Introduzione di Sara Sostini
Report di Andrea Intacchi, Carlo Paleari, Federico Orano, Roberto Guerra, Sara Sostini
Foto di Enrico Dal Boni, David Scatigna, Dario Onofrio, e per gentile concessione di Michele Aldeghi e Riccardo Diotallevi
Inserito all’interno della cornice dell’AMA Festival, la prima edizione del Metal Park è stata un’esperienza interessante in termini di festival open air in territorio italiano.
Immerso nel verde di Villa Ca’ Cornaro, immediatamente alle porte di Bassano del Grappa (in provincia di Vicenza), il festival si presenta logisticamente come un tentativo di guardare ad altre esperienze positive in Italia e all’estero: dall’ampio campeggio (fornito di servizi igienici e docce gratuiti) all’utilizzo dei braccialetti per la libera circolazione dentro e fuori l’area dei concerti, passando all’acqua gratuita (anche se forse un punto solo si è rivelato, come vedremo, un po’ poco in alcune circostanze) e ai suoni, davvero buoni per praticamente tutte le esibizioni.
A colpo d’occhio, anche la pulizia generale, i servizi igienici in loco e la ristorazione – spesso tasti dolenti di eventi come questi – non hanno generato code o attese allucinanti, anche se a nostro avviso un ulteriore miglioramento del rapporto qualità/prezzo (anche per l’utilizzo degli amati/odiati token) delle varie cibarie sarebbe comunque auspicabile per il futuro.
A rendere il Metal Park ancora più simile ad altri open air europei ci ha poi pensato il tempo, che ha oscillato tra picchi di caldo assassino (e conseguente affollamento del punto acqua) e scroscioni d’acqua torrenziali che hanno parzialmente funestato i concerti in entrambi i giorni, senza però comprometterne lo svolgimento – o la fruizione, come testimonia la selva di mantelle e impermeabili davanti ai palchi anche nei momenti di pioggia peggiori (per fortuna non troppo prolungati), o le decine di facce/spalle abbrustolite.
In termini di affluenza, ci sembra che il festival abbia avuto una buona risposta di pubblico: sicuramente il bill vario (ma non ‘minestrone’) è stato in grado di richiamare una platea eterogenea, anche se il periodo di grandi concerti/ferie magari ne avrà limitato il range; c’è da dire che l’area concerti è davvero gigantesca (ma d’altronde vedendo gli altri nomi in cartellone, dagli annullati Queens Of The Stone Age ai The Offspring, capiamo perchè) e quindi anche il pienone visto davanti al palco per l’esibizione di Bruce Dickinson o gli Emperor risultava leggermente ‘diluito’ dall’ambiente, pur aggirandosi comunque intorno alle quattromila presenze.
Un’ultima nota per quanto riguarda il bill, che inizialmente prevedeva Kerry King prima degli Imperatori norvegesi il secondo giorno, prontamente rimpiazzato dai Coroner nei mesi scorsi; in corso di svolgimento del festival, infine, i Moonspell, sempre presenti nel bill della domenica, si sono trovati costretti a rinunciare ad esibirsi, come leggerete; in questo caso, l’organizzazione ha optato per aumentare la durata dei set delle altre band, passando – se vogliamo – ad un minutaggio più adeguato della scarsa mezz’ora prevista in alcuni casi.
Prima di lasciarvi al resoconto dei concerti, infine, volevamo ringraziare quanti tra voi sono passati al nostro stand per una chiacchiera o per i meet & greet in programma (davvero affollatissimi!): speriamo di aver contribuito a rendere la vostra esperienza ancora più bella, nel nostro piccolo, coi nostri servizi di ricarica dei telefoni o aver scongiurato bruciature a suon di creme solari; sicuramente i vostri sorrisi e le vostre testimonianze di affetto e stima hanno reso meravigliosa la nostra!
SABATO 6 LUGLIO
Ad aprire le danze della prima edizione del Metal Park troviamo i MOONLIGHT HAZE che, forti di una professionalità e di un’esperienza ormai conclamata, non si fanno intimidire da un pubblico ancora esiguo e sfruttano al meglio i trenta minuti a loro disposizione.
I primi due brani, “The Nothing” e “Till The End”, vengono eseguiti in maniera efficace e diretta, con quell’equilibrio tra melodia, orchestrazioni e potenza che contraddistingue la proposta della band. Chiara Tricarico tiene il palco con sicurezza e riesce a coinvolgere il pubblico, che poco per volta inizia a raccogliersi intorno al palco.
Quella del Metal Park, poi, è anche l’occasione per la band di dare il benvenuto a Luca Setti (ex Trick Or Treat), che ha debuttato dietro le pelli, dimostrandosi fin da subito ben integrato nell’organico al fianco di Giulio Capone, che invece si è occupato delle partiture di tastiera.
Il breve set si conclude con la coinvolgente “We’ll Be Free” tra i meritati applausi, e il pubblico si congeda cercando riparo dal sole che batte a picco sull’area. (Carlo Paleari)
Artista: Moonlight Haze | Fotografo: Enrico Dal Boni | Data: 06 luglio 2024 | Evento: Metal Park | Venue: AMA Festival | Città: Romano D’Ezzelino (VI)
Possiamo definire agrodolce l’esibizione dei TYGERS OF PAN TANG? Sì, possiamo.
E vi sveliamo anche il motivo di tale aggettivo: se da una parte la prestazione della band britannica (anglo-italiana per la precisione) è stata semplicemente impeccabile, dall’altra, il poterla vedere in azione, ed ascoltare, per soli trenta minuti di orologio è stato abbastanza infelice. E un’ulteriore conferma di quanto appena scritto, è arrivata poco più tardi: il meet & greet andato in scena presso il nostro stand si è protratto ben oltre la mezz’ora prevista, a dimostrazione di come il gruppo di Robb Weir e compagni abbiano lasciato ben più di un semplice segno nella storia della NWOBHM. Una celebrazione genuina, fatta di strette mani, ringraziamenti e sorrisi, per una band non così fortunata e contemporaneamente troppo sottovalutata.
Tornando on stage, è stato il ruggito felino sparato a mille dalle casse a dare il via alle danze: con il telo dell’ultimo “Bloodlines”, il quintetto guidato dal chitarrista brizz-ossigenato si è presentato con la classica “Euthanasia”, brano di apertura utile a certificare due aspetti: il primo, di carattere generale, che ha marchiato la due giorni metal vicentina, ha riguardato i suoni – buoni, molto buoni, chiari e con volumi rispettosi dei padiglioni auricolari di coloro che hanno calpestato l’erba (e terra) del parco di Villa Cà Cornaro.
Il secondo, invece, riguarda proprio i Tygers Of Pan Tang: pur nella setlist ridotta al minimo, hanno messo in mostra una professionalità magistrale, con punte d’orgoglio nazionale nei confronti dei nostri Jacopo Meille, la cui voce avvolgente ha trascinato i presenti lungo i sette pezzi proposti, e Francesco Marras, braccio destro ideale alle sei corde del più esperto Weir. “Abbiamo cercato di dare il massimo nel poco tempo a disposizione”: queste le parole dello stesso Marras in sede di meet & greet.
E così è stato: dalla menzionata “Euthanasia”, alla movimentata “Keeping Me Alive”, dalla recente “Back For Good”, sino al terzetto finale composto da “Suzie Smiled”, “Hellbound” e “Love Potion No.9”, i Tygers Of Pan Tang hanno dato un’importante graffiata di sano heavy metal per una giornata che di lì a breve avrebbe acquisito i lineamenti di un qualcosa davvero speciale (Andrea Intacchi).
Artista: Tygers of Pan Tang | Fotografo: Enrico Dal Boni | Data: 06 luglio 2024 | Evento: Metal Park | Venue: AMA Festival | Città: Romano D’Ezzelino (VI)
Sarà che nel running-order erano stati relegati piuttosto in basso e la presenza di tanti nomi importanti – e molti non facili da incontrare, vedi Michael Monroe o lo stesso Bruce Dickinson – ma la sensazione è che molti abbiano un po’ sottovalutato la presenza dei RHAPSODY OF FIRE nel primo giorno del Metal Park.
E invece il brevissimo ma intenso show della band originaria di Trieste è stato uno degli highlight della giornata!
Dopotutto se una band così longeva e storica può sparare una cartuccia di cinque proiettili uno dopo l’altro, non può che mettere a segno cinque centri. Reduci dal buon “Challenge The Wind”, dato alle stampe poche settimane fa e dal quale è stata proposta la più che discreta title-track, la partenza è affidata però alla massacrante “Unholy Warcry” replicando poco dopo con la frizzante “I’ll Be Your Hero”, che viaggia decisa spinta dall’ugola di un Giacomo Voli che dal vivo riesce a convincere anche più che su disco.
Spettacolare la sua prova e in generale quella di una band ormai rodata che colpisce sul sicuro durante il gran finale con i due inni per antonomasia: “Dawn Of Victory” ed “Emerald Sword” fanno così volare alle stelle l’esaltazione dei presenti. (Federico Orano)
Artista: Rhapsody of Fire | Fotografo: Enrico Dal Boni | Data: 06 luglio 2024 | Evento: Metal Park | Venue: AMA Festival | Città: Romano D’Ezzelino (VI)
Pur avendo una line-up molto varia, capace di passare dal power metal sinfonico allo sleaze rock, la prima giornata del Metal Park si prende forse il suo rischio maggiore con l’inclusione di RICHIE KOTZEN, chitarrista dalle straordinarie capacità che, pur avendo bazzicato spesso ai confini del metal o dell’hard rock – pensiamo ad esempio ai Winery Dogs, o ai dischi in coppia con Adrian Smith – trova la sua dimensione ideale in un hard blues molto elegante, più adatto ad un contesto raccolto come quello di un club piuttosto che in un’arena sotto il sole cocente.
Kotzen, però, non è certo un novellino e, di conseguenza, riesce a risultare credibile e convincente anche in questo contesto, spezzando un po’ la pura e semplice atmosfera festosa del festival, in favore di una parentesi fatta di eleganza e classe.
Formazione essenziale, con Richie nel doppio ruolo di cantante e chitarrista, un bassista, Dylan Wilson, e il batterista Kyle Hughes: non serve altro per mettere in piedi uno show di alto livello che si apre con “Losin’ My Mind” e prosegue con una manciata di canzoni in cui l’intesa tra i tre e assoluta.
Composizioni come “Bad Situation” o “Help Me” vengono allungate per dare spazio ad assoli ed improvvisazioni in cui è possibile apprezzare la tecnica di Richie che, ricordiamo, ha ormai abbandonato completamente l’uso del plettro, dando vita ad uno stile molto personale e versatile. Ottima anche la sua prova come cantante, grazie ad un timbro a là Chris Cornell che ci ha sempre convinto su disco e che dal vivo risulta altrettanto efficace.
Peccato per la partecipazione meno entusiasta del pubblico, che ha fatto un po’ fatica ad entrare in sintonia con la proposta del chitarrista per i motivi detti in apertura, tuttavia chi ha deciso di affrontare il caldo ancora opprimente del pomeriggio dandogli una chance ha potuto godere di un altro concerto di alto livello. (Carlo Paleari)
Artista: Richie Kotzen | Fotografo: Enrico Dal Boni | Data: 06 luglio 2024 | Evento: Metal Park | Venue: AMA Festival | Città: Romano D’Ezzelino (VI)
Dopo lo show di Richie Kotzen, in cui la messa in scena quasi è scomparsa per lasciare spazio solo alla pura performance musicale, ci spostiamo esattamente dalla parte opposta dello spettro con il concerto di MICHAEL MONROE.
L’ex frontman degli Hanoi Rocks al Metal Park si è letteralmente buttato anima e corpo in un concerto viscerale, fisico, in cui ogni considerazione puramente tecnica sulla voce, i musicisti o la scaletta diventa semplicemente superflua. Monroe salta, corre, tira il cavo del microfono che nel mentre si attorciglia intorno alle mille cose sul palco, scende fino alle transenne, si sdraia, urla, suona l’armonica e il sax, ad un certo punto si arrampica sulla struttura laterale del palco fino ad un’altezza decisamente non consigliabile per un ragazzo, figuriamoci per un sessantaduenne… E’ un tornado biondo che spazza via tutto ciò che ha il coraggio di attraversare la sua strada. Come, ad esempio, uno sfortunato roadie che non riesce a dare a Michael un microfono su un’asta che non avesse problemi tecnici, o quell’addetto della security che si è permesso di frapporsi tra lui e il suo pubblico, venendo cacciato a male parole.
Detto così sembrerebbe il classico atteggiamento da primadonna sul palco, ma è più di questo, perché Monroe ha bisogno del contatto con il suo pubblico e la sua performance necessità si assoluta libertà. E se sul palco è parso talvolta furioso, il suo animo gentile diventa evidente nel meet & greet, dove accoglie tutti con un sorriso, si mette in posa per le foto e accompagna i suoi autografi con un timbrino con la sua faccia, che conserva in un astuccio leopardato.
Il resto lo fa la sua musica, il suo rock sguaiato, che parla di strada e vite al limite, con quei suoi riff sporchi, la voce graffiante ed una band che, per forza di cose, deve andare a mille per stare dietro a questo gigante.
Tante le canzoni della sua carriera solista, dall’iniziale “Dead, Jail Or Rock ‘n’ Roll”, passando per la devastante “One Man Gang”, “Trick Of The Wrist” e la ballad “Stained Glass Heart”; un paio di capitoli dei suoi Demolition 23 e, naturalmente, anche le immortali “Malibu Beach Nightmare” degli Hanoi Rocks e la cover di “Up Around The Bend” dei Creedence Clearwater Revival, accolta da un’ovazione del pubblico. Senza se e senza ma, uno dei vincitori assoluti della giornata. (Carlo Paleari)
Artista: Michael Monroe | Fotografo: Enrico Dal Boni | Data: 06 luglio 2024 | Evento: Metal Park | Venue: AMA Festival | Città: Romano D’Ezzelino (VI)
Dopo lo spumeggiante show di Michael Monroe tuffarsi sul power metal melodico dei maestri finlandesi STRATOVARIUS è tutto ciò che ci vuole, cambiando sonorità ma mantenendo lo stesso livello di coinvolgimento.
C’è attesa per il quintetto scandinavo che, di conseguenza, quando sale sul palco sulle note di “Survive” trova un pubblico subito molto caloroso.
Tutto è filato via liscio ed alla perfezione, per Timo Kotipelto e compagni, che non sbagliano una virgola e accompagnano i propri fan anche con qualche chicca estratta dal passato. Non ci saremmo aspettati, ad esempio, la dirompente power song “Legions”, ma saranno ben tre gli estratti dal quel disco leggendario che risponde al nome di “Visions”, con l’immancabile eleganza di “Black Diamond” e “Paradise”, quest’ultima immancabile quando la band si esibisce nella nostra penisola (da sempre richiesta a gran voce dai fan tricolori!).
E che dire della fumante “Speed Of Light”, che viaggia sulle note fiammeggianti delle sei corde del talentuoso e sempre ordinato Matias Kupiainen, mentre la recente “World On Fire” si presenta con un refrain che impegna al canto molti dei presenti, prima che il cantante finlandese presenti l’ultimo brano in scaletta e non poteva che essere “Hunting High And Low”, midtempo altamente coinvolgente che riporta i metaller di una certa generazione in un viaggio di oltre vent’anni fa, con tutti i ricordi annessi.
La prima giornata del Metal Park non ha presentato, fino ad ora, alcun passo falso, e la performance degli Stratovarius rientra tra quelle che hanno ampiamente ripagato il costo del biglietto! (Federico Orano)
Artista: Stratovarius | Fotografo: Enrico Dal Boni | Data: 06 luglio 2024 | Evento: Metal Park | Venue: AMA Festival | Città: Romano D’Ezzelino (VI)
Come fa notare Justin Hawkins, la pioggia – cominciata durante il cambio palco con nuvole violacee all’orizzonte, e diventata ora gelida e battente – da ‘English summer’ li fa sentire a casa, ma siamo sicuri che per i THE DARKNESS non sia difficile trovarsi a proprio agio in praticamente qualsiasi situazione; il quartetto britannico è da anni – pardon, qualche decennio – un esempio di ‘come si fa uno show hard rock’: battute fulminanti, corsette, sing along con il pubblico, campanacci (giustamente, per annunciare “On Way Ticket” non c’è altro modo), salti in spaccata come i The Who dei tempi d’oro… e, ovviamente, del caro vecchio rock’n’roll.
Nel rivederli a distanza di anni dall’ultima volta, davvero rimaniamo piacevolmente stupiti dalla tenuta di palco dei fratelli Hawkins e soci, in un concerto senza sbavature e – tolto qualche intermezzo qui e lì per rifiatare – con davvero poche pause.
Merito dei vent’anni dell’orami iconico “Permission To Land”, capace di infondere nuove energie? Non lo sappiamo, ma visto come vengono accolti i numerosissimi estratti (praticamente tutto l’album, per la gioia di chi scrive e di buona parte del pubblico), non stentiamo a crederlo.
E quindi via con l’ironia pungente di “Growin’ On Me” o “Givin’ Up”, tra vorticosi continui cambi di chitarre/basso e battimani scroscianti come la pioggia che continua a cadere impietosa sul pubblico, per fortuna apparentemente troppo impegnato a cantare e lasciare gli occhi sulle scale di accordi costruite da Daniel Hawkins, meno vulcanico del fratello dietro al microfono, ma in grado di farci commuovere – oggi come vent’anni fa – sull’assolo di “Love Is Only A Feeling”, che lanciò definitivamente i The Darkness nel successo.
Frank Poullain, da parte sua, non ha mai perso lo smalto deliziosamente settantiano nel look, e costruisce con gli altri due e l’oramai ‘di famiglia’ Rufus Taylor alla batteria un concerto perfetto per ruffianaggine, nostalgia (di tutto rispetto, vedasi alla voce ‘cover di “Immigrant Song” o “Heartbreaker”‘) e attitudine su “Barbarian” o “Solid Gold”, per arrivare a “Friday Night” saltata praticamente da chiunque, fango o non fango.
La sorpresona arriva su “I Believe In A Thing Called Love”, con Richie Kotzen che torna sul palco per suonare l’intera canzone e rendere ancora più speciale il tutto, poi si arriva al finale con “Love On The Rocks With No Ice” allungata a dismisura con coretti del pubblico, ma poco importa, davvero: i sorrisi di chi si allontana dal pit ballando sulle note di “(I’ve Had) The Time Of My Life” (si, proprio quella lì) dicono tutto quello che serve da sapere su quanto sia stato divertente – e, perchè no, emozionante – il concerto. (Sara Sostini)
Artista: The Darkness | Fotografo: Enrico Dal Boni | Data: 06 luglio 2024 | Evento: Metal Park | Venue: AMA Festival | Città: Romano D’Ezzelino (VI)
Se è vero che “The Mandrake Project”, almeno in Italia, è stato accolto da pareri spesso contrastanti, siamo praticamente certi che nessuno tra i presenti alla prima giornata del Metal Park potrà oggettivamente lamentarsi di un concerto che non abbiamo problemi a definire stratosferico.
Con una decina di minuti di ritardo rispetto all’orario previsto – giusto in tempo per il calare del buio – il palco del festival si accende e BRUCE DICKINSON si catapulta sul palco con la sua House Band Of Hell.
“Accident Of Birth” apre le danze, seguita a ruota da una devastante “Abduction” e subito possiamo fare un primo bilancio: Dickinson è in forma smagliante, sia da un punto di vista vocale che fisico, non sta fermo un secondo, saltella, agita le braccia, dondola, e soprattutto canta le sue canzoni con un trasporto che si percepisce essere figlio di un attaccamento a tratti superiore a quello della sua band madre. Dopo una “Laughing In A Hiding Bush” di grande impatto, arriva il momento di testare dal vivo le nuove composizioni con “Afterglow Of Ragnarok”: il singolo ci è parso molto efficace dal vivo e anche il pubblico, a dispetto delle critiche, canta con gusto il ritornello assieme a Bruce.
Se fino a questo punto già avremmo parlato di un ottimo concerto, tocca ai due brani successivi trasformare la serata in qualcosa di commovente: si parte con “Chemical Wedding”, il primo estratto dall’omonimo capolavoro di Dickinson, per proseguire subito dopo con “Tears Of A Dragon”, che unisce le migliaia di spettatori in un canto capace davvero di toccare corde profonde.
La scaletta procede e riusciamo ad apprezzare la qualità della band messa in piedi da Bruce: dispiace per la mancanza di Roy Z, ma Philip Näslund e Chris Declercq ne hanno raccolto l’eredità con grande sicurezza e, contrariamente a quanto ci aveva detto lo stesso Dickinson nella nostra intervista, la scelta di ritornare ad una formazione a due chitarre si è rivelata vincente, sia per il notevole muro sonoro creato, sia per la migliore gestione degli arrangiamenti delle canzoni scritte per la coppia Roy Z/Adrian Smith.
Ottima anche la sezione ritmica, con un potentissimo Dave Moreno alla batteria, una efficacissima Tonya O’Callaghan al basso ed il nostro Maestro Mistheria che, al contrario di tanti colleghi, non ha nessuna intenzione di restarsene relegato nelle retrovie, ma si prende spesso la scena con la sua keytar e il suo cappello da cowboy, tra assoli funambolici e passaggi di grande stile.
La scaletta prosegue con ancora qualche estratto da “The Mandrake Project”, dopodiché c’è spazio anche per un vecchio strumentale di Edgar Winter – in cui Bruce si diverte a suonare (male) le percussioni e si concede addirittura un assolo al theremin (!) – per poi avviarci verso la conclusione del set principale con una meravigliosa “The Alchemist” ed una devastante “The Darkside Of Aquarius”.
Bruce ringrazia della calorosa accoglienza, ma sappiamo che lo show deve ancora regalarci qualche perla finale e il cantante ci accontenta con una tripletta che rappresenta molto bene le numerose anime della sua carriera solista: quella più delicata e malinconica con “Navigate The Seas Of The Sun”, quella più aggressiva e metallica di “Book Of Thel”, per arrivare alla melodia più catchy di una splendida “The Tower”, che chiude il concerto in maniera perfetta.
Spiace che, rispetto alle date indoor, lo show abbia subìto un paio di tagli (“Jerusalem”, perdio!), ma davvero di fronte ad un livello così alto, c’è davvero poco di cui lamentarsi. Una prima giornata da incorniciare. (Carlo Paleari)
Guarda tutte le gallerie del primo giorno.
Sulla nostra pagina facebook trovi le foto dei meet & greet.
DOMENICA 7 LUGLIO
Il secondo giorno del Metal Park comincia non proprio nel migliore dei modi, con l’annuncio dell’annullamento del concerto dei Moonspell a causa della cancellazione del loro volo e la conseguente impossibilità di trovarne un altro con tempistiche giuste per arrivare in tempo.
Augurandoci di poter rivedere al più presto i lupi portoghesi, ci avviciniamo al palco sotto un fuoco incrociato di sole a picco, nuvole minacciose e schiaffi in faccia, cortesia degli SLUG GORE: il quartetto di Ravenna sembra voler divorare l’immenso palco che li ospita a colpi di quel misto di hardcore, grindcore e un certo gusto horror/splatter che si sposa – ovviamente – bene con la proposta musicale.
Il pubblico, certamente non folto (è anche l’una del pomeriggio, c’è da dire), sembra però gradire le badilate in faccia di Sbocco e compagni, che a loro volta, tra un omaggio a “Tremors” e un sacco di salti e calci volanti, si divertono tantissimo, alternando estratti dall’EP debutto “Extraterrestrial Gastropod Mollusc” a quelli del recente full-length “They Slime! They Ooze! They Kill!”, come per esempio la riuscita “The Deadly Spawn”, in collaborazione coi Fulci.
Notiamo una buona percentuale di spettatori dall’età media bassa, forse lì anche per la fama di Danny, alla batteria, nel mondo di YouTube: al netto delle critiche sul caso – francamente, non ci interessano – e di una ‘fisiologica’, se vogliamo, assenza di ‘originalità’, se attraverso gli Slug Gore qualcuno di loro si è avvicinato al mondo del metal (più o meno estremo) appassionandosene, già solo questo ci sembra un buon risultato. (Sara Sostini)
Artista: Slug Gore | Fotografo: Enrico Dal Boni | Data: 07 luglio 2024 | Evento: Metal Park | Venue: AMA Festival | Città: Romano D’Ezzelino (VI)
Nonostante l’orario non sia stato propriamente tra quelli più consoni per metter in atto un rituale degno della fiamma nera, i MORTUARY DRAPE hanno sfruttato la mezz’ora a disposizione per dimostrare ancora una volta di essere tra quelle band in grado di trasportarci all’interno del proprio calderone maligno ed occulto senza tanti fronzoli, forti di una storia ultra trentennale, capisaldi di un black metal devoto alla vecchia scuola, mescolando a dovere heavy e thrash, ottenendo così la giusta miscela orrorifica.
La malevola mistura è stata tale, per cui anche il cielo di Romano d’Ezzelino si è leggermente incupito, portando nuvoloni nerastri a circondare lo show del quintetto piemontese in un tetro quadro ad hoc. Incappucciato, in fila indiana, il gruppo alessandrino ha fatto il suo ingresso sulle note di “Restless Death”, opener dell’ultimo “Black Mirror”, anticipando il proprio vate Walter ‘Wildness Perversion’ Maini, con tanto di leggio al seguito.
Il sinistro sospiro del nostro celebrante ci ha accompagnato nel labirinto sonoro della stessa “Restless Detah”, intrisa di tensione, tra stacchi rallentati e riff rocciosi, andando così a certificare uno dei pezzi più riusciti rilasciati ultimamente dalla band dello stesso Maini.
Anch’essi supportati da una dignitosa resa sonora, i Mortuary Drape hanno, ancora una volta, abbinato eleganza mortifera e accuratezza d’esecuzione: prima di arrivare alla canonica chiusura della cupa liturgia, affidata all’eterna “Primordial”, hanno trovato spazio tra le altre “The Secret Lost” (anch’essa estratta dal recente “Black Mirror”) e la cattivissima “Necromaniac”, la quale, grazie al suo affabile refrain ci ha portato a scommettere su quante volte sarebbe stata pronunciata la parola ‘necro’ nel corso della giornata (qualcuno ha tenuto il conto? perchè noi lo abbiamo perso).
Trenta minuti solidi e compatti, a definire – ancora una volta, qualora ce ne fosse bisogno – la portata storica di una realtà tricolore a dir poco capitale. (Andrea Intacchi)
Artista: Mortuary Drape | Fotografo: Enrico Dal Boni | Data: 07 luglio 2024 | Evento: Metal Park | Venue: AMA Festival | Città: Romano D’Ezzelino (VI)
“La classe non è acqua“, nel caso dei FLESHGOD APOCALYPSE, risulta un modo di dire particolarmente azzeccato: puntuali come orologi e nonostante le secchiate d’acqua che piovono dal cielo, Francesco Paoli e compagnia decadente salgono sul palco come se niente fosse.
Durante tutto il concerto, abbiamo modo di constatare come le centinaia di date macinate negli anni abbiano contribuito a cementare le dinamiche live dei nostri nella gestualità, nella cura degli abiti di scena (quel misto tra Francia pre-rivoluzione e “Intervista col Vampiro”, che in questo genere non gusta mai) nel dosare fomento e battute di spirito (“ora voglio vedere della gente che si sposta a destra e sinistra per fare il wall of death… però così siete esagerati, non c’abbiamo una intro così lunga e soprattutto per chi ci avete preso, per gli Slaughter To Prevail?“), nell’abilità da mattatore di Francesco nel condurre lungo ciascun riff circolare, ciascun trionfale passaggio sinfonico sia il pubblico che la band; ogni musicista suona con gli altri in una sintonia davvero palpabile, ed è questa la sensazione più forte (e bella da saggiare) che trasmette l’intero set, tra i tasti d’avorio del pianoforte e la marzialità della sezione ritmica.
Per il resto, i brani funzionano come sempre, che si tratti da estratti del prossimo “Opera” come “Pendulum” o momenti più ‘datati’ come “The Fool” o “Sugar”, ormai diventate pilastri dei loro live; il death metal opulento, muscolare, barocco e sinfonico dal vivo acquista sempre una dimensione ulteriore di fisicità e potenza, con la presenza sempre maggiore di Veronica Bordacchini non solo per le sue doti di soprano, ma anche come ‘comprimaria’ nel ritmo dello show, ulteriore segnale di certo studio e ricerca (fruttuosa) di miglioramento costante impossibile da non notare.
Gli scrosci di applausi (e la lunga fila al meet & greet) testimoniano come non siamo i soli a pensarla così. (Sara Sostini)
Artista: Fleshgod Apocalypse | Fotografo: Enrico Dal Boni | Data: 07 luglio 2024 | Evento: Metal Park | Venue: AMA Festival | Città: Romano D’Ezzelino (VI)
Sebbene se ne siano lette tante ultimamente in merito alla attuale natura degli svedesi DARK TRANQUILLITY, rimane tuttavia innegabile quanto questa band sembri riuscire ad eludere ogni genere di problematica generalmente presente dopo diversi cambi di formazione, o banalmente dopo una piega stilistica più raffinata rispetto ai primi, gloriosi lavori in studio, divenuti col tempo un tassello storico del melodic death metal.
Diciamo questo perché negli ultimi anni le loro esibizioni cui abbiamo avuto modo di assistere si sono sempre attestate tra il più che buono e l’eccellente, e in questa sede possiamo dire che il risultato sembra destinato a non essere in alcun modo da meno: i nuovi ingressi al basso e alla batteria si sono ormai perfettamente ambientati, e il chitarrista danese Peter Lyse Hansen (Hatesphere) qui presente affianca il collega Johan Reinholdz con classe, scambiandosi con lui fraseggi e ghigni per tutta la durata dello show.
Inoltre, poco da dire, il buon Mikael Stanne rimane tuttora uno dei migliori frontman in circolazione, condendo con il suo tipico sorriso una performance maiuscola, in cui il palco sembra quasi farsi più piccolo mentre agli modula tra ruggiti in growl e stacchi in voce pulita, veri simboli di una scaletta che, un po’ come al solito, fa inizialmente storcere un po’ il naso ai nostalgici, che tuttavia mantengono ben salda la propria posizione, trascinati da un’esecuzione impeccabile.
Tra le varie “Encircled”, “Atoma” e “Nothing To No One” c’è posto per una più datata “Hours Passed In Exile” e persino per tre nuovi singoli, destinati a prendere posto all’interno della tracklist del full-length di prossimo uscita “Endtime Signals”; anche se le ovazioni sono tutte per la cattivissima “Cathode Ray Sunshine”, inserita nuovamente in scaletta in tempi recenti, e per “Thereln”, che è anche l’estratto più old-school del concerto odierno, peraltro posta subito prima del finale con “Lost To Apathy” e “Misery’s Crown”.
A show finito gli applausi sono d’obbligo e ci fa enormemente piacere sentire, negli istanti successivi, diversi ascoltatori ricredutisi dopo un iniziale scetticismo. (Roberto Guerra)
Artista: Dark Tranquillity | Fotografo: Enrico Dal Boni | Data: 07 luglio 2024 | Evento: Metal Park | Venue: AMA Festival | Città: Romano D’Ezzelino (VI)
Chi scrive ha sempre preferito la sostanza all’immagine esteriore. Ed allora, quando è apparso sullo sfondo un semplice striscione nero con la scritta bianca CORONER, la sensazione di poter assistere ad un concerto più che meritevole ha preso lentamente forma. Sono infatti bastate le prime note di “Golden Cachemire Sleeper, part I” per spazzar via ogni dubbio.
“Buonasera, we’re Coroner from Switzerland” ha presto annunciato Ron Royce, “e vi mostriamo come si suona del technical thrash metal” aggiungiamo noi. Perchè così è stato.
Precisi? Di più! Impattanti? Di più! Li definiremo, come dire… svizzeri!
Nella loro conclamata schiettezza, i Coroner hanno letteralmente rapito la folla (non così nutrita, a dire il vero) presente all’appuntamento. Sulla sinistra la genialità di Thomas Vetterli, autentico diavolo a quattro, a macinare riff e assoli in grado di tracciare una linea infinita sui binari del tecnicismo chitarristico; sulla destra lo stesso Royce, altrettanto chirurgico nello scandire glacialmente i ritmi con il suo basso; là dietro, a chiudere, Diego Rapacchietti, magistrale nel mastodontico lavoro alle pelli: non un colpo fuori posto, letale e categorico. Con loro, Daniel Stossel, alle tastiere e samples, ad impreziosire l’aurea meticolosa, ammorbandola di mistero e desolazione.
Una combo perfetta, che ha trovato terreno fertile grazie a perle come la magnetica “Masked Jackal”, a liturgie thrash come “Grin (Nails Hurt)” e “Metamorphosis” o alla nuova e convincente “Sacrificial Lamb”. Nuova? Sì, avete letto bene: pur essendo ormai in scaletta da oltre un anno e mezzo, infatti, il pezzo è destinato a far parte di quel tanto agognato nuovo album il quale, come sottolineato dallo stesso Royce, vedrà forse (si spera) la luce il prossimo anno.
Impeccabili e trascinanti, con una “Semtex Revolution” nelle vesti di un pogo-warm up in vista di ciò che sarebbe scoppiato poco più tardi con i Cavalera.
Poche parole, striminzite, quelle pronunciate da Royce tra un pezzo e l’altro, tanto cordiale nell’incontro con i fan, quanto essenziale on stage. “E’ stato un onore sostituire Kerry King” ha sentenziato, quasi beffardo, al termine dei settantacinque minuti previsti (non uno di più, ma del resto, ribadiamo, sono svizzeri), alzando nuovamente il sipario per l’ultima pallottola, quella “Reborn Through Hate” che ha definitivamente chiuso i battenti di una delle performance migliori della giornata e dell’intero Metal Park. (Andrea Intacchi)
Artista: Coroner | Fotografo: Enrico Dal Boni | Data: 07 luglio 2024 | Evento: Metal Park | Venue: AMA Festival | Città: Romano D’Ezzelino (VI)
Abbiamo pochi dubbi riguardo al fatto che, una volta tornati a casa, sarà l’esibizione degli headliner a occupare il gradino più alto del podio, ma ciò nonostante non possiamo non catalogare come autentici protagonisti i fratelli CAVALERA, che in questa sede non si limitano a sfoggiare nuovamente il vecchio logo in vista di uno show incentrato unicamente sul loro iconico passato nei brasiliani Sepultura, ma ci sparano diretti al cuore con uno shotgun caricato con autentiche gemme di quello che un tempo era il metal estremo di stampo sudamericano.
Usiamo questa similitudine al limite del bellico poiché lo show messo in piedi quest’oggi rappresenta esattamente quello che una enorme fetta di appassionati stava aspettando: una selezione di rimandi completi, con in più alcuni medley, ad un passato glorioso e pregno di quella violenza tipica del black/death/thrash dei Sepultura originali, il tutto suonato con una ritrovata grinta demolitiva da un quartetto perfettamente amalgamato, seppur con i due fratelli a fungere da cuore pulsante.
Da “Bestial Devastation ” e “Antichrist”, passando per “Necromancer”, “Morbid Visions”, “Mayhem” e “Crucifixion” la prima metà della scaletta rappresenta il perfetto paradiso per i mosher, come ben si può notare dal polverone sollevato sottopalco, e si rende man mano chiaro l’intento dei fratelli di ribadire un concetto già espresso, ma mai con la stessa efficacia di oggi: no Cavalera, no Sepultura!
Questa frase corona infatti un percorso di rinnovato entusiasmo e attitudine inscalfibile, messa in scena proprio da chi si è reso tempo fa ambasciatore della combinazione musicale più amata dai thrasher di tutto il mondo, che in questo caso possono continuare a godere con “From The Past Comes The Storm” e “To The Wall”, fino alla fine dello show, soprattutto nel momento in cui “Troops Of Doom” irrompe fuori dall’impianto, collocata in mezzo a dei medley il cui utilizzo può essere controverso, ma nel contempo funzionale nel momento in cui si vogliono escludere meno menzioni possibile dall’equazione, inclusa quella “Refuse/Resist” irrinunciabile per molti, in questo caso abbinata a quel capolavoro di “Territory”.
Non ci è dato sapere che in futuro ci sarà una sorta di reunion o se i Cavalera proseguiranno su questa china nostalgica, ma è innegabile che oggi come oggi ci siano ben poche critiche fattibili a quanto udito, nella speranza di possa presto essere un’occasione con più tempo a disposizione, giusto per frantumarsi le ossa un altro po’. (Roberto Guerra)
Artista: Cavalera | Fotografo: Enrico Dal Boni | Data: 07 luglio 2024 | Evento: Metal Park | Venue: AMA Festival | Città: Romano D’Ezzelino (VI)
C’è una strana dicotomia in ciò che rappresentano gli EMPEROR oggi, una contrapposizione che sembra quasi voler negare una grossa fetta di quella filosofia che è (o quantomeno è stata) alla base del movimento black metal.
Gli Emperor oggi sono una band inattiva, il cui ultimo full-length risale a oltre due decenni fa. Ihsahn ha una carriera solista ben avviata ed è evidente che il suo interesse come compositore è tutto teso a quest’ultima; gli Emperor esistono, certo, ma sono una band che celebra ciò che erano nel passato, non ciò che sono oggi. Non sapremo mai cosa pensano Ihsahn e Samoth di quelle composizioni scritte quando erano poco più che adolescenti, ma è evidente come per entrambi un tour degli Emperor abbia più punti in comune con un lavoro che con la passione o gli ideali del genere a cui appartengono.
Intendiamoci, non sono i soli, ci mancherebbe, ma forse per loro la cosa è più evidente, per via del regale distacco con cui suonano o nella scelta tutt’altro che casuale di rinunciare a qualunque concessione nei confronti dell’estetica del black metal dei tempi che furono. Perché, dunque, pur prendendo per buone queste premesse, uno show degli Emperor è ancora oggi un’esperienza totalizzante, che restituisce al proprio pubblico la sensazione di essere davvero di fronte ad un pezzo di Storia? La risposta è tutta in due album, “In The Nightside Eclipse” ed “Anthems To The Welkin At Dusk”, che rappresentano la spina dorsale dei loro concerti e la cui perfezione è tale da annichilire ogni obiezione con una coltre di gelo che non lascia scampo.
Il pubblico del Metal Park, che pure nella seconda giornata è già stato felicemente martoriato da ore di violenza sonora, ha trovato ulteriore fonte di estasi con la performance dei norvegesi, che si sono resi protagonisti di un concerto maestoso, glaciale, tagliente come una lama e regale come il nome che portano. Da professionisti consumati, Ihsahn, Samoth e Trym – ben supportati dal basso di Sechtdamon e dalle tastiere di Jørgen Munkeby – bilanciano il concerto con una maestria assoluta, dando quasi eguale spazio ai loro due seminali capolavori e sottolineando i vari momenti con luci viola/blu per il debutto e verdi per il gioiello del 1997.
Fin dall’apertura, semplicemente perfetta, di “Into The Infinity Of Thoughts”, ci troviamo ad intraprendere un viaggio in cui ogni capitolo sembra voler superare il precedente: difficile, se non impossibile, trovare momenti di calo in una scaletta capace di attraversare la maligna oscurità di “Thus Spake The Nightspirit”, l’epica di “With Strength I Burn”, la vastità soverchiante di “The Majesty Of The Nightsky”, per chiudere con quella “Inno A Satana” che rappresenta il culmine della performance.
La resa strumentale della band è ancora una volta ineccepibile e valorizzata da una gestione dei suoni che, a maggior ragione in un open air, è stata davvero ammirevole. Ihsahn si prende la scena con la sua chitarra lilla e sembra davvero incarnare alla perfezione quel senso di distaccata eleganza di cui parlavamo in apertura; Samoth riesce ad essere tanto tagliente e letale, quanto evanescente e spettrale nelle sue movenze misurate; mentre Trym quasi scompare dietro al suo gigantesco drumkit, lasciando la parola al martellare incessante dei suoi piedi e delle sue mani.
Solo un paio di estratti dal resto della discografia della band con “Curse You All Men!” ed “In The Wordless Chamber” (scelta come primo encore), mentre tocca ad “Ye Entrancempirium”, con quel riff iniziale firmato da Euronymous, chiudere nel miglior modo possibile non solo un concerto ineccepibile, ma soprattutto una prima edizione di un festival che sembra aver messo con decisione le basi per un appuntamento imperdibile nell’estate metallica del nostro Paese. (Carlo Paleari)
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