacere a gente come i Darkspace, oppure sinfonie alla Emperor preda di una sfrenata digitalizzazione. Un bilanciamento dei suoni ottimale consente ai Vyre di mettere sull’attenti tutti i presenti, che nonostante una proposta non proprio immediata si accorgono di avere di fronte un act dalle idee ben chiare e con adeguati mezzi tecnici per supportarle. Anche se sono assieme da poco tempo – quattro anni, i due album “The Initial Frontier Pt.1” e “The Initial Frontier Pt.2” sono usciti rispettivamente nel 2013 e nel 2014 – gli strumentisti di Bielefeld si muovono a sincrono, offrendo uno spettacolo unico, anche per gli standard di oggi. La scena metal è vastissima e non di rado ci si imbatte in spettacoli bizzarri sia per i contenuti sonori che per quelli visivi, ma quello di questi ‘astronauti’ per molti aspetti fa storia a sè. I Vyre rappresentano una di quei conigli dal cilindro che un festival che si rispetti deve riuscire a tirar fuori, per andare oltre le aspettative e creare quel sano stupore che poi è il sale del percorso di scoperta e approfondimento di nuove forme musicali.

Vyre - Metal Embrace 1 - 2015
Vyre - Metal Embrace 2 - 2015
LYFTHRASYR
A noi sconosciuti anche solo di vaga fama, un po’ come il 90% del bill del Metal Embrace del resto, i Lyfthrasyr si rendono protagonisti della prestazione più fisica e selvaggia della due giorni. Un bel carrarmato di cibernetica alla Samael, elettronica tamarra ballata inguainati in un completino aderente in latex – appunto la tenuta di scena del carismatico e un po’ inquietante singer/bassista Aggreash – e death/black d’assalto dal suono sfacciatamente modernista quello del trio tedesco, bravo nel rievocare in una forma meno profonda ma di fracassante impatto le migliori imprese della band di Vorph e Xy. Le scariche di blast-beat si sprecano, assieme a beat selvaggi purtroppo solo registrati su basi, ma che si integrano senza problemi a livello stilistico con le parti realmente suonate. Quando ci sono basi di mezzo, così presenti e invasive nella struttura dei pezzi, i problemi tecnici sono all’ordine del giorno, cosa che invece qua non accade grazie a dei fonici preparati e sapienti nel dare a ogni collettivo il settaggio ideale. Discorso che vale in modo particolare per i Lyfthrasyr, dotati di un sound bombastico che farebbe scendere una lacrimuccia di piacere a Peter Tägtgren, nel ricordo di certe produzioni cromate e cicciose dei suoi Abyss Studios. Il contesto pacato del Metal Embrace, fatto di intenditori poco propensi al mosh, si scuote davanti a una tale ostentazione di furia cibernetica e non si fa pregare dal frontman dalla gigantesca pupilla nera – ha su speciali lenti a contatto, ovviamente – nel dare il sacrosanto supporto alla formazione. Prescindendo dalle nostre personali preferenze e guardando solo all’efficacia prestazionale, quella dei Lyfthrasyr è stato lo spettacolo migliore del Metal Embrace.

Lyfthrasyr - Metal Embrace 1 - 2015
Lyfthrasyr - Metal Embrace 2 - 2015
HARAKIRI FOR THE SKY
Non si può negare che fossimo qui prevalentemente per loro, i cari Harakiri For The Sky. Diciamo pure che è da quando è uscito il favoloso “Aokigahara” che il sottoscritto si stava organizzando per presenziare a un loro concerto. Ora che gli austriaci hanno iniziato a girare con una certa regolarità per l’Europa viene più facile intercettarli e allora eccoci qua, al Damned Souls, per quello che era stato battezzato come il clou della kermesse di Barleben. Primo punto a favore, con un colpo di testa in tuffo nel sette della porta del buongusto, la maglietta del cantante: foto di Lars Ulrich e Cliff Burton assieme, e sotto la scritta in inglese dal significato inequivocabile: “Avrebbe dovuto essere Lars”. Per un gruppo che parla di depressioni e tristezze assortite, ci sta. Dopo un cambio palco più lungo del consueto, finalmente ci siamo: “Drowned In My Nihilism”, dal debutto omonimo, ci introduce alla particolarissima chimica della malinconia orchestrata dalla band nei suoi pochi anni di vita. A causa di un volume delle chitarre stranamente basso – sarà l’unica volta in tutta la due giorni –  e di una batteria un po’ scarica, il primo pezzo funge quasi da riscaldamento. Fa in tempo ad affiorare il primo vagito di delusione per una prestanza live non commisurata alle delizie dei dischi, che alla consolle trovano la misura giusta per far erompere con ottimale dosaggio di melodia, sporcizia e animosità l’effloscerente miscela grigioverde della formazione. Grigia, perché l’alone di sconforto non viene mai meno quando i Nostri suonano; verde, perché un rigurgito di vitalità e speranza nella loro musica lo troverete sempre. E allora, lo statico duo alle chitarre magari non farà nulla di che per rendersi simpatico – sull’empatia col pubblico i ragazzi ci devono lavorare parecchio – ma se c’è da graffiare e far volare la mente lontano e riscattarla dai suoi umani limiti, bè, allora ci siamo eccome. Tra scatti urticanti, arpeggi di estasi intangibile, progressioni saltellanti, ritmi ammiccanti in un mare di chitarre grondanti shoegaze fra le screpolature del black metal, gli Harakiri For The Sky entrano in piena trance. “69 Dead Birds For Utoya”, “Homecoming: Denied!”, “Burning From Both Ends” ci dicono che sì, ne valeva proprio la pena di viaggiare in questo angolo di Germania fuori dai normali itinerari turistici e raccoglierci attorno a questi talentuosi musicisti austriaci, per provare che anche dal vivo sanno accarezzare la nostra anima come pochi altri. Attorno l’attenzione è massima, gli Harakiri For The Sky saranno ancora un gruppo di nicchia ma chi ha le orecchie sempre attente sui movimenti dell’underground sa che qua c’è qualità da vendere. Ora serve soltanto migliorare il feeling con la situazione concertistica – anche il cantante messo perennemente di lato dovrebbe darsi una regolata – per poter far breccia anche nei cuori di chi li dovesse incrociare per caso in qualche festival. Soddisfatti di questo ‘battesimo del fuoco’.

STERBHAUS
La scelta di avere gli Sterbhaus così in alto nel programma risponde a canoni estetici prettamente teutonici. Infatti, i quattro svedesi, unico act straniero oltre agli Harakiri For The Sky presente alla nona edizione del Metal Embrace, non vantano né una fama che giustifichi tale posizionamento, né pubblicazioni di qualità così elevata da catalizzare chissà quali attenzioni dopo soli due album (l’ultimo, “New Level Of Malevolence”, uscito a maggio 2015). Il segreto è nella facilità di ‘consumo’ della loro proposta, un thrash/death ritmico e scorrevole, ideale per andare a tempo con la testa e sganciare qualche slogan metallico non troppo elaborato. Il tutto condito da una forte ironia di fondo – andatevi a vedere su Youtube i loro video ufficiali, in particolare quello di “Bloodbarf” – e un’intesa che li fa comunque tutt’altro che sfigurare. Lo stacco con chi li ha preceduti è netto, gli Sterbhaus prediligono metodiche rustiche, non denotano chissà quali ambizioni né strumentali né atmosferiche, picchiano e divertono, e questo è il massimo che si possa chiedere quando non si è di fronte a musicisti granché talentuosi. L’energia e la foga messe in campo, oltre a un minimo di allestimento del palco con due stendardi ai lati dello stage e un face-painting a sole strisce nere, dipinte volutamente con poca cura, che li identifica, non bastano a elevare il loro show tra quelli più pregevoli della manifestazione, ma sono sufficienti a tenere in piedi un’ora di metal estremo intensa, viscerale, fanatica al punto giusto. L’adeguata risposta dell’audience, meno folta che per gli Harakiri For The Sky ma non disinteressata, rimarca la discreta figura del combo svedese, bravo a colmare i deficit contenutistici con una presenza scenica di tutto rispetto.

Sterbhaus - Metal Embrace - 2015
Sterbhaus - Metal Embrace 2 - 2015
AGRYPNIE
Dopo la comparsata durante il set degli Harakiri For The Sky, Torsten Hirsch può prendersi l’intera scena coi suoi Agrypnie, band tedesca per certi versi assimilabile ai più famosi austriaci – l’anno scorso hanno girato l’Europa assieme in tour – e che, nonostante sia arrivata sulle scene prima degli autori di “Aokigahara”, non ha avuto pari risonanza a livello internazionale. Lo stile dei Nostri verte effettivamente su un black metal meno contaminato dei colleghi viennesi, la malinconia di cui la musica è intrisa sta quasi sempre un passo indietro alle taglienti fughe black metal, i ricami celestiali risplendono di un fulgore asprigno e non concedono poi chissà quali arieggiamenti eterei. La prima manciata di pezzi è condizionata negativamente dell’assottigliamento del muro chitarristico rispetto ai gruppi precedenti, non sappiamo quanto influisca la scelta della band e quanto qualche difficoltà al mixer, fatto sta che il peso specifico del suono ne risente. I problemi iniziali vengono fortunatamente risolti e lo show può conquistare in vigoria e drammaticità tutti gli astanti, presenti quasi al completo per l’happy end della manifestazione. Il songwriting degli Agrypnie si rivela un po’ altalenante, l’elevata durata media delle composizioni non è sempre giustificata da crescendo emozionali di assoluto spessore e il carisma del singer, ottimo intrattenitore oltre ad incarnare perfettamente il disagio esistenziale veicolato dalle lyrics, non può coprire alcune lacune nel riffing e nel dinamismo. Poco male, perché gli Agrypnie sul palco sanno farsi valere e alla lunga convincono pienamente dopo i tentennamenti in avvio. Lasciamo il Metal Embrace rilassati e soddisfatti, contenti di aver frequentato un altro evento organizzato alla meraviglia e portatore di un sano, incorruttibile, spirito underground.

Agrypnie - Metal Embrace - 2015
Agrypnie - Metal Embrace 2 - 2015

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