10/02/2018 - METALLICA + KVELERTAK – Torino @ Pala Alpitour - Torino

Pubblicato il 11/02/2018 da

Report a cura di Carlo Paleari
Fotografie di Francesco Castaldo

Trentasette anni di carriera, decine di milioni di album venduti in tutto il mondo, tanto osannati quanto criticati dall’audience metal, eppure loro sono ancora carichi e pronti a portare anche in Italia il loro WorldWired Tour. I Metallica credono molto nel loro ultimo album, “Hardwired…To Self-Destruct”, e la scaletta di questa serata lo dimostrerà senza alcun dubbio. Il pubblico italiano non si fa attendere ed accorre in massa, perché, al di là delle polemiche che accompagnano immancabilmente Hetfield e soci, resta il fatto che i Metallica sono in forma e agguerriti, complice anche un lavoro in studio che, pur senza far gridare al miracolo, li riporta quantomeno sulla retta via. Per una serie di vicissitudini e imprevisti, quando varchiamo la soglia del Pala Alpitour di Torino, i Kvelertak stanno per concludere il loro set: dal poco che riusciamo a vedere, la formazione norvegese appare carica al punto giusto e consapevole di dover sfruttare al meglio la possibilità di raggiungere il grande pubblico dei Metallica. Non ci resta che aspettare ancora qualche minuto e godere ancora una volta della calata dei Quattro Cavalieri…

 

Come di consueto sono le note di “The Ecstasy Of Gold” di Ennio Morricone ad accogliere l’ingresso dei Metallica sul palco posto al centro del parterre, ma tocca poi alla nuova “Hardwired” dare fuoco alle polveri, seguita a stretto giro da “Atlas, Rise!”. È evidente a tutti la buona resa dal vivo delle nuove composizioni e il pubblico esplode immediatamente in un boato di gioia, facendosi trascinare con trasporto. James, decisamente in forma, coglie sempre l’occasione per incitare e ringraziare la Metallica Family; Rob si aggira per il palco con il suo passo da gorilla; Kirk è come sempre quello più compassato e defilato; mentre il buon Lars, lo conosciamo, a volte si perde via, si incarta nei passaggi più veloci, ma resta un personaggio dall’innegabile carisma. Non a caso è uno di quei batteristi che spesso abbandona la sua postazione, alzandosi e passeggiando per il palco, salutando il pubblico e godendosi lo scroscio degli applausi e le urla del pubblico. Naturalmente non sarebbe un concerto dei Metallica senza i grandi classici del passato e, dunque, tocca al trittico “Seek & Destroy” – “Leper Messiah” – “Welcome Home (Sanitarium)” infiammare il cuore dei quattordicimila presenti. L’aspetto scenografico è gestito ottimamente grazie a grappoli di schermi cubici, che si alzano e si abbassano, proiettando immagini e dando un dinamismo verticale dal notevole colpo d’occhio anche per chi, come chi vi scrive, non si trova esattamente vicino al palco. A questo proposito, purtroppo, non possiamo dare un parere efficace sulla qualità del suono, che nella nostra posizione appare tutt’altro che perfetto; ma potrebbe essere, appunto, una conseguenza della posizione non ottimale. La scaletta si snoda in un continuo alternarsi fra vecchio e nuovo: senza voler entrare in un mero track-by-track, ci teniamo però a segnalare alcuni momenti particolarmente interessanti come la potente esecuzione di “Spit Out The Bone”, uno degli indiscussi highlight di “Hardwired… To Self-Destruct”, oppure la divertente jam durante “Now That We’re Dead”, in cui dal palco emergono quattro cubi con delle percussioni integrate, usate da tutti e quattro i musicisti per una sorta di ‘assolo di gruppo’. Come è noto, i Metallica non sono una band che mantiene immutata la scaletta tutte le sere e per il pubblico torinese vengono scelte la cover di “Blitzkrieg” e “The Memory Remains” che, a dispetto dell’universale ostracismo nei confronti di “Reload”, viene cantata a squarciagola da tutti i presenti nel coro originariamente interpretato da Marianne Faithfull. Naturalmente non possiamo non citare l’episodio che sta rimbalzando da ore su tutti i siti di musica e nei social media: al termine di “Halo Of Fire”, come successo in molte altre città nel mondo, Trujillo ed Hammett uniscono le forze per ‘omaggiare’ la musica del Paese che li ospita. Conoscendo questo divertente momento, ci chiediamo cosa avrebbero scelto i due: il loro amato Morricone? Qualcosa della straordinaria tradizione classica o operistica dello Stivale? Un omaggio alla scuola dei cantautori degli anni Sessanta e Settanta? O magari qualcosa tratto dalla spettacolare scena progressive rock che ha incantato tutto il mondo? No. Vasco. Il rocker di Zocca. Trujillo ed Hammett, infatti, si cimentano in una improbabile “C’è Chi Dice No”, suonata malissimo, oltretutto. Ragazzi, vi vogliamo bene e apprezziamo il tentativo, ma non c’è dubbio che questo omaggio all’Italia sia servito giusto a farci una risata e a fornire materiale per le chiacchiere da bar del metallo per la prossima settimana. Il resto del concerto, invece, è una carrellata di classici immancabili, da “Sad But True” a “Nothing Else Matters”, passando per “One” e “Master Of Puppets”. Nei bis, per la gioia dei presenti, trova spazio “Orion”, giusto tributo in onore del Cliff Burton Day recentemente istituito; mentre la conclusione non può che essere affidata al loro classico per eccellenza, quella “Enter Sandman” che conoscono tutti, dai fan più accaniti agli avventori più occasionali. Ai quattro non rimane che ringraziare il pubblico torinese e raccogliere un lungo e meritato applauso, perché ancora una volta James, Lars, Kirk e Rob hanno dimostrato di essere una rodata e inarrestabile macchina da guerra. Finché ci regaleranno concerti di questo livello, potremo perdonargli quasi tutto… Perfino una brutta cover di Vasco!

 

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