30/10/2018 - MICHAEL SCHENKER FEST + ABSOLVA @ Live Music Club - Trezzo Sull'Adda (MI)

Pubblicato il 03/11/2018 da

Report a cura di Carlo Paleari
Fotografie di Michele Aldeghi

I motivi per non perdersi l’unico concerto del Michael Schenker Fest in Italia erano numerosi: la possibilità di rivedere sul palco un vero e proprio gigante della sei corde; il piacere di riascoltare una carrellata di classici storici, affiancati alle nuove composizioni di “Resurrection”; l’occasione unica di vedere avvicendarsi al microfono ben quattro diversi cantanti, ognuno con il suo stile e la sua storia. Di fronte a premesse di questo calibro, sarebbe stato impossibile accontentarsi di un semplice concerto, ed infatti il pubblico lombardo è stato invitato ad un vero e proprio banchetto, sontuoso ed abbondante, per una durata complessiva di quasi due ore e mezza. Uno show calibrato, che ha dato il giusto spazio a ciascuno dei protagonisti, alternando set personalizzati, momenti corali ed episodi strumentali, il tutto cavalcando quasi cinquant’anni di musica cesellati dalle dita del biondo chitarrista.

 


ABSOLVA

Ad aprire le danze della serata ci pensano gli inglesi Absolva, un quartetto votato all’heavy metal classico che riesce ad essere tradizionale senza scadere mai nel vintage fine a sè stesso. I musicisti salgono sul palco e si buttano anima e corpo in una manciata di canzoni rocciose e potenti che attraversano la loro carriera, con un occhio di riguardo al più recente “Defiance”. Nonostante qualche piccolo pasticcio nell’amalgama della band, soprattutto nei primi pezzi, la resa complessiva è più che buona e il pubblico del Live Club, per quanto ancora sparuto, sembra gradire la proposta degli Absolva. Un plauso particolare va tributato al frontman Chris Appleton, che si divide con esiti brillanti nel doppio ruolo di cantante e chitarrista solista. D’altra parte questi ragazzi non sono dei novellini: ricordiamo che Appleton e la sezione ritmica degli Absolva svolgono già da qualche anno il ruolo di backing band di Blaze Bayley e si sono fatti le ossa suonando con costanza e convinzione. I brani ascoltati sono stati senza dubbio un buon biglietto da visita anche per la loro carriera ‘autonoma’ e certamente dividere il tour con una leggenda come Michael Schenker aggiunge valore al loro curriculum. Particolarmente efficaci ci sono parsi i due pezzi d’apertura, “Life On The Edge” e “Rise Again”, l’intensa “Only When It’s Over” e “Live For The Fight”, durante la quale Appleton invita tutti ad avvicinarsi al palco per un brano particolarmente infuocato. Il set si chiude dopo una quarantina di minuti e la band si congeda tra gli applausi, per poi rifarsi viva allo stand del merchandise. Siamo sicuri che più di un avventore si sarà fatto vivo, incuriosito, per accaparrarsi una copia di “Defiance”.

 

MICHAEL SCHENKER FEST
Se questa festa doveva essere la celebrazione della carriera di Michael Schenker, è giusto partire da lontano, quando due fratelli tedeschi unirono le forze per dare vita ad una band chiamata Scorpions. Si parte dunque in maniera delicata, con “Holiday”, suonata e cantata da Michael Schenker con l’ausilio di tutto il pubblico. Sarebbero già brividi a profusione, ma è solo l’inizio: “Ecco un brano che ho scritto nel 1972, quando avevo diciassette anni”, dice Michael, ferendo a morte l’ego di legioni di musicisti mentre partono le note di “Doctor Doctor”. Sul palco fanno il loro ingresso i diversi cantanti e il pubblico, ovviamente, si butta con trasporto a cantare a squarciagola.
Dopo questa apertura da infarto, il concerto inizia a strutturarsi: il primo set è affidato a Doogie White, collaboratore di lunga data di Schenker con i suoi Temple Of Rock. A ciascun frontman vengono affidate cinque canzoni: Doogie gioca in casa con il materiale più recente della carriera di Schenker e nella sua performance spiccano la nuovissima “Take Me To The Church” e, soprattutto, “Before The Devil Knows You’re Dead”, brano scritto in memoria di Ronnie James Dio, un punto di riferimento per lo stile di White. Un solo estratto del periodo UFO, con l’ottima “Natural Thing”, dopodiché arriva il primo momento strumentale, “Captain Nemo”, che sancisce il cambio di testimone al microfono.
Il secondo a salire sul palco è quell’istrione di Graham Bonnet, accolto da una vera e propria ovazione. Brani come “Dancer” e “Desert Song” si sposano perfettamente con lo stile carismatico del cantante, ma il vero boato del pubblico scatta con “Assault Attack”, uno dei pezzi più amati degli MSG, che permette a Bonnet di congedarsi tra le acclamazioni della platea.
Lo spettacolo prosegue e, come da copione, tocca ad un secondo brano strumentale traghettarci verso il set di Gary Barden. La scelta ricade su un altro episodio della storia degli Scorpions, la bellissima “Coast To Coast”. Nonostante siano passati tanti anni, Michael non riesce a frenarsi e si lascia sfuggire l’ennesima frecciata verso il fratello Rudolf e la sua tendenza ad ‘appropriarsi’ dei meriti altrui… Si sa, certe spaccature non si risaneranno mai del tutto, ma questa resta una serata di grande musica e non di polemica, quindi non ci resta che tuffarci nel terzo set. Anche Gary Barden può vantare alcune delle migliori composizioni di Schenker nel proprio palmarès e il pubblico può godersi pezzi da novanta come “Ready To Rock”, “Attack Of The Mad Axeman” e la tellurica “Armed And Ready”. Schenker, intanto, imperversa con la sua chitarra ed il suo tocco, regalando assoli di grandissimo gusto, per quanto i suoni non siano perfetti. Nonostante l’ottimo impianto del Live Club, ci sono stati un bel po’ di inconvenienti nel corso della serata, con la chitarra di Schenker non sempre bilanciata nel mix (tanto da risultare spesso fin troppo bassa) e qualche problema ai microfoni, soprattutto nei passaggi con più cantanti sul palco.
Naturalmente in scaletta non poteva mancare “Warrior”, il singolo che vede la presenza di tutti e quattro i frontman, mentre il terzo e ultimo strumentale, prima del set di Robin McAuley, non poteva che essere la splendida “Into The Arena”. Il cantante fa il suo ingresso con un estratto del progetto MacAuley Schenker Group, “Bad Boys”, e ormai appare perfettamente chiaro come mai questo spettacolo stia funzionando così bene nella sua costruzione. Tutti e quattro i cantanti, infatti, sono molto diversi tra loro, quasi degli archetipi di altrettanti stili: White più vicino al classico cantante heavy metal a là Ronnie James Dio; McAuley meravigliosamente ancorato ai canoni degli anni Ottanta; Bonnet con quel suo fare signorile da dandy, con la cravatta e gli occhiali da sole a goccia; e infine Barden, più gigione e giocoso rispetto ad altri colleghi più impostati. Non c’è sovrapposizione, ciascuno contribuisce alla riuscita di uno spettacolo coeso e allo stesso tempo multiforme.
Il concerto, intanto, procede e McAuley si prende l’onere e l’onore di dare voce ad una carrellata di classici degli UFO, come “Shoot Shoot”, “Only You Can Rock Me” e “Too Hot To Handle”, prima del gran finale, affidato ovviamente all’immortale “Rock Bottom”. Tornano sul palco tutti e quattro i cantanti per alternarsi sulle strofe, ma qui non c’è niente da fare, il protagonista è solo Lui, Michael Schenker, che ci regala, come d’abitudine su questo pezzo, una parentesi solista da pelle d’oca, che segna nettamente la differenza tra un semplice strumentista, per quanto tecnicamente dotato, e un vero fuoriclasse.
Manca un solo pezzo per chiudere questa serata all’insegna del Rock ed è ancora un classico degli UFO, “Lights Out”, che mette la ciliegina su una torta che difficilmente avrà lasciato scontento qualunque avventore. Michael Schenker e la sua band non si sono risparmiati neanche per un secondo e, sebbene il trascorrere del tempo abbia scavato più di qualche ruga nei musicisti sul palco, lo spirito e la voglia di divertirsi è rimasta immutata.

 

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