01/05/2025 - MICHAEL SCHENKER + HUMAN ZOO + GUT’S @ Alcatraz - Milano

Pubblicato il 07/05/2025 da

Report di Carlo Paleari
Foto di David Scatigna

Pur con mezzo secolo di carriera alle spalle, Michael Schenker è un artista ancora in piena attività: pubblica regolarmente i suoi dischi solisti a nome MSG, porta avanti un’attività live costante e anche noi, in Italia, abbiamo avuto spesso l’occasione di vedere il chitarrista dal vivo.
Il tour del 2025, però, ha una particolarità che lo rende particolarmente interessante: complice la pubblicazione di “My Years With UFO” – raccolta di brani degli UFO ri-registrati per l’occasione con una pletora di ospiti di lusso – il chitarrista ha deciso di affiancare al disco un tour ed una scaletta totalmente dedicati alla celebrazione di quella fase della sua carriera.
Altro motivo di interesse, senza dubbio, è stata la scelta di Schenker di coinvolgere un fuoriclasse come Erik Grönwall (ex Skid Row e H.E.A.T.), che si è confermato un frontman eccezionale ed un cantante capace di interpretare davvero di tutto. Una fortuna per il pubblico milanese, che ha rischiato di non avverarsi per via di un imprevisto che ha colpito il cantante a pochissimi giorni di distanza dalla data italiana: il padre di Erik, infatti, ha avuto dei problemi di salute che hanno costretto il cantante ad abbandonare temporaneamente il tour.
A voi il nostro racconto della serata.

Complice la Festa del 1° Maggio e le conseguenti limitazioni nella circolazione dei mezzi pubblici, ci sono solo una manciata di avventori quando sul palco salgono gli svizzeri GUT’S, formazione che è evidentemente cresciuta a pane ed AC/DC. Le loro canzoni sono fortemente debitrici del sound dei fratelli Young e, addirittura, la band sembra volerne copiare anche la presenza sul palco.
Il chitarrista solista, ad esempio, pur senza la divisa da scolaretto, sembra ricalcare in tutto e per tutto le movenze di Angus, senza mai stare fermo e finendo per scendere in mezzo al pubblico per suonare un assolo durante una delle ultime canzoni. Evidentemente in Svizzera deve esserci un amore particolare per gli AC/DC – pensiamo ai Krokus, per citare un esempio ancora più noto – e la performance dei Gut’s scorre che è un piacere.
Certo, la personalità e l’originalità stanno da un’altra parte ma, siamo sinceri, se c’è uno stile capace di agganciare in tre minuti e far divertire senza troppe pretese, è proprio quello degli AC/DC. I Gut’s, in fondo, hanno solo due dischi all’attivo e quindi hanno ancora tempo per sviluppare un proprio marchio di fabbrica: Per ora, comunque, una buonissima performance.

Sicuramente più personali, invece, sono gli HUMAN ZOO, formazione tedesca dedita ad un hard rock/heavy metal di chiaro stampo germanico – quello stile, per intenderci, che abbraccia i Pink Cream 69, gli Axxis o i Bonfire, tutte formazioni con le quali gli stessi Human Zoo hanno spesso condiviso il palco.
Le impressioni che ci ha lasciato la loro performance, curiosamente, sono esattamente opposte a quelle espresse per i Gut’s: i tedeschi fanno il possibile per dare una loro impronta personale alla serata, con canzoni classiche nella struttura, ma abbastanza moderne nel sound, con un tocco in più dato dalla presenza in line-up di un sassofonista, che certamente non è una figura abituale in un contesto metal. La resa, però, non ci è parsa indimenticabile, complice un repertorio poco entusiasmante ed una presenza scenica sul palco che non rende giustizia ai vent’anni di carriera della band.
Anche il sax, che avrebbe effettivamente potuto aggiungere quel quid in più, finisce per essere sovrastato nel mix, anche a causa di alcuni problemi tecnici che, almeno nella prima canzone, l’hanno reso totalmente inudibile oltre le prime file. Peccato.

Le due band di apertura hanno assolto il loro compito di intrattenere il pubblico in attesa degli headliner e nel mentre l’Alcatraz – nella sua conformazione col palco B – sia è progressivamente riempito, raggiungendo un quantitativo di persone non stratosferico, ma comunque soddisfacente.
MICHAEL SCHENKER e il resto della band salgono sul palco accompagnati dalle note di “Immigrant Song” dei Led Zeppelin e attaccano subito con la doppietta formata da “Natural Thing” e, soprattutto, “Only You Can Rock Me”, che ci permettono già di fare qualche considerazione generale. Appare subito evidente, infatti, come gli anni passati in tour abbiano ormai rodato alla perfezione la band – si tratta di fatto dell’attuale line-up degli MSG – che suona con la naturalezza e la padronanza tipica dei veterani con centinaia di concerti alle spalle.
Michael, con il suo iconico colbacco nero, è sempre più asciutto e misurato; compassato nelle movenze, a volte suona con gli occhi chiusi, eppure a settant’anni compiuti, le sue dita danzano ancora con un’eleganza ed un gusto melodico semplicemente fuori scala.
La scaletta procede e ci rendiamo conto, canzone dopo canzone, di quanto grandioso fosse il catalogo storico degli UFO firmato da Schenker: parliamo di inni come “Mother Mary”, “Lights Out”, la malinconica “I’m A Loser”, l’emozionante “Love To Love”, per non parlare ovviamente di “Doctor Doctor” che, non ha caso, ha visto il consueto muro di smartphone alzarsi per riprenderne qualche passaggio.

La performance di Erik Grönwall non è da meno e, anzi, conferma ancora una volta il fiuto di Schenker in fatto di voci: il cantante svedese si è integrato benissimo nel tessuto musicale degli UFO, pur essendo dotato di un timbro molto diverso da quello di Phil Mogg, più graffiante e tagliente, rispetto invece a quello più caldo e bluesy della voce originale degli UFO. Tuttavia, è proprio qui che si è vista la classe di Erik, che è riuscito a padroneggiare le canzoni con il carisma di chi sa mantenere il proprio stile, pur di fronte a canzoni ormai leggendarie e note a tutto il pubblico in sala. Energico sul palco e sicuro di sé, ha dato davvero una spinta in più allo show.
Senza addentrarci in ogni capitolo della scaletta, ci fa piacere sottolineare come la scelta di fare un tour solo con i pezzi degli UFO, ha permesso a Schenker di recuperare anche qualche chicca, perché se è vero che canzoni come “Lights Out” e “Doctor Doctor” sono una presenza fissa negli show del chitarrista, lo stesso non si può dire per “Can You Roll Her”, “Reasons Love”, oppure il consueto momento strumentale, che ha visto Schenker sacrificare un suo classico come “Into The Arena”, per recuperare invece brani come “Lipstick Traces” e “Between The Walls”, qui fuse in un elegante medley.
Mancano ancora le ultime cartucce da sparare, ma sono tutte letali: prima “Rock Bottom”, come da tradizione allungata fino a una quindicina di minuti di durata per dare spazio alle improvvisazioni di Schenker, e poi la doppietta composta da “Shoot Shoot” e “Too Hot To Handle”.
Il pubblico canta con trasporto e, dopo circa un’ora e quaranta infuocate, il concerto volge al termine tra gli applausi scroscianti. Una serata davvero eccellente, dunque, che avrebbe potuto essere ancora più ricca e partecipe se non fosse caduta in una giornata festiva, che ha fatto lasciare la città per il ponte a diversi potenziali avventori. Chi è rimasto, invece, ha potuto vedere dei musicisti eccellenti all’opera, guidati da uno dei chitarristi più influenti che abbiano mai calcato le assi di un palcoscenico.

Setlist:
Natural Thing
Only You Can Rock Me
Hot ‘n’ Ready
Doctor Doctor
Mother Mary
I’m a Loser
This Kid’s
Lights Out
Lipstick Traces / Between the Walls
Love to Love
Let It Roll
Can You Roll Her
Reasons Love
Rock Bottom
Shoot Shoot
Too Hot to Handle

 

HUMAN ZOO

MICHAEL SCHENKER

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