Report a cura di Carlo Paleari
Foto di Moira Carola
Michael Schenker ha ‘solo’ 67 anni, eppure quest’anno il nuovo tour celebra già i suoi cinquant’anni di carriera. Il chitarrista, infatti, ha iniziato prestissimo la propria avventura, registrando il suo primo album, con gli Scorpions, quando aveva solo diciassette anni. Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia e Michael è diventato una leggenda delle sei corde, con una vita degna di un film: i litigi con il fratello Rudolf, la sua carriera negli UFO, quella solista con i Michael Schenker Group, la fase lontana dalle luci dei riflettori in cui registrava quasi solo album acustici, fino alla rinascita supportato dal team di Nuclear Blast (ora Atomic Fire). Il pubblico lombardo, seppure non numerosissimo, non si è fatto pregare, dunque, e ha deciso di festeggiare questo mezzo secolo di musica assieme a Schenker e alla sua band, in attesa del nuovissimo album, “Universal”, che uscirà nei negozi e sulle piattaforme digitali tra pochi giorni.
Ad aprire la serata al Phenomenon ci sono gli EVERDAWN, formazione dedita ad un power metal sinfonico ed operistico influenzato da formazioni come Nightwish, Epica, Xandria e tanti altri. Quando varchiamo la soglia del locale la band statunitense è già all’opera, ma riusciamo comunque a seguire gran parte della loro esibizione, trovandovi pochissimo interesse, purtroppo. Gli Everdawn ci sono sembrati una formazione fin troppo derivativa, copia carbone di decine di altre band, afflitti da una scrittura decisamente scialba, che rende tutte le canzoni uguali tra loro. La cantante Alina Gavrilenko, che pure su disco ci era sembrata convincente, non ci è parsa altrettanto efficace in sede live. Gli Everdawn, d’altra parte, sono una formazione che ha subìto diversi cambiamenti rispetto agli anni in cui si facevano chiamare Midnight Eternal e lo stop prolungato per colpa della pandemia ha coinciso proprio con la pubblicazione del loro album di debutto: probabilmente se la band avesse avuto modo di suonare le nuove canzoni più a lungo, affinando il proprio live set, avremmo assistito ad uno show di diversa qualità, mentre per il momento dobbiamo constatare una certa freddezza da parte del pubblico, che non appare particolarmente coinvolto.
Tutt’altra atmosfera si respira, invece, all’arrivo di MICHAEL SCHENKER, che sale sul palco e attacca immediatamente con “Ascension”, brano strumentale dedicato al compianto Ted McKenna, batterista della band recentemente scomparso. Schenker corre sul manico della sua celebre chitarra bianca e nera, accompagnato da una sezione ritmica solida formata da Barend Courbois e Bodo Schopf, mentre il buon vecchio Steve Mann, collaboratore di lunga data, si divide tra chitarra ritmica e tastiere. Con la successiva “Cry For The Nations”, invece, fa il suo ingresso sul palco Robin McAuley, chiamato a svolgere il ruolo di cantante per una parte del tour europeo dei MSG. Il cantante titolare, infatti, sarebbe dovuto essere Ronnie Romero, che ha cantato sulla maggior parte delle canzoni del nuovo album, ma il frontman cileno in questi giorni è stato impegnato, proprio qui in Italia, con l’Eurovision Song Contest, dove si è esibito con l’Intelligent Music Project in rappresentanza della Bulgaria. Certamente sarebbe stato interessante sentire il repertorio del chitarrista tedesco cantato dalla voce di Romero, soprattutto per chi ha già avuto modo di seguire i recenti tour del Michael Schenker Fest, che vedeva già McAuley al microfono, ma di sicuro nessuno dei presenti ha avuto motivo di lamentarsi di questa sostituzione di lusso, trovandosi di fronte ad un’esibizione maiuscola da parte del cantante, che ha saputo fare suoi tutti i brani della serata, compresi quelli recentissimi che vedono proprio Ronnie Romero come voce principale.
La serata scorre canzone dopo canzone e ci sembra che tutta la band, Schenker in primis, sia in splendida forma: il chitarrista mostra ancora una fluidità eccezionale, che gli permette di disegnare melodie sempre avvincenti, assoli di gran classe e riff sempre efficaci ed incisivi. Certo, si nota un certo divario tra il materiale storico della band – o dovremmo dire ‘delle band’, contanto anche UFO e Scorpions – rispetto alle canzoni più recenti, ma è anche vero che pian piano anche alcuni estratti meno datati, come ad esempio “Warrior”, si stanno facendo strada nel cuori degli ascoltatori della vecchia guardia. Ci troviamo così ad attraversare tutta la carriera del chitarrista, dalla lontana “In Search Of The Peace Of Mind”, fino alla ballata “After The Rain”, passando tra classici come “Lights Out”, “Armed And Ready”, o la sempre esaltante “Into The Arena”. E’ un concerto pieno, quasi senza pause, che sfiora le due ore di durata, con un finale da urlo che si concentra soprattutto sui capolavori firmati all’epoca degli UFO: si parte con una splendida “Rock Bottom”, come d’abitudine allungata per lasciare spazio ad una splendida coda strumentale; si prosegue con l’energia di “Shoot Shoot”, “Let It Roll” e “Natural Thing”, per salutarci infine con altri due pezzi da novanta, “Too Hot To Handle” ed “Only You Can Rock Me”, in una volata finale senza nemmeno il rito dell’uscita di scena per i bis. Spesso questi tour celebrativi, soprattutto per date importanti come un cinquantennale, hanno sempre l’aria di essere un tour d’addio: non è stato così per Michael Schenker, che appare ancora intenzionato a concedersi più di un giro di giostra prima di appendere la chitarra al chiodo. E a noi, ovviamente, questo fa solo piacere. Keep on rockin’, Michael!
Scaletta
Ascension
Cry for the Nations
Doctor Doctor
Sleeping With the Lights On
Looking for Love
Warrior
Into the Arena
In Search of the Peace of Mind
Red Sky
Emergency
Lights Out
After the Rain
Armed and Ready
Sail the Darkness
Rock You to the Ground
A King Has Gone
Rock Bottom
Shoot Shoot
Let It Roll
Natural Thing
Too Hot to Handle
Only You Can Rock Me
EVERDAWN
MICHAEL SCHENKER GROUP