METALITALIA.COM FESTIVAL 2017 – giorno 2
10/09/2017 – Live Music Club – Trezzo sull’Adda (MI)
Running order e programma meet&greet:
Apertura porte: 13.30
14.00/14.40 – SHORES OF NULL
14.40/15.00 – meet&greet DEATH SS
15.00/15.50 – NECROMASS
15.50/16.10 – meet&greet CLAUDIO SIMONETTI’S GOBLIN
16.10/17.00 – MORTUARY DRAPE
17.00/17.20 – meet&greet MOONSPELL
17.20/18.20 – CLAUDIO SIMONETTI’S GOBLIN
18.20/18.40 – meet&greet MORTUARY DRAPE e NECROMASS
18.40/20.10 – SAMAEL (30th anniversary show)
20.30/22.00 – MOONSPELL (25th anniversary show)
22.30/00.15 – DEATH SS (40th anniversary show)
Crediti di Redazione (organizzazione, stand, meet&greet, report in diretta, varie ed eventuali):
Alessandro Corno: produzione e organizzazione generale
Bianca Secchieri: report in diretta (Claudio Simonetti’s Goblin, Death SS)
Chiara Franchi: aggiornamento news live
David Scatigna: assistenza informatica e fotografie meet&greet
Enrico Dal Boni: fotografie meet&greet
Francesco Castaldo: fotografie report in diretta e pubblico, live video
Giacomo Slongo: report in diretta (Necromass)
Giovanni Mascherpa: report in diretta (Mortuary Drape, Moonspell)
Lorenzo Ottolenghi: assistenza alla produzione (driver)
Luca Corbetta: assistenza alla produzione, area meet&greet
Luca Pessina: assistenza alla produzione, sbraccialettamento
Marco Gallarati: gestione stand, coordinamento report in diretta, report in diretta (introduzione, Shores Of Null, Samael)
Maria Chiara Braida: aggiornamento news live e gestione concorsi
Simone Vavalà: assistenza alla produzione, sbraccialettamento
Valentina Mevoli: banchetto merchandise ufficiale
Introduzione
Seconda giornata del Metalitalia.com Festival 2017, si riparte sotto il diluvio universale dopo la pioggia, presente ma contenuta, di ieri pomeriggio/sera. Lasciate le sponde fantasy ed epiche lambite dalle sonorità delle band del sabato, oggi si punta decisamente sull’oscurità e sulla teatralità, con sette concerti di spessore e profondità diversi, tutti baciati però dalle peculiarità succitate: si festeggia il quarantennale dei Death SS di Steve Sylvester, che per l’occasione arrivano al Live di Trezzo con una scenografia più che completa e pronti a registrare su DVD la performance; allo stesso tempo, avremo modo di assistere allo show cinematografico dei Claudio Simonetti’s Goblin, del quale abbiamo avuto un piccolo assaggio poco fa, durante un accurato soundcheck: il giretto di “Profondo Rosso” ha già lasciato il suo segno sugli addetti ai lavori presenti dentro il locale, impegnati a filmare con il cellulare il mini evento ‘privato’. Dopo i due combo storici italiani, la presenza di Moonspell e Samael, band internazionali di elevata caratura che ultimamente stanno celebrando il loro passato più remoto, ma che a breve pubblicheranno materiale inedito. Per i portoghesi, oltretutto, si tratta di un ritorno, indimenticati protagonisti della prima edizione del nostro festival. A chiudere il bill di oggi, tre altre compagini italiane di tutto rispetto, rappresentanti il black metal più esoterico e sulfureo, Mortuary Drape e Necromass, e il gothic-doom melodico di scuola novantiana, i romani Shores Of Null.
Manca poco, ora, all’apertura cancelli, prevista per le 13.30: fuori, l’acquazzone imperversa senza sosta, ma le previsioni danno miglioramento lungo il corso della giornata, quindi non abbiate esitazioni, nè dubbi, e venite a trovarci!
Buona seconda giornata di metallo, come al solito.
(Marco Gallarati)
SHORES OF NULL – 14.00/14.40
Provenienza: Roma/Pescara, Italia
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Si parte con gli Shores Of Null e la situazione è chiara. La band propone un doom-gothic metal plumbeo e decadente, carico di suggestioni melodiche e mood autunnali: fuori il diluvio continua incessante e, se da una parte si può considerare un’ambientazione ideale per il gruppo, dall’altra lo stesso viene penalizzato oltremodo, in quanto l’affluenza quest’oggi è finora fortemente influenzata dalle avverse condizioni climatiche, proprio sopra Trezzo particolarmente problematiche. All’interno, però, giustamente non piove, per cui il quintetto romano-pescarese ha tutto il potenziale per farsi apprezzare appieno. Quaranta minuti a disposizione, due album da cui attingere, uno schermo sul quale vengono proiettati fondali a tema per ogni canzone, richiamanti artwork di album o video dai quali i brani vengono tratti. Quattro voci si stagliano sopra l’accurato rifframa degli Shores Of Null, condotto per mano dal mai sopra le righe drumming di Emiliano Cantiano: due voci pulite, una scream e una growl, oltre al growl profondissimo del frontman Davide Straccione, che ha solo scaldato la voce durante l’opener “Donau”, preceduta dall’intro “Tributary Waters”, entrambe tratte da “Black Drapes For Tomorrow”, recente fatica discografica del combo nostrano. Setlist equamente divisa tra l’appena accennato secondo disco e l’ottimo debutto “Quiescence”, dal quale fa subito capolino l’incredibile “Ruins Alive”, bissata poco dopo da “Kings Of Null”, l’acclamata “Quiescent” e dalla conclusiva “Souls Of The Abyss”. Altro highlight notevole dell’esibizione dei gothic metaller è stata l’esecuzione di “Tide Against Us”, avvincente episodio melodico che mischia death-doom metal ad un gothic vecchio stampo, baciato dalla prestazione vocale pulita di Davide, sorta di ICS Vortex italiano. Occasione dunque sfruttata benissimo dai Nostri, seppur davanti ad un pubblico inferiore a quello di cui hanno potuto godere gli opener di ieri, i Trick Or Treat. Siamo convinti che qualche fan in più gli Shores Of Null lo abbiano conquistato.
(Marco Gallarati)
NECROMASS – 15.00/15.50
Provenienza: Firenze, Italia
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I toni si incupiscono notevolmente con l’arrivo sul palco dei Necromass, storica realtà fiorentina che dall’uscita del suo comeback nel 2013, l’apprezzato “Calix. Utero. Babalon.”, ha comunque preferito mantenere un basso profilo, centellinando le apparizioni live e puntando molto sull’esclusività delle proprie performance. Anche e soprattutto per questo motivo, non ci aspettavamo tanta disinvoltura da parte di Ain Soph Aour e compagni, i quali si dimostrano fin dalle prime battute compatti e disinvolti, lucidissimi nel dare corpo alla peculiare miscela di black metal che da sempre ne contraddistingue la proposta. Si sentono odi di Marduk e Dissection nell’intelaiatura dei brani, certo, ma il tutto viene puntualmente calato in un’ottica occulta e viziosa che rimanda alla tradizione ellenica di primi anni ’90, per un risultato finale ben più ritmato rispetto alla media del genere. I suoni impiegano un po’ a definirsi e fendere l’aria come dovrebbero, con l’afflato melodico delle chitarre leggermente coperto dallo screaming e dalla batteria, ma ciò non rappresenta un grosso ostacolo per il quartetto, che trascinato dall’ottima presenza scenica del suddetto cantante/bassista finisce per sciorinare una dopo l’altra tutte le sue ‘hit’, dalle recenti “Fair Of Blasphemy” e “Scarlet Void Of Lust” all’intramontabile “Mysteria Mystica Zothyriana 666”, dall’omonimo capolavoro del 1994. Detto che lo show si è concluso dieci minuti in anticipo (quaranta minuti anzichè cinquanta), non resta che tributare un sincero applauso ai Necromass, autentico baluardo dell’underground tricolore che ancora oggi dimostra di poter dire la sua all’interno della scena.
(Giacomo Slongo)
MORTUARY DRAPE – 16.10/17.00
Provenienza: Alessandria, Italia
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Si sparge incenso nell’aria. Cinque figuri incappucciati salgono sul palco dando le spalle al pubblico. Scocca l’ora dei Mortuary Drape, gruppo spesso ben più rinomato all’estero, dove campeggiano ai piani alti nei migliori festival underground, che non in Italia. La compagine di origine piemontese gode oggi di uno slot importante, sfruttato benissimo fin dall’apertura affidata a “Necromaniac”. Il black-thrash venato di vecchio metallo inglese, quello più dark e malevolo, si abbatte su di un Live che va riempiendosi e comincia a reagire con un certo impeto. Corna al cielo, incitamenti, accolgono un’esibizione che si fra presto molto fisica. Wildness Perversion accompagna con mosse scenografiche i rabbrividenti testi basati su negromanzia e invocazioni di presenze oscure in resurrezione dai cimiteri, chi gli è vicino non è da meno, aggredendo l’audience con mosse che paiono sfidare allo scontro chi hanno davanti. Troneggia il metallico suono del basso a sei corde, che dà un’angolatura tutta sua a una musica old-school nell’animo, proiettata in un’interpretazione verace e dinamica dei migliori stilemi del metal classico più criptico. Gli anthem non mancano, “Mortuary Drape” chiama prepotentemente al sabba, l’irruenza luciferina rotta soltanto dal profluvio di assoli, selvagge fughe in tapping che scomodano importanti paragoni coi migliori Judas Priest e Iron Maiden. Non si risparmiano un attimo i musicisti, la foga suprema non scade comunque nel caos, perché questa line-up, collaudata da anni di concerti in giro per il mondo, assomma feeling, precisione e spietata cattiveria. E macina, stritola note in uno stile sporco e antico, mentre il monumentale frontman impartisce lezioni di lussuria mortuaria con il suo vocione roco. Quando parte l’intro sibillino di “Tregenda (Dance In Shroud)”, d’istinto ci guardiamo le spalle per scrutare che nessuno ci stia per pugnalare, visti i tetri pensieri che le note vanno a richiamare, assieme al sussurro “All The Witches Dance”. Dopo questa parentesi leggermente più gotica, il concerto riprende a rotta di collo, senza che vi sia il minimo calo. Anzi, si scatena pure un primo accenno di mosh sotto il palco. Wildness Perversion ripiega il drappo davanti al leggio posto a centro stage, ringrazia e saluta la folla plaudente. Gran spettacolo.
(Giovanni Mascherpa)
CLAUDIO SIMONETTI’S GOBLIN – 17.20/18.20
Provenienza: Roma, Italia
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Siamo giunti ormai a metà pomeriggio ed è in un Live Club sempre più gremito che i Claudio Simonetti’s Goblin salgono sulla scena. Sebbene non ci sia bisogno di presentazioni, ricordiamo che si tratta della più recente incarnazione del progetto progressive rock iniziato proprio da Simonetti nei primi anni ’70. Storica istituzione in materia di colonne sonore, i Goblin hanno regalato tantissimo a veri e propri horror cult, italiani e stranieri, ed è straordinario constatare come l’apprezzamento del pubblico – che pure è tra i più trasversali – sia davvero caloroso. Inutile dire che l’influenza del lavoro di Simonetti e soci in ambito metal è profonda e perdura tutt’ora: non a caso aprono proprio con “Mater Lacrimarum”, brano realizzato in collaborazione con Dani Filth (Cradle Of Filth) per “La Terza Madre” del maestro Argento. È un set intenso, quasi interamente dai ritmi sostenuti: segnaliamo il doppio omaggio al compianto George Romero, con “La Notte Dei Morti Viventi” e “Zombi” tra i vari estratti della scaletta. Com’è ormai prassi, l’esibizione dei Nostri è accompagnata da spezzoni dei film dalle cui colonne sonore sono tratti i brani proposti, con un risultato suggestivo e molto godibile. I momenti migliori sono i grandi classici tratti dalle omonime pellicole di Argento, “Suspiria” e “Phenomena”, mentre “Io Non Ho Sonno” è una piacevole ed inaspettata sorpresa. La band appare in ottima forma, capace di fondere progressive, horror e metal in maniera quasi sempre coinvolgente, complice anche la buona resa sonora (unica pecca una mezza falsa partenza di “Suspiria”, quasi certamente dovuta ad un problema tecnico, rapidamente risolto). Il pubblico è sembrato gradire molto, dimostrandosi finalmente numeroso e partecipe, in particolare durante il brano di chiusura, il tema principale di un altro masterpiece, “Profondo Rosso”. Promossi a pieni voti.
(Bianca Secchieri)
SAMAEL – 18.40/20.10
Provenienza: Sion, Svizzera
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Prestazione solenne e monumentale dei Samael, che hanno polverizzato letteralmente via qualsiasi sonorità che li abbia preceduti in questa edizione del nostro festival! Chi scrive aveva già visionato una manciata di volte dal vivo la band svizzera, trovandone sempre dettagli, soprattutto nel settaggio dei suoni, imperfetti e deludenti. Ebbene, oggi Vorph, Xy, Makro e Drop hanno fornito una performance di proporzioni ampissime, baciata anche da un wall-of-sound terrificante, assordante ma ben equilibrato, senza che le anthemiche tastiere e percussioni di Xytras rendessero superfluo e sommerso il lavoro preciso di suo fratello alla voce e dei suoi altri due compari davanti a lui. Un impianto luci bombastico e psichedelico ha ‘drogato’ di pulsioni cibernetiche il pubblico, in breve annichilito dalla massiccia supernova planata sul Live di Trezzo. Partenza a mille con “Shining Kingdom” e “Rain”, quanto mai adatta questa sera, e subito giù il cappello. Poi, in un crescendo instancabile di esecuzioni tanto drammatiche quanto esaltanti, i novanta minuti (poco meno, in realtà) sono passati in un batter d’occhio, caracollando attraverso tutta la discografia della band, dalla storica “Baphomet’s Throne” alla più recente “Of War”, passando dalla doppietta clamorosamente orecchiabile “Solar Soul” / “Reign Of Light” fino all’inquietante incedere techno di “The Ones Who Came Before”, il tutto gestito in maniera sapiente da un Vorph non particolarmente ciarliero ma apprezzatissimo nel suo dialogare in un italiano spagnoleggiante assolutamente comprensibile. Buono anche l’apporto di Makro, al solito pittato in viso di bianco e nero, e del mobilissimo bassista Drop, che hanno intrattenuto gli astanti per qualche minuto con un breve spezzone strumentale improvvisato. Ma ciò che ha fatto particolarmente piacere, durante lo show dei Samael, è stata la abbondante anticipazione fornitaci del loro imminente prossimo full-length, “Hegemony”, in uscita il 13 ottobre su Napalm Records: sono stati eseguiti ben tre episodi, tutti e tre presentati di recente a mo’ di antipasto; “Red Planet”, “Angel Of Wrath” e “Black Supremacy” hanno mostrato discrete qualità, con l’ultima citata assolutamente iconica e violenta nel suo incedere, a testimonianza del sempre vivo fervore del gruppo dopo gli anni più ‘leggeri’ vissuti nel periodo 1999-2007. “The Truth Is Marching On” e “My Saviour” hanno posto fine ad un concerto soddisfacente e pressoché perfetto. Dura per gli amici Moonspell, ora, fare di meglio!
(Marco Gallarati)
MOONSPELL – 20.30/22.00
Provenienza: Lisbona, Portogallo
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E rimaniamo così, con l’aria trasognata di chi ha appena assistito a uno spettacolo ammaliante nel suo essere poliedrico, vario, esplorativo di una buona parte dell’universo Moonspell. Trascorsa la (lunga) parentesi celebrativa dei primi due album, che tanti consensi ha raccolto in tutta Europa, è tempo di rimescolare le carte e fare una panoramica della propria carriera. Alle porte c’è l’incombente concept album “1755” – nessuna anticipazione stasera, sorry – e nell’attesa i lusitani ci riaccolgono nelle mille stanze arredate di incubi, sogni, desideri e rimpianti del loro imponente maniero. Ogni canzone è presentata da un’immagine che la richiama sullo sfondo: il viaggio nel tempo comincia dal passato recente, da quell'”Extinct” che li ha disegnati in forma snella e quasi leggera. “Breathe” ed “Extinct” si fanno acclamare e benvolere, finalmente l’assembramento di persone provoca un minimo di calca e la platea si profonde in un grande calore verso Ribeiro e compagni. Il fuoco divampa in piena intensità appena arriva “Opium”, piacevole trauma adolescenziale per una buona metà dei presenti, un super-classico cantato all’unisono dall’intero Live Club. Si intorbida il clima per la death metal-oriented “Night Eternal”, Fernando può sfoggiare il suo growl nel pieno della potenza. “Irreligious” fa la parte del leone (ne vengono suonati cinque estratti), arriva a stretto giro anche “Awake”, ci facciamo scottare dal calore accecante di un disco immortale, un gothic-doom così pieno di sentimento che neanche gli stessi Moonspell hanno più eguagliato nella stessa forma. Ma i cinque di Lisbona sono molto altro ancora, la concentrazione è massima in ogni frangente, da quelli più romantici ai momenti dove la violenza licantropa ci attanaglia. Le sinfonie leggere, danzanti in un reame impalpabile, di Pedro Paixão descrivono sensazioni eleganti e senza tempo, mentre la chitarra di Ricardo Amorim si ritaglia il ruolo di protagonista sui brani più estremi e trascinanti. Fernando è un maestro di cerimonie impareggiabile, sfrutta appieno la sua prepotente fisicità per catturarci, dare conforto, aggredire in una furia cieca che paventa sempre un che di amorevole. “Scorpion Flower” ha fragranze travolgenti, evoca tristezze pur regalando attimi di piena dolcezza; “En Nome De Medo” è un ruggente inno alla portoghesità, esaltante gli ardori luciferini del frontman; “Vampiria” gronda sangue in volteggi poetici che mischiano atrocità e bellezza. Manca all’appello la fase centrale di carriera, da “Sin/Pecado” a “Memorial” (con l’eccezione di “Everything Invaded” da “The Antidote”), non ci sono nemmeno ripescaggi di pezzi dimenticati da tempo. A fronte di un’esibizione di tale portata, sarebbe delittuoso lamentarsi. Il trittico composto da “Mephisto”, “Alma Mater” (dal vivo di un’altra categoria rispetto a qualsiasi altra cosa i Moonspell abbiano mai scritto) e “Full Moon Madness” ci inchioda alla nostra beatitudine, consapevoli che senza aver offerto niente di nuovo o di diverso i gothic metaller portoghesi hanno dispensato un altro splendido saggio della loro arte.
(Giovanni Mascherpa)
DEATH SS – 22.30/00.15
Provenienza: Pesaro/Firenze, Italia
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È giunta finalmente l’ora del Re Della Notte e dei Suoi, per quello che potrebbe essere l’ultimo concerto, almeno per un po’ di tempo (a questo proposito vi rimandiamo all’intervista che Steve ha rilasciato lo scorso luglio al nostro Andrea Raffaldini). L’occasione è ghiottissima, con una setlist speciale quanto il traguardo che la creatura di Steve Sylvester ha tagliato in questo 2017. Non è retorico affermare che quello di questa sera sia stato un vero incontro con la Storia del metal italiano in primis, ma anche del metal in generale. L’intro è come da sempre affidato ad “Ave Satani”, tema centrale di “The Omen”, ma è con “Let The Sabbath Begin” che si entra nel vivo dello show. Steve e i suoi Demoni alternano vecchi classici e nuovi brani: quarant’anni a cavallo tra due secoli, precursori assoluti nel nostro Paese del cosiddetto ‘dark sound’, che fondeva heavy metal, suggestioni horror, esoterismo e teatralità. La band appare in piena forma sia sui pezzi più industrial (“The Crimson Shrine”, “Dionysus”) che sulle vecchie glorie (“Vampire”, Horrible Eyes”). Impossibile scrivere di un live dei Death SS senza parlare dell’aspetto scenico, che come sempre prevede crocifissi, candele e l’ausilio di performer discinte, che recitano via via il ruolo della suora o del diavolo tentatore. Steve Sylvester si dimostra ancora una volta istrionico e ammaliatore, oltre che autore di una performance vocale di tutto rispetto. Fa una certa impressione passare dalla pluri-coverizzata “Chains Of Death” (che i Nostri non eseguivano da molti anni) ai ritmi danzerecci di “Hi-tech Jesus”, ma il pubblico partecipa in maniera entusiasta. Il tempo scorre velocemente: segnaliamo i due estratti da “Do What Thou Wilt”, disco della svolta ‘modernista’ che ha compiuto vent’anni proprio in questo 2017. “Scarlet Woman” e la sciamanica “Baron Samedi” sono tra i momenti migliori della prima parte del set. È infatti con i bis che si raggiunge il vero apice emozionale della serata: i minuti finali sono infatti interamente dedicati a brani tratti dai primi tre storici dischi: “Baphomet”, “Inquisitor”, “Where Have You Gone” infervorano gli animi, fino alla chiusura con “Heavy Demons” e il lancio dei coriandoli. A parer nostro non si poteva davvero chiedere di meglio.
(Bianca Secchieri)