- METAL VALLEY OPEN AIR 2011 @ Area Expo - Rossiglione (GE)

Pubblicato il 21/07/2011 da

METAL VALLEY OPEN AIR 2011
10/07/2011 – Area Expo – Rossiglione (GE)

Introduzione a cura di Marco Gallarati
Report a cura di Marco Gallarati e Alessandro Corno

Seconda edizione del Metal Valley Open Air, l’happening metallico organizzato dalla Nadir Music di Trevor  dei Sadist e caratterizzato dall’attitudine genuinamente familiare, intima e da sagra da paese alternativa, nonostante ad esibirsi sul palco non siano stati proprio dei bigotti cattolici di provincia (leggi: Deicide e Belphegor). L’amena Rossiglione, incastrata tra i monti della Valle Stura, si è di nuovo rivelata pronta ad accogliere gli amanti dell’underground e non, per una giornata di metallo che è risultata caldissima e piacevole, sebbene per quanto riguarda la questione affluenza di pubblico non si può affermare certo ci sia stato il pienone. Evidentemente, sebbene il target fosse parecchio più orientato verso l’estremo rispetto ai grandi eventi dell’ultimo mese, il richiamo di un altro festival heavy metal non è stato abbastanza forte per attirare un’audience adeguata. In più, a pochi chilometri di distanza, sono andati di scena in serata i Meshuggah, che hanno probabilmente tolto una fetta di estimatori al festival genovese. I presenti al Metal Valley, però, avranno potuto certamente godere di un’organizzazione pressoché impeccabile e di un paesaggio, quello appena al di fuori dell’Area Expo, sede della manifestazione, incantevole e del tutto rilassante. Nel corso della giornata abbiamo potuto toccare con mano la semplicità con la quale si propone l’evento, con un Trevor sempre disponibile a scambiare quattro chiacchiere e attento a far sì che tutti siano a proprio agio. Abbiamo anche avuto modo di constatare la prodigiosa alterigia satanica di Mr. Glen Benton, ad un certo punto della giornata uscito dal backstage in palandrana, look mefistofelico e clamorose infradito: molti fan son riusciti ad estorcergli una foto storica, ma dopo dieci minuti di vagabondaggio, il leader dei Deicide ha preferito snobbare le ultime richieste per tornarsene al fresco del camerino. Certo è da dire che, in altre venue o in altre occasioni più importanti, la visione di Benton in ciabatte sarebbe stata del tutto impensabile! Così come anche vedersi un Ralph Santolla letteralmente sconvolto al bar del paese ad ubriacarsi assieme ai ragazzi australiani dei The Amenta… Insomma, dal punto di vista del divertimento e della musica gli astanti accorsi avran poco di che lamentarsi: giornata tranquilla, clima più che positivo, band che hanno saputo intrattenere, prezzi contenuti, spazio e libertà per tutti. Questo è in definitiva il Metal Valley.
Noi di Metalitalia.com eravamo presenti con l’ennesimo stand di questa estate infuocata, ma a questo giro il personale è stato davvero ridotto. Per cui, avendo da gestire le solite parecchie cose in due redattori solamente, ci dobbiamo scusare anticipatamente per la limitata accuratezza del report qui di seguito, ringraziando comunque tutti i ragazzi che ci sono venuti a salutare anche a Rossiglione!

5 STAR GRAVE
Con un leggerissimo ritardo sulla tabella di marcia, a dare il la al Metal Valley Open Air 2011 sono i 5 Star Grave, band cuneese sorta sulle ceneri dei Ground Zero – scusate l’involontario gioco di parole – e proponente un metal moderno e veemente, molto contaminato però da death’n’roll, attitudine spaccona à la Children Of Bodom e punk rock, tanto che fra la manciata di brani proposti quest’oggi ha fatto sfoggio di sé la cover di “Pet Sematary” dei Ramones. Suoni ovviamente non al meglio e una voce non particolarmente in palla – sebbene si stia parlando di Claudio Ravinale dei Disarmonia Mundi – non hanno certo contribuito a fare dello spettacolo dei 5 Star Grave un evento da tramandare ai posteri, ma d’altronde siamo all’ora di pranzo e il pubblico è veramente ancora pochino e perlopiù impegnato a mangiare e bere.
(Marco Gallarati)

LUCKY BASTARDZ
Sole che arde il parterre e pubblico ancora rado e dormiente sono quello con cui i Lucky Bastardz devono avere a che fare quando all’una del pomeriggio salgono sul palco. La band alessandrina ha però dalla sua parte un’attitudine rock n roll, un sound adrenalinico e dei brani estremamente diretti che riescono a destare l’attenzione dei presenti nonostante dei suoni non perfetti. Certo l’originalità non è il punto forte dei Lucky Bastardz, ma pezzi come “Sin City” o l’up-tempo “We Won’t Let You Down” sono basati su riff immediati e ritornelli che non faticano a intrattenere e divertire gli astanti. Buona e anche discretamente coinvolgente la prova del gruppo e del suo frontman. Pollice alzato dunque, nonostante lo scarso tempo a disposizione e un numero di spettatori ancora troppo limitato.
(Alessandro Corno)

SPANKING HOUR
Con il loro debutto “Revo(so)lution” i parmensi Spanking Hour si erano guadagnati, a cavallo tra il 2010 e l’anno in corso, una posizione da Hot Album nel nostro portale, quindi la loro performance ci genera abbastanza curiosità. Dal vivo i ragazzi badano al sodo e il loro modern metal multi-sfaccettato ci pare appesantito e reso un pelo più aggressivo rispetto a quanto udibile su disco. Il connubio tra hard-rock, thrash e soprattutto metal-core di ampio respiro (Chimaira, Killswitch Engage) ci regala una buona setlist, sebbene il riferimento principale degli Spanking Hour a chi scrive sono parsi i Machine Head. Dopo la buona “The Pain Becomes My Treasure”, c’è stato addirittura tempo per un ulteriore brano non previsto, che ha chiuso con dignità una prova piacevole e vivace.
(Marco Gallarati)

NERVE
Anche i Nerve sono piuttosto attesi al varco. La band scoperta da Tommy Talamanca ha già all’attivo due full, “Getting Nervous” e “Hate Parade”, ed in entrambi è stata in grado di mostrare ottime idee ed una già marcata personalità. Il cambio palco un po’ più prolungatosi rispetto ai velocissimi ribaltamenti occorsi finora è segnale che il festival entra maggiormente nel vivo, ed il techno-thrash-death metal dei genovesi lo dimostra appieno. Buono anche l’uso della voce pulita nei frangenti ad essa dedicati, ma le strutture sincopate e frenetiche del gruppo sono il trade-mark che permette di riconoscere i Nerve quasi al volo. “My Inferno” è il pezzo che ci è piaciuto di più, ma tutta la setlist della band è stata degna di ascolto, nonostante si sia in pieno pomeriggio, sotto un Sole cocente e ancora con un’audience scarseggiante.
(Marco Gallarati)

CEREBRUM
Tocca ai greci Cerebrum e anche loro, come i nostrani Spanking Hour, sono passati, in occasione del debut-album “Spectral Extravaganza”, fra le forche caudine degli Hot Album di Metalitalia.com; e, dopo averli visti all’opera al Metal Valley, non possiamo che confermare la buona impressione suscitataci in studio. Gli ateniesi, nonostante non avessero George Kollias dietro le pelli come su disco, hanno sciorinato una mezzora di repertorio senza indugi, suonando con buona perizia e sufficiente intraprendenza. “Epyphysis Thrive” e “Pattern Of Fear” hanno raccolto i migliori applausi provenienti da una mini-platea in lentissimo crescendo. Certo i Cerebrum devono ancora farsi un po’ le ossa, così come il vocalist Apollon Zygomalas, ma la band c’è e può solo crescere: il suo techno-death metal ha tutte le caratteristiche per portarla notevolmente in alto.
(Marco Gallarati)

ANTROPOFAGUS
Con gli Antropofagus il Metal Valley va a riesumare – è proprio il caso di dirlo! – un nome imprescindibile dell’underground italico estremo, uno di quei (pochi) nomi ben apprezzati anche all’estero. La formazione genovese, il cui unico membro storico rimasto è il chitarrista Francesco ‘Meatgrinder’ Montesanti, ha scritto un bel pezzetto di storia del metal italiano, pubblicando quel “No Waste Of Flesh”, targato 1999, che andò diretto a competere con alcuni dei mostri sacri del death metal brutale, tecnico e rasente al grind, insomma quello che gira attorno a Cannibal Corpse, Suffocation, Deicide e i soliti nomi. Il quartetto, con il nuovo vocalist Tya chiamato a sostituire Argento, ha firmato un contratto con la Comatose Music e, proprio tratta dal prossimo disco in futura uscita, ci presenta la title-track (“Architecture Of Lust”) fra i primi brani della setlist. L’ignoranza musicale e la mancanza di compromessi sono palpabili quasi materialmente durante il concerto degli Antropofagus, che riescono a richiamare sotto il palco una buona parte della gente finora presente all’evento. Viene proposto un altro pezzo nuovo, “Lesson Upon Redemption”, prima di chiudere lo show con il cavallo di battaglia della formazione di Meatgrinder, ovvero “Loving You In Decay”. La ruggine del Tempo pare avere abbandonato il gruppo, che però necessita ancora di qualche lucidatina (doppia cassa?) per splendere al meglio del suo pallore putrescente. Davvero un grosso bentornato!
(Marco Gallarati)

METHEDRAS
E’ la volta dei thrash-deathsters lombardi Methedras, ormai da quindici anni uno dei combo che in Italia sa meglio rappresentare il genere in questione, ben posizionato, in quanto a songwriting, a cavallo tra i mostri sacri degli Eighties (Testament) e le creature più possenti e tecniche del decennio successivo (Pantera, Machine Head). La band si conferma un’ottima macchina da guerra dal vivo, sebbene esibirsi dopo il massacro degli Antropofagus non fosse affatto facile. I pezzi di “Katarsis” hanno avuto buona presa sulla latente platea del Metal Valley, pezzi fra i quali ci piace citare “On My Knees”. A fine concerto, dopo aver proposto la riuscita cover di “Davidian”, super-classico dei Machine Head, abbiamo anche avuto modo di osservare un curioso e del tutto casereccio wall-of-death, al quale hanno preso parte una ventina di ragazzi. Limitato certo, ma sicuramente non pericoloso. Con i Methedras giù dal palco possiamo dire che si è chiusa la prima parte del festival di Rossiglione: il Sole è ancora bello alto e cocente, ma i seguenti The Amenta sono pronti a far calare un po’ di gelo fra gli astanti…
(Marco Gallarati)

THE AMENTA
La gradazione internazionale della Valle di Metallo aumenta esponenzialmente quando si trasvola addirittura fino in Australia per andare a pescare i The Amenta, band industrial-black metal che ha saputo attirare sotto il palco un bel po’ di spettatori. Tra Red Harvest, Zyklon e qualche altro temerario gruppo – solitamente norvegese – che sa come mischiare in maniera sinistra la Musica Nera a quella industriale, gli aussie non si spaventano di fronte alla lucentezza della giornata e ad un calore tutto italiano, pittandosi comunque di nero e argento per dare un senso alla loro musica, vagamente fuori contesto se pensiamo al campanile della chiesa a due passi, alle montagne liguri in prospettiva e alla bocciofila di Rossiglione in piena attività proprio dietro al nostro stand. Non fanno esattamente paura come su disco, oggi i The Amenta, e la performance non ci ha fatto granché trasalire, davvero castrata dalle condizioni ambientali. La loro setlist è però stata un lento crescendo, che pian piano ha avviluppato i presenti in un tiepido magma oscuro. Da risentire per forza; comunque la band è molto interessante, così come i ragazzi, da quanto abbiamo potuto vedere nel corso della giornata, anche più che disponibili a farsi fotografare dai fan.
(Marco Gallarati)

ELVENKING
Il tempo scorre e si arriva a sera, ma purtroppo il Metal Valley fatica a popolarsi di fan. Si contano poche centinaia di persone in giro per l’area concerti, delle quali solo qualche decina sotto al palco per accogliere gli Elvenking. La folk metal band italiana è difatti il gruppo più melodico presente ad un festival in cui i due combo principali rispondono al nome di Belphegor e Deicide. Non ci si può dunque aspettare un bagno di folla per il gruppo friulano e, se ad un contesto non ottimale aggiungiamo una prestazione non brillante, capiamo come per loro questo non resterà un evento da ricordare. Le iniziali “Downmelting” e “The Scythe” soffrono infatti di una prova strumentale non precisa, a cui si sovrappongono dei suoni confusi, con preponderanza della batteria e seconde voci praticamente inesistenti. Che non sia la serata giusta lo si capisce anche dal cantato non entusiasmante di un Damna meno in  forma del solito. Ad ogni modo, se la band col passare dei minuti e dei pezzi riesce a far presa sul pubblico è in gran parte merito degli sforzi del suo frontman nell’incitare i ragazzi delle prime file e nel correre da una parte all’altra del palco. Le melodie catchy di “The Cabal” e i ritmi più tirati di “Your Heroes Are Dead” strappano qualche applauso in più e ci permettono di constatare la convincente prova del nuovo batterista Symohn, da poco chiamato a sostituire lo storico Zender. La breve setlist, principalmente incentrata sugli ultimi album, si chiude con “Poisoned Tears” e l’immancabile “The Winter Wake”, ultimi atti di uno show penalizzato e deficitario sotto diversi aspetti, e per questo non rappresentativo delle reali qualità di questa formazione.
(Alessandro Corno)

HOUR OF PENANCE
Dopo la parentesi melodica degli Elvenking, si arriva all’orgoglio nazionale death metal, attualmente la formazione estrema italiana che probabilmente meglio ci rappresenta all’estero: Hour Of Penance dalla capitale. Suoni devastanti e assalto senza fare prigionieri è quello che ci si attende dal combo romano ed è esattamente ciò che il combo romano ci regala, nonostante – ahimé, dobbiamo ancora ripeterci – il pubblico non sia numericamente all’altezza di una performance sì valida. Si scatenano focolai di pogo al ritmo indiavolato di “Paradogma” e “Absence Of Truth” e per qualche istante c’è qualche simpaticone che sembra volersele dare sul serio, effetto complice di caldo, birra e demente esaltazione. Gli HOP tengono il palco solidamente, ben rodati da un’attività live sempre più interessante, trovano il tempo per presentare un nuovo brano e non ci pare un azzardo dire che finora siano gli autori della prestazione migliore qui al Metal Valley. Padroni assoluti della scena odierna.
(Marco Gallarati)

SKANNERS
Dopo la devastazione sonora firmata Hour Of Penance, il Metal Valley con gli Skanners cambia rotta e vira sul metal più classico e incontaminato. Una band che ha sempre dimostrato di aver ottenuto molto meno successo di quello che avrebbe meritato e che anche questa sera dà prova, già dall’assalto iniziale “Welcome To Hell”, di avere grinta e passione da vendere. Pezzi diretti e di gran presa come “We Rock The Nations” o la più tirata e metallica “Blood In My Eyes” colpiscono grazie alla solita prova energica del frontman Claudio Pisoni, praticamente un ragazzino sul palco nonostante sia in giro con questa band da tre decadi. Ottima resa per le più recenti “Iron Man”, “Never Give Up” e “Factory Of Steel”, title-track dell’ultimo e convincente album. Sorprendente il giovanissimo batterista Davide Odorizzi, in pratica un adolescente, che però dimostra di avere già degli ottimi numeri e di saper suonare con un tiro notevole. Completa la sezione ritmica l’altro nuovo e buon innesto Andrea Demasi, anch’egli già ben integrato nella band. Lo show degli Skanners non riserva grosse sorprese ed è tutto un susseguirsi di pezzi dal sound estremamente classico, come la conclusiva “Hard And Pure”, il cui titolo descirive chiaramente quella che da decenni è l’attitudine del gruppo. Purtroppo i primi due album “Dirty Armada” e “Pictures Of War” vengono sacrificati in favore delle nuove produzioni e questo resta l’unico neo di una prestazione come al solito convincente e rivolta ai non molti ma ad ogni modo affiatati fan della band presenti questa sera.
(Alessandro Corno)

STRANA OFFICINA
Per la gioia degli amanti dell’heavy metal tradizionale, dopo gli Skanners è la volta di un’altra band che ha fatto la storia del classic italiano e che non ha certo bisogno di presentazioni. La Strana Officina apre sulle note di “In Rock We Trust” e come di consueto non scontenta i propri fan, finendo semmai per attirare sotto al palco anche i deathster in attesa dei Deicide. Il riffing spedito di “Profumo di Puttana” irrompe con tutto il suo impeto, sostenuto da una sezione ritmica precisa e dal solito carismatico Bud alla voce. Il frontman non risparmia ringraziamenti e raccoglie altrettanti applausi. Ottimi da subito i suoni. Lo show prosegue con “Boogeyman”, altro buon episodio dell’ultimo album “Rising To The Call”, e “Non Sei Normale”, irresistibile brano anch’esso presente sul recente full-length, ma in realtà di lunga storia e anche per questo conosciuto e cantato da molti dei presenti. Si prosegue su ritmi elevati con la tellurica “Beat The Hammer”, eseguita con un tiro a dir poco micidiale prima dello stacco con la più atmosferica “L’Autostrada Dei Sogni”, in occasione della quale Bud ricorda a tutti che questo è il diciottesimo anno dalla scomparsa dei due membri storici Fabio e Roberto Cappanera. Acceleratore ancora giù e tanto headbanging con “Viaggio In Inghilterra” e la conclusiva “Officina”, finale che lascia a tutti l’impressione di aver assistito all’ennesima grande prova della Strana Officina nonostante la setlist corta e dunque priva di diversi classici.
(Alessandro Corno)

BELPHEGOR
Arriviamo finalmente ai vice-headliner, gli austriaci Belphegor, formazione che, pur a) essendo in giro da tantissimi anni b) avendo pian piano sviluppato e accresciuto il proprio black-death metal satanico e c) incidendo per Nuclear Blast, non è ancora riuscita in carriera a sfornare un vero Capolavoro. Il bassista Serpenth è stato visto più e più volte durante il giorno fare capolino tra la folla, evidentemente mandato in avanscoperta dal leader, chitarrista e vocalist Helmut per preparare qualcosa di veramente malvagio, se infatti consideriamo le continue minacce, perpetrate durante lo show dal frontman, di ‘bruciare Genova e spedirla all’Inferno’. Con finalmente l’impianto luci ben visibile – le ombre della sera si sono infine tramutate del tutto negli spettri della notte – i Belphegor imbastiscono una performance piacevole, promulgata attraverso brani che hanno spaziato lungo la discografia della formazione di Salisburgo passando da “Lucifer Incestus” alla cadenzata “Rise To Fall And Fall To Rise”, prediligendo però il materiale recente. Se musicalmente si può rimproverare ben poco al gruppo austriaco, l’intrattenimento dell’audience è stato piuttosto ridicolo, volto a satanizzare tutto il satanizzabile e a tutti i costi. Ci piace rimarcare, un’altra volta, come il paesaggio pio e tranquillo del centro ricreativo di Rossiglione faccia letteralmente a cazzotti con la musica e le tematiche proposte on stage dal Metal Valley, senza per questo però creare interferenza alcuna, né problematiche di ordine pubblico. Bell’atmosfera, insomma.
(Marco Gallarati)

DEICIDE
Dopo aver chiamato i demoni a raccolta tramite le invocazioni bestiali dei Belphegor, è giusto ora che tali malvagità possano muoversi indisturbate per la provincia di Genova e oltre: ecco i Deicide, LA formazione death metal satanica per eccellenza. Ricapitolando un attimo: Glen Benton oscuro ma cordiale e soprattutto in infradito; Ralph Santolla in condizioni pietose al bar comunale; Owen e Asheim si spera in buona forma. E’ qua la suddetta storica satanic death metal band. Una volta saliti on stage, però, nessuno spazio per il cazzeggio, forti di un’esperienza decennale e di un carisma importante. Poche parole, attitudine indefessa, voce alla musica, tramite una setlist che diremmo ha accontentato tutti, sia i fan che hanno da poco scoperto la band floridiana – una buona manciata gli estratti dall’ultimo, non esaltante “To Hell With God” – sia gli estimatori degli storici primi lavori del gruppo, quei “Deicide”, “Legion” e “Once Upon The Cross” che sono pietre miliari del genere: basti sapere che la chiusura di spettacolo è stata affidata alla tripletta “Kill The Christians” / “Lunatic Of God’s Creation” / “Sacrificial Suicide”. Purtroppo, ve lo confessiamo, abbiamo seguito Benton e soci a spizzichi e bocconi, in quanto anche impegnati a smontare lo stand e a fare i preparativi per il ritorno a casa. Da quello che abbiamo potuto sentire e vedere, comunque, i Deicide ci sono sembrati abbastanza in palla, con un incredibile Santolla forse un po’ restio a stare in piedi ma che ha tenuto il palco e i pezzi con maestria. Il pubblico ha reagito bene e finalmente, sebbene probabilmente mancante della frangia classica andata via dopo la Strana Officina, si è rivelato anche piuttosto numeroso, con addirittura la presenza di un paio di ragazzini con tanto di genitori al seguito.

Tirando brevemente le somme e facendo calare il sipario su questa seconda edizione del Metal Valley, possiamo affermare che si è ancora una volta trattato di un’esperienza positiva in un clima più che positivo e molto alla mano. Non sappiamo proprio dirvi se il 2011 abbia battuto il 2009, in fatto di incassi e successo della manifestazione, in quanto lo scontro è arduo. Noi speriamo solo che, comunque sia andata, un evento simile si possa ripetere tutti gli anni!
(Marco Gallarati)

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