16/09/2018 - METALITALIA.COM FESTIVAL 2018 – 2° giorno @ Live Music Club - Trezzo Sull'Adda (MI)

Pubblicato il 16/09/2018 da

METALITALIA.COM FESTIVAL 2018 – 2° giorno
16/09/2018 – Live Music Club – Trezzo sull’Adda (MI)

 

Running order e programma meet&greet:

 

Crediti di Redazione:

Alessandro Corno – produzione e organizzazione generale
Carlo Paleari – report in diretta (Doomraiser, Forgotten Tomb, Candlemass)
David Scatigna – supporto informatico e social, fotografie meet&greet
Enrico Dal Boni – fotografie report in diretta
Giovanni Mascherpa – report in diretta (Nibiru, Dool, Tiamat)
Lorenzo Ottolenghi – runner
Luca Corbetta – produzione e organizzazione generale, coordinamento area meet&greet
Luca Pessina – produzione e organizzazione generale
Marco Gallarati – postazione stand, coordinamento report in diretta, report in diretta (introduzione, Caronte, Novembre)
Maurizio Borghi – assistenza alla produzione
Roberto Guerra – runner
Simone Vavalà – assistenza alla produzione
inoltre:
Boris Nieli – area meet&greet
Michele Aldeghi – fotografie report in diretta
Simona Luchini – fotografie meet&greet


Introduzione

La battaglia è finita, la guerra appena lasciata alle spalle: é tempo di deporre a terra asce, alabarde e daghe e di vivere il lutto della perdita, celebrare ed osannare i morti e placare le nostre anime sopravvissute ma inquiete. Sta per iniziare la seconda, conclusiva giornata del Metalitalia.com Festival 2018 e le atmosfere plumbee, cineree e fumose del doom metal, dello stoner psichedelico e delle contaminazioni con black e gothic sta già pervadendo il locale, durante i vari soundcheck mattutini.
La giornata si aprirà difatti con tre show disturbanti e particolarmente ‘stonati’, quelli del trittico iniziale composto dai torinesi Nibiru, dai parmensi Caronte e dai romani Doomraiser, che alzeranno da subito il livello di esoterismo odorante fin dal primo pomeriggio. Sarà poi la volta dei dark rocker olandesi Dool, formazione tutta da scoprire e da poco salita alla ribalta, sorta di ‘soave’ intruso nel bill di questo giorno. Dopodiché entreremo maggiormente nel vivo della situazione, con l’esibizione di Forgotten Tomb e Novembre, due entità ben radicate nel miglior humus del metal estremo ed oscuro tricolore. Infine, gran finale a doppio headliner svedese: i Tiamat di Johan Edlund chiamati a proporre per intero la storica accoppiata dei primi anni “Clouds” / “Wildhoney” e i Candlemass all’opera con l’appena rientrato Johan Langquist alla voce, nella proposizione di uno dei masterpiece assoluti del doom metal, quell'”Epicus Doomicus Metallicus” che nel 1986 settò alcuni primevi canovacci del genere.

Per quanto riguarda la logistica della manifestazione, poco o nulla cambia dalla giornata del sabato, con una serie di meet&greet che riempiranno i cambi palco tra un concerto e l’altro, il Metal Market pronto a soddisfare tutte le vostre esigenze d’acquisto metalliche (libri, dischi, chincaglierie, manufatti particolari) ed un’offerta culinaria attenta e – avendola provata ripetutamente in questi giorni possiamo testimoniarvelo – assolutamente gustosa e all’altezza.

Attendiamo ora con pazienza l’apertura porte e l’inizio delle danze mefistofeliche, che speriamo seguiate e commentiate il più possibile qui sotto al report in diretta.
Primi a partire, i Nibiru!
(Marco Gallarati)

NIBIRU – 13.20/14.00
Provenienza: Torino, Italia
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Il secondo giorno ufficiale di festival si apre con quella che è probabilmente la band più pesante fra le otto in programma. I Nibiru arrivano sul palco quando ancora in pochi hanno varcato le soglie del Live, e di questi tanti stanno gironzolando tranquilli per gli stand. La formazione torinese ci mette poco a farci entrare in una dimensione tenebrosa di grande impatto, evocante antichi riti di culti sotterranei, sepolti dal tempo. Adrath è il crudele maestro di cerimonie di un doom esoterico sporcato da abbondanti dosi di noise, black metal e drone, che riecheggia di una pesantezza inaudita e folli tribalismi. La presenza di una specie di boia incappucciato a tamburi e gong aumenta i sentori di minaccia in arrivo dal palcoscenico; le rullate di batteria si inseriscono in un immondo coacervo di feedback, riff enormi e le urla effettate del tatuatissimo frontman. Solo tre i brani proposti, presi dalle ultime fatiche “Padmalotus” e “Qaal Babalon”, che hanno segnato l’avvicinamento al metal estremo dopo gli esordi all’insegna di uno stoner-doom psichedelico dilatato e sperimentale. Vicino allo stage, il pubblico aumenta col passare dei minuti, i suoni ben bilanciati fanno apprezzare appieno la stordente miscela sonora del quartetto, capace di atterrire e affascinare in egual misura. Concerto notevole, ottimo viatico per le tonnellate di doom più ‘classico’ a breve in arrivo.
(Giovanni Mascherpa)

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CARONTE – 14.20/15.00
Provenienza: Parma, Italia
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Dopo l’outro infinito fatto passare in base terminato lo show dei Nibiru, lo stage del Metalitalia.com Festival 2018 inizia ad assumere i connotati di una piccola cripta atta ad officiare messe nere, o perlomeno dall’atmosfera sulfurea: un piccolo altare con un teschio di caprone al centro e candelabri a più bracci ai lati comincia ad emanare luci spettrali e odori d’incenso, nell’atto d’anticipare l’intro della performance dei parmensi Caronte, una lunga declamazione esoterica che giunge a compimento con l’entrata on stage dei cinque musicisti, fra i quali il frontman e cerimoniere Dorian Bones compie con gestualità esperta movimenti d’aspersione ed invocazione rituale. Lo show dei Nostri, completamente immerso in un lucore infernale spaziante dal rosso acceso ad un più raro blu cobalto, si erge riverberante ed echeggiante tra uno stoner allucinogeno e pompato da un basso paurosamente distorto ed un più classico doom metal Sabbathiano in grado di coinvolgere e trasportare velocemente l’audience in un mondo astratto ed alchemico. Le sensazioni sono lontane, lontanissime da quelle emanate dai precedenti Nibiru: qui il suono è più educato e molto meno sperimentale, ma l’immaginazione corre fervida verso loculi in fiamme posti al di sotto dei nostri piedi. Con i Nibiru non si sapeva dove saremmo finiti, ecco; mentre per i Caronte la destinazione finale è una sola: il traghettamento delle anime al di là dell’Acheronte, nel pieno dell’Inferno. “The Moonchild” e la conclusiva “Black Gold” sono stati fra gli highlight di un set baciato da suoni buoni, volontariamente pregni di eco e sovraccaricati, che hanno anche permesso una discreta fruizione dei piacevolissimi assoli melodici di Tony Bones alla chitarra solista. Da segnalare l’innesto a sorpresa in formazione di un secondo chitarrista, utile a inspessire ancora di più un sound già di suo grasso quanto basta. Un pubblico in aumento lento ma costante ha tributato le meritate corna al cielo al termine della performance dei Caronte. Largo ora al terzo vertice di questo triangolo luciferino di partenza, i capitolini Doomraiser.
(Marco Gallarati)

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DOOMRAISER – 15.20/16.00
Provenienza: Roma, Italia
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Scrivere che una band come i Doomraiser si senta a casa in un contesto come questa seconda giornata del Metalitalia.com Festival è a dir poco un eufemismo. La band capitolina entra sul palco e scaraventa sul pubblico tutta la sua forza con una devastante “Like A Ghost”. Senza troppe cerimonie, i Doomraiser mettono subito in chiaro come questo genere opprimente e oscuro non sia appannaggio solo delle nebbiose terre del Nord: l’energia profusa in ogni singola nota pesa sulle teste degli astanti come un macigno. Il frontman ‘Cynar’ non si risparmia, ora giocando con un sintetizzatore, ora trascinando il pubblico con anima e corpo; il resto della band non è da meno e si dimostra solido e compatto. La cosa non stupisce affatto, d’altra parte: i Doomraiser, pur mancando sul mercato discografico da qualche tempo, non hanno mai interrotto la loro intensa attività live. Questo pomeriggio, però, il pubblico del Metalitalia.com Festival ha potuto godere di un’ulteriore sorpresa: i Nostri, infatti, ci hanno regalato in anteprima l’esecuzione di alcuni estratti provenienti dal loro nuovo album, che vedrà a breve la luce. Da quello che abbiamo potuto sentire, è lecito aspettarsi un ottimo lavoro: la formazione romana ha scavato ancora più a fondo nelle sue radici, tirando fuori delle composizioni terrose, potenti e monolitiche. I quaranta minuti a loro disposizione vengono sfruttati al meglio e il loro ‘heavy drunken doom’ certamente ha colto nel segno: un esempio su tutti, l’ottima versione di “Another Black Day Under The Sun”, che si divide tra riff monolitici e momenti schiacciasassi, il tutto gestito con equilibrio ed esperienza. L’ennesima conferma, dunque, per una band che ormai rappresenta un punto fermo e che non poteva davvero mancare in una giornata dedicata al doom nelle sue molteplici sfaccettature.
(Carlo Paleari)

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DOOL – 16.20/17.20
Provenienza: Rotterdam, Olanda
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Questione di vibrazioni, fortissime, che attraversano da parte a parte, scuotono l’anima nel profondo, circuiscono e mandano in estasi. I Dool non si mettono di cattivo umore per un Live semivuoto e che, incomprensibilmente, andrà a perdere di pubblico nel corso del concerto. La Van Dorst è animale da palcoscenico come pochi, sia al maschile che al femminile, e farà da traino agli altri quattro eccellenti strumentisti. I primi oscuri ricami di “The Alpha” rapiscono e non saremo più lasciati soli fino al termine dell’ora disponibile. L’esecuzione, come abbiamo imparato ad apprezzare già lo scorso anno, è coinvolta e posseduta, fedele a quella del primo disco “Here Now, There Then” ma più potente, decisa, avvolge nelle sue setose spire e non concede respiro. Le travolgenti partiture heavy metal di “Golden Serpents” potrebbero iniziare a smuovere una platea un po’ freddina: purtroppo, a parte qualche volonteroso davanti, l’atmosfera è fin troppo placida, in antitesi al furore manifestato dal gruppo. “In Her Darkest Hour” troneggia di una drammaticità colossale, l’affiancarsi di arpeggi cristallini e tempeste doom riluce ancor meglio che su album, tutti i musicisti suonano in simbiosi e dominano la scena in scioltezza. La cantante da par suo varrebbe da sola il prezzo del biglietto, con le sue pose strafottenti e sicure di sé, l’elasticità vocale e una carica con pochi eguali in circolazione. “Vantablack” si staglia come un enorme monolite intagliato di gothic e dark rock, l’ansimare delle voci maschile e femminile sul finale della pazzesca “Oweynagat” è l’ultima leccornia di un concerto per chi scrive stratosferico, da parte di una band fra le più talentuose, entusiaste e carismatiche che la scena hard rock e metal abbia sfornato negli ultimi anni. Peccato solo che in molti siano rimasti tiepidi davanti a cotanta magnificenza.
(Giovanni Mascherpa)

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FORGOTTEN TOMB – 17.40/18.40
Provenienza: Piacenza, Italia
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I Forgotten Tomb – che già avevamo ospitato nella storica prima edizione della nostra manifestazione – nella loro carriera hanno cambiato pelle più volte, si sono evoluti, hanno spiazzato il loro pubblico, sempre con coerenza e con risultati invidiabili. Non sono una formazione che si lascia andare abitualmente alla celebrazione del proprio passato, volgendo piuttosto lo sguardo in avanti. Tuttavia, un album seminale come “Songs To Leave” meritava di ottenere un giusto tributo, avendo segnato un importante tassello nella storia di un genere come il depressive black metal. Per il loro concerto al Metalitalia.com Festival, i Forgotten Tomb hanno scelto di riproporre il disco nella sua interezza, dall’inizio alla fine, e il risultato finale ha soddisfatto pienamente tutti i presenti. Non c’è stato autocompiacimento o nostalgia nello show della band, solo cinque grandi canzoni, riproposte con ferocia tagliente. La formazione di Herr Morbid fa il suo ingresso sul palco mentre sullo sfondo vengono proiettate immagini disturbanti in bianco e nero, e apre il suo concerto con “Entombed By Winter”, disperata e desolata, manifesto perfetto di quello che andremo a sentire nei successivi cinquanta minuti. “Songs To Leave” è un lavoro dalle molte sfumature, che affronta temi angoscianti con profondità, grazie ad arrangiamenti essenziali ma mai banali. Così il tema di “Solitude Ways” infesta la platea con il suo incedere inquieto, per lasciare poi il passo alle sfuriate più classicamente black metal di “Steal My Corpse”. Allo stesso modo, “No Way Out” aggiunge ulteriori pennellate di nero, grazie ad un pregevole intreccio tra le due chitarre; mentre la conclusione viene ovviamente affidata a “Disheartenment”, ossessiva composizione di dodici minuti. Il brano si snoda nei suoi meandri di dolori e il pubblico, che appare coinvolto e attento, si lascia ipnotizzare fino alla catartica conclusione. Un altro spettacolo di alto livello, quindi, che adesso cede il passo all’ultima formazione italiana, i Novembre, prima dei due headliner di giornata.
(Carlo Paleari)

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NOVEMBRE – 19.00/20.00
Provenienza: Catania/Roma, Italia
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Avevamo lasciato i Novembre versione live nel dicembre 2016 al Madrid Is The Dark IV, durante la campagna promozionale del disco del comeback sulle scene “URSA”, e li troviamo più o meno nello stesso contesto discografico a distanza di quasi due anni. Come il leader e mastermind Carmelo Orlando ha dichiarato qualche giorno fa a Metalitalia.com, all’interno della nostra rubrica Le Introspettive di Metalitalia.com, la band crede e punta ancora molto sull’appeal orecchiabile e più immediato del succitato lavoro in studio, per cui è chiaro come questa sera la setlist sia principalmente incentrata proprio su “URSA”, dal quale viene estratta una cospicua manciata di canzoni, a partire dall’opener “Australis”, passando per la titletrack e “Umana”, fino a giungere al singolo “Annoluce”. I Nostri paiono sempre più affiatati on stage, ma si percepisce in realtà, soprattutto per chi conosce il gruppo a menadito, che manca quella sorta di sensazione quasi palpabile di compattezza che si crea quando una band registra e compone assieme della musica. Ricordiamo, difatti, che attualmente Carmelo non può contare neanche sul fido chitarrista Massimiliano Pagliuso e che tutti i restanti Novembre non fanno parte ufficialmente del combo. Proprio per questo, ci sentiamo di tributare un plauso speciale ai capitolini, in grado di fornire degli show apprezzabili e di successo. I suoni, molto rimbombanti sulla cassa della batteria e sulle frequenze basse, sotterrano troppo le chitarre; e in una musica complessa e tecnica, quale l’ardito atmospheric death-gothic metal dei Nostri, ciò implica uno sforzo non indifferente agli astanti per entrare al meglio nel mood dello show. L’ora di minutaggio viene comunque sfruttata al meglio, con un crescendo memorabile di intensità man mano che si è proceduto in là nella setlist, chiusa da un ottimo tuffo nel passato, che ha risvegliato un’audience solo a tratti partecipe, composto dalla bruciante e progressiva “Onirica East” – eseguita live dopo anni -, “Come Pierrot”, “Everasia” e la sempreverde “Cold Blue Steel”. Luci e ombre, quindi, per il concerto dei Novembre al Metalitalia.com Festival. Siamo quasi giunti al termine di questa settima edizione del nostro evento di casa e tra poco scenderanno in campo gli attesi Tiamat e i prime-mover Candlemass, con la speranza che entrambi concludano in bellezza la manifestazione.
(Marco Gallarati)

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TIAMAT – 20.30/22.00
Provenienza: Stoccolma, Svezia
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Come giudicare un concerto come quello odierno dei Tiamat? Partiamo dalla scaletta? Eh, questa è memorabile. “Clouds”, per intero, in perfetto ordine. Quindi, breve pausa, intro di “Wildhoney” e il leggendario quarto disco dei gothic metaller svedesi, tagliato dell’ultima canzone “A Pocket Size Sun” e depurato dei suoi intermezzi acustici. Prestazione strumentale e cornice di suono? Ottima, i fonici lavorano bene e ci fanno ascoltare le eclettiche trame d’epoca quasi con lo stesso impatto di quegli anni, con tutti i musicisti che, per quanto si limitino a suonare e non si mettano a fare intrattenimento, seguono lo spartito a menadito. A questo punto c’è da chiedersi come sia andato Johan Edlund: eh, insomma… Quella che una volta era una voce tra le più seducenti del panorama metal mondiale è ridotta a una sua versione in tono minore, a tratti ancora decorosa, in altri momenti assai barcollante. Ancor peggio della voce, che su alcune canzoni regge abbastanza, in altre annaspa e ogni tanto addirittura manca, più per vuoti di memoria che per difficoltà di intonazione, c’è lo stato di totale confusione mentale del frontman. Edlund sta in un mondo a parte, apparentemente poco consapevole di dove si trovi e cosa debba fare. Inizia con gli occhiali da sole, li toglie – e gli occhi assenti che ne punteggiano il volto fanno impressione –, va nel backstage appena i suoi servigi non sono richiesti. Addirittura, quando è chiaro che il concerto si stia chiudendo, scompare dal palco e non torna nemmeno per i saluti. A dir poco bizzarro… Per fortuna le canzoni di “Clouds” e “Wildhoney” sono così belle, emozionanti, irradiano da sole una tale magia che il pubblico perdona (quasi) tutto e mostra i massimi vertici di eccitazione della giornata, soprattutto per il materiale di “Wildhoney”. Vorremmo poter dire di essere stati “In A Dream” per tutto il concerto, come recita l’opener di “Clouds”, invece parliamo di un sentito momento di amarcord, con alcuni picchi emotivi notevoli, lontano dall’essere uno show da lacrime agli occhi e racconti appassionati a chi non c’era negli anni a venire.
(Giovanni Mascherpa)

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CANDLEMASS – 22.30/00.00
Provenienza: Stoccolma, Svezia
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L’annuncio del rientro di Johan Langquist nei Candlemass al posto di Mats Levén ha scatenato una comprensibile curiosità. L’ennesima operazione nostalgia, creata a tavolino per cavalcare l’onda del passato, oppure reale impulso di tornare alle origini? E ancora, sostituire un professionista rodato con un cantante lontano dalle scene da più di trent’anni si sarebbe rivelata una mossa saggia? Per fortuna i dubbi vengono spazzati via subito dalle note di “Crystal Ball”, che mettono in chiaro come i Candlemass abbiano ancora energia da vendere. Pur sempre orfani del mastermind Leif Edling, non ancora ripresosi del tutto dai suoi problemi di salute, la band si mostra carica e potentissima. Langquist regge bene il palco e si mostra dotato di una discreta presenza scenica: meno istrionico di Messiah Marcolin e meno tecnico di Levén, sopperisce con quell’istinto che riesce a fare la differenza. Gli unici momenti in cui appare un po’ spaesato è tra un brano e l’altro, dove non interagisce col pubblico e si limita a guardare i compagni, come in attesa di un segnale di partenza. D’altra parte questa è la seconda data in assoluto per i nuovi-vecchi Candlemass, quindi un po’ di ruggine è comprensibile. Il resto della band è una macchina da guerra rodata e crea un muro di suono impressionante, caratteristica che li ha resi forse la forma più pura ed incontaminata del genere. La scaletta, come preannunciato, vede la riproposizione integrale di “Epicus Doomicus Metallicus”, l’album più amato dei Candlemass assieme a “Nightfall”: canzoni immortali come “Demon’s Gate”, “Black Stone Wielder” ed “A Sorcerer’s Pledge” si abbattono sul pubblico del Live Club; ma l’ovazione maggiore, ovviamente, è per “Solitude”, spostata a chiusura del disco e cantata in un coro disperato da tutti i presenti. Dopo circa un’ora e poco più termina la celebrazione dell’album e i Candlemass ci regalano un unico estratto successivo, “Dark Reflections”, che suggella un concerto contenuto nella durata ma non certo nell’intensità. Un’altra edizione del Metalitalia.com Festival si è conclusa e ancora una volta abbiamo assistito ad esibizioni uniche nel loro genere. Se tutto tornerà, ci vediamo il prossimo anno!
(Carlo Paleari)

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