Introduzione a cura di Marco Gallarati Report a cura di Marco Gallarati, Matteo Cereda, Alessandro Corno e Maurizio ‘Morrizz’ Borghi Foto a cura di Bianca Saviane
Prima edizione del Metal Valley Open Air, il nuovo festival metal di carattere underground fortemente voluto da Trevor dei Sadist: è giunta l’ora di tirare le somme di un evento che, nel suo piccolo e nel suo essere esordiente, ha saputo catalizzare un’imprevedibile mole di promozione ed interesse proveniente un po’ da tutte le parti. Ma andiamo con ordine e analizziamo nel dettaglio la manifestazione.
Location: Rossiglione, paesino incastonato nell’entroterra ligure, in piena valle Stura, è un posto placido e tranquillo, popolato da una quantità impressionante di vecchine e vecchietti per nulla sconvolti dalla masnada di truci e barcollanti metallari giunti ad infestare il loro sabato di riposo e di chiacchiere fuori in veranda. A parte la problematica del dove parcheggiare la macchina – soprattutto nel caso il festival volesse ingrandirsi in futuro – la location è parsa molto carina, ma va precisato anche come l’Area Expo esterna, dove si è svolto l’evento, è in cemento e recintata, con i monti e le valli ‘solo’ sullo sfondo; insomma, chi pensava di pescare trote e lucci ascoltando gli Entombed, probabilmente è rimasto un po’ deluso…
Prezzo e servizi: prezzo assolutamente popolare – 15 euro – soprattutto se si considerano i gruppi che hanno suonato al debutto del Metal Valley. Verissimo che, a detta dello stesso Trevor, le band chiamate sono tutte ‘amiche’, quindi presumiamo le spese di pagamento per le esibizioni siano state non troppo onerose, ma chi non spenderebbe una risibile manciata di euro oggigiorno per trascorrere una serata di metal estremo di medio/alto livello? Per quanto riguarda i servizi, non ci si può lamentare troppo visto il prezzo contenuto, ma un paio di appunti ci tocca farli: tre bagni chimici sono un po’ pochi; serviva un altro baracchino per il ristoro, in quanto la coda per accaparrarsi un panino ha raggiunto anche la mezzora: fortuna che faceva fresco e i concerti erano visibili girando di 90° la testa, ma una piastra in più sarebbe stata gradita.
Bill, affluenza e strumentazione: be’, il bill di carattere estremo e piuttosto underground non poteva richiamare orde di fans, ma la voglia di parecchia gente del posto (e della Liguria in generale) di gustarsi finalmente una bella manifestazione ad essa riservata è stata forte ed ha permesso una buona affluenza alla venue. Il richiamo di Entombed – un gruppo storicamente fondamentale e sempre divertente da vedere – e Rotting Christ – non troppo soliti dalle nostre parti – ha fatto il suo, mentre che dire della nutrita flotta di formazioni italiane presenti? Necrodeath e Dark Lunacy sono due garanzie, i Ritual Of Rebirth hanno giocato in casa, Kadavar e Bad Bones a dare fuoco alle polveri e Coram Lethe a completare un quadro davvero più che onorevole di performance! Di dimensioni spartane il palco e arredato lo stretto indispensabile, ma comunque impressionante il volume d’esibizione di quasi tutti i gruppi, a tratti letteralmente assordante.
Stand e merchandising: anche in questo settore il pollice in alto è d’obbligo per il Metal Valley, anzi…forse fin troppi stand erano presenti nel quadrato dell’Area Expo. In pratica tutti gli espositori presenti al Gods Of Metal di due settimane prima si sono ripresentati in questa occasione ‘ridotta’, e questo non è un dato di poco conto, a ben vedere: l’opera promozionale di Trevor e la sua influenza di personaggio hanno proprio avuto il loro bel peso.
Non resta quindi che concludere augurando alla Nadir Music di poter ripetere l’happening anche l’anno prossimo, certi della sagacia e dell’impegno del singer dei Sadist, novello organizzatore di eventi.
Un ringraziamento speciale, infine, agli amici del baracchino dei gelati, che hanno gentilmente vestito le magliette di Metalitalia.com per farci un po’ di pubblicità!
KADAVAR
Inizio pungente con i Kadavar, band milanese che propone in realtà un death metal abbastanza scolastico riconducibile soprattutto alla scena statunitense. Tuttavia, la compattezza del quartetto consente una resa sonora più che apprezzabile, che riesce a coinvolgere il pubblico. I Kadavar mostrano una tecnica discreta, messa in luce dalle svariate variazioni ritmiche in grado di valorizzare al meglio anche l’affiatamento della band. Come avevamo pronosticato nell’introduzione, i suoni sono più che discreti e l’impianto si rivela assolutamente all’altezza, con un volume e una potenza notevoli. Dopo un buon inizio, l’esecuzione di "Morbid Sense Of Weakness", dal nuovo omonimo full length di debutto, crea il primo scompiglio sotto il palco, mentre l’ottima esecuzione di "Lust Of Mortal Decay" cattura l’attenzione anche di chi era ancora nei pressi delle bancarelle. La giovane età lascia ampi margini di miglioramento soprattutto per quanto riguarda il discorso originalità della proposta, ma al di là di questo i Kadavar si dimostrano all’altezza della situazione.
BAD BONES
Deciso cambio di sonorità con i Bad Bones, formazione già vista all’opera al Lustando 2009 con il suo hard rock sporco, metallico e di presa. Il gruppo cuneese attacca con "Poser", opener del nuovo "Smalltown Brawlers", e sfodera una prestazione compatta e incisiva. Non saranno certo originali come sound, ma riescono a farsi apprezzare dalla maggior parte dei presenti. La partecipazione del pubblico è comunque limitata e questo è dovuto soprattutto alla differenza sostanziale tra il genere proposto dal trio e il resto delle band in scaletta, decisamente più orientate sull’estremo. Loro non si perdono d’animo e pian piano riescono a conquistarsi gli applausi con brani grezzi e diretti, come "Spaghetti Western" e "Time To Rock". Sebbene il ruolo dietro al microfono sia condiviso con Meku “Bone” Borra, è il cantante bassista Steve “Bone” Balocco il vero frontman del gruppo, sempre pronto a fomentare la platea con incitazioni e espressioni per così dire "Pinoscottiane". La chiusura è dedicata all’accoppiata "Bad Bone Boogie" – "Ace Of Spades", quest’ultima cover dei Motorhead che dal vivo è sempre una garanzia. Prova positiva dunque, nonostante abbiano pesato la corta durata del set e la già menzionata preponderanza di fan più inclini a black e death metal.
RITUAL OF REBIRTH
Giocano in casa nel "festival di Trevor" i Ritual Of Rebirth, quintetto ligure dedito ad un death thrash metal moderno e tecnico, che pesca a piene mani da Meshuggah, Strapping Young Lad e Sadist, e imbastiscono un live vincente con i pezzi del debutto "Ethical Disillusion", edito dalla Nadir Records di Tommy Talamanca. Fronteggiati da Ale, bassista dei The Famili, e dal cantante/chitarrista Fabio, nonostante gli innumerevoli collegamenti i ragazzi dimostrano subito di non essere dei raccomandati, e aiutati da suoni solidissimi sanno intrattere il pubblico dimostrando affiatamento invidiabile e una tenuta di palco superiore a molte formazioni ben più blasonate (il gruppo è attivo da ormai 10 anni!). Lontani dalla freddezza che si può immaginare dal genere a cui si dedicano, i cinque genovesi sfoderano una prestazione convincente e carica di adrenalina che mantiene su standard elevati il festival. Malgrado il caldo e l’orario non invoglino il pubblico ad una partecipazione numerosa, i Ritual Of Rebirth non tradiscono le attese.
CORAM LETHE
Sebbene le performance di Kadavar, Bad Bones e Ritual Of Rebirth siano state degne di nota, bisogna per forza complimentarsi con i Coram Lethe, in quanto hanno cominciato davvero a fare sul serio. I brani del gruppo senese sono delle legnate notevoli, a metà strada tra il death tecnico in stile Death e, per rimanere in ambito italiano, Node e il black più melodico di entità come i Naglfar. La nuova cantante Erica Puddu, già ben udita nell’ultimo lavoro del gruppo, "…A Splendid Chaos", ha dimostrato di essere una vera forza della natura, proponendo uno screaming-growl davvero abrasivo e assolutamente non secondo a gente più quotata, ad esempio la tanto lodata Angela Gossow. Dopo una mezzora di poche parole e una valanga di note assordanti, comunque evidenzianti anche il carattere a tratti sperimentale del songwriting del combo, i Coram Lethe scendono dal palco sotto gli applausi di un pubblico che comincia ad essere (relativamente) numeroso.
DARK LUNACY
I Dark Lunacy, alla prima performance senza il chitarrista fondatore Enomys, lasciano impressioni positive durante i quaranta minuti a loro disposizione. La band emiliana sfodera la consueta prestazione carica d’intensità in cui le sonorità death melodiche s’intrecciano con partiture sinfoniche come sempre campionate. La resa sonora non è sempre perfetta, per la verità, e proprio nei momenti in cui entrano in gioco i campionamenti su ritmiche elevate non è facile distinguere alla perfezione tutti gli strumenti; tuttavia la precisione della band unita al carisma del singer Mike riesce con disinvoltura a supplire all’inconveniente. Il pubblico sempre più numeroso e partecipe sembra apprezzare, applaudendo ogni brano della band parmense, come anche la prestazione del nuovo chitarrista Simon. Tra le canzoni meglio riuscite citiamo "Forlorn", tratta dal bellissimo debutto "Devoid", che riesce nell’impresa di smuovere un’audience fino allora un po’ statica. Finale come sempre di grande spessore con il classico "Dolls", sul quale scrosciano unanimi gli applausi di tutti.
NECRODEATH
Calano le tenebre sulla Valle del Metal e alla penombra della chiesa di Rossiglione, i padronissimi di casa Necrodeath partono a mille con "Forever Slave" e "Necrosadist", un’accoppiata che crea il panico nel moshpit (ridotto) del festival. Flegias e Peso trascinano il gruppo lungo una setlist di tre quarti d’ora, che ben ripercorre la carriera del combo genovese, passando da "Mater Tenebrarum" – davvero strano sentirla con un campanile tranquillamente visibile a pochi metri – per arrivare ai brani dell’ultimo "Phylogenesis", fra i quali vengono eseguiti "The Theory" e la slayeriana "Final War". Suoni al limite delle possibilità uditive per i Necrodeath, che dopo aver bruciato tutto con "The Creature", concludono la prestazione con "Sodomy And Lust". Uno show volitivo ed infernale, in piena tradizione thrash-death. Ora spazio ai gruppi stranieri!
ROTTING CHRIST
Non si vedono spesso i greci Rotting Christ in Italia, quindi quando salgono sul palco Sakis e compagni la folla si fa vicina allo stage e finalmente partecipa attivamente. "The Sign Of Prime Creation" apre i battenti del concerto della band ellenica, show andato in crescendo con l’avvicendarsi dei brani vecchi e nuovi, tratti da quasi tutti i dischi dei Rotting Christ, escluso il più ‘leggero’ "A Dead Poem". "King Of A Stellar War", "Non Serviam" e "The Sign Of Evil Existence" hanno rappresentato il passato dei greci, mentre la trascinante "Phobos’ Sinagogue" e la conclusiva "Threnody" hanno tenuto alta la bandiera dell’ultimo "Theogonia". Tra il black oltranzista, ma comunque singolare, dei primi lavori e le recenti composizioni più groovy, Sakis e i suoi Rotting Christ saranno duri da battere per gli incombenti Entombed. Anticipati or ora da un entusiastico discorso di Trevor sull’andamento del festival… Horns up!
ENTOMBED
A chiudere la prima edizione del Metal Valley Open Air arrivano gli svedesi Entombed, pietra miliare dell’old-school death metal made in Stoccolma. Scriviamo mentre la band si sta esibendo in una serie di bis non previsti, dopo la chiusura ufficiale affidata al classico sempiterno "Left Hand Path". Guidati da un LG Petrov ancora una volta barcollante e su di giri, i ragazzi hanno fornito una prestazione vigorosa e massiccia, non coadiuvata però dalla pulizia dei suoni, a tratti molto confusi ed impastati, con la chitarra di Alex Hellid poco incisiva e troppo ‘grassa’. "Revel In Flesh", "Stranger Aeons" e "Crawl" sono state eseguite con la solita perizia tecnica, anche se, come prevedibile, Petrov avrebbe potuto dare molto di più se fosse stato in condizioni decenti. Buona l’esecuzione di "When In Sodom", lungo brano tratto dall’ultimo lavoro "Serpent Saints – The Ten Amendments". Tutto sommato, quindi, non una brutta performance per gli Entombed, ma almeno per chi scrive i Rotting Christ hanno suonato meglio.
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.