12/05/2024 - MIDNIGHT ODYSSEY + ENISUM + SKUGGOR @ Rock Pub Centrale - Erba (CO)

Pubblicato il 13/05/2024 da

Report di Sara Sostini
Foto per gentile concessione di Nicolò Brambilla (Necrotheism Prod.)

Ci sono cose che, nella vita, non ci saremmo mai aspettati di vedere: assistere ad un concerto di Midnight Odyssey era, sicuramente, tra queste.
Il progetto forse più duraturo di Dis Pater, prolifico e occhiaiuto musicista australiano (vi invitiamo a recuperare il funeral doom di Tempestuous Fall e i riverberi gotico-elettronici di Death Comes Crawling, entrambi ovviamente progetti solisti), infatti, ha sempre mantenuto una dimensione puramente studio, forse tra le più ideali per certo black metal atmosferico come quello proposto, almeno fino all’anno scorso, quando – incredibilmente – ha debuttato live per la prima volta al festival Cosmic Void di Londra.
Forse in quell’occasione Dis Pater deve aver scoperto che, a dirla tutta, suonare su un palco gli piace, e anche molto;  fatto sta che, quando abbiamo letto del primo tour del progetto, comprendente una data al Centrale di Erba (!), abbiamo fatto davvero fatica a credere ai nostri occhi.
E invece, incredibilmente, è tutto vero: grazie all’instancabile Necrotheism Prod. (particolarmente attenta a date o tour particolari, prelibati per chi è appassionato ai meandri più oscuri e mefitici della nostra musica preferita), ci ritroviamo in una tiepida domenica di metà maggio davanti alle porte del locale comasco, per una serata a base di note nere, suggestioni silvane, voci abrasive, spazio profondo: ad accompagnare lo schivo musicista di Brisbane troviamo infatti gli svedesi Skuggor e gli italiani Enisum.
Gli ingredienti per un concerto da ricordare a lungo ci sono tutti; vediamo come è andata.

Con qualche minuto di ritardo sulla tabella di marcia, gli SKUGGOR danno il via alle danze. In realtà, il moniker, come spesso succede in questi casi, ‘nasconde’ l’espressione artistica di una sola persona, M., coadiuvato nelle (rarissime) apparizioni live da una seconda persona.
La particolarità di questa sera consiste nel fatto che proprio M. si occupa di chitarre e voci invece che del ‘consueto’ posto dietro la batteria, dietro cui siede Sorrow, batterista di origini australiane (Austere, tra gli altri), per un debutto, da quanto capiamo, inedito. Non sappiamo le ragioni di questo cambiamento – e forse non ci interessano neanche – ma fatto sta che nella quarantina di minuti a disposizione, ci si spalancano davanti visioni distorte e scenari di natura tanto assorta quanto desolata.
Pure se di formazione recente (il primo lavoro, “Skogshypnos” risale allo scorso anno e il secondo “Whispers of Ancient Spells” ha visto la luce solo lo scorso febbraio), il progetto non mostra particolari punti di debolezza neanche su un banco di prova come quello della dimensione dal vivo: i riff ipnotici e taglienti di M. si amalgamano con un ricco sostrato di tastiere e sintetizzatori (qui in basi pre-registrate) e i pattern tiratissimi di batteria, con la voce tormentata e distorta a sigillare il tutto. Dal vivo, il black metal proposto viene in parte sgrezzato e assume una dimensione ancora più particolare, in grado di ricordarci tanto un certo “Filosofem” quanto formazioni come Paysage d’Hiver o alcune meditazioni urfaustiane.
Alla fine dell’esibizione l’umore generale dei presenti (ancora pochi, per la verità) è un misto di rispettosa curiosità e soddisfazione per una proposta da tenere d’occhio.
Quando gli ENISUM salgono sul palco, il Centrale, anche se non gremito, presenta sicuramente una schiera di pubblico leggermente più fitta (ma i numeri, purtroppo, non saranno destinati a crescere chissà quanto, attestandosi sul centinaio di presenze) e partecipe. Non siamo stupiti, la formazione piemontese è stata capace di costruire, negli anni, un proprio seguito a colpi di black metal evocativo, boschivo e montano, ispirato tanto alla scena ‘Cascadian’ quanto ai (meravigliosi) dischi degli Agalloch, e traslato nella Val di Susa, nelle radici profonde del monde Musinè (leggetelo al contrario, et voilà).
Con uno scheletrico ramo a sormontare il microfono di Lys, frontman del gruppo, candele accese e supporti pirografati con scene selvatiche, il colpo d’occhio è assicurato, ma non manca certo la sostanza: i quattro costruiscono un solido muro sonoro fatto di passaggi melodici e sferzate gelide, in grado di dipingere quei panorami incontaminati tratteggiati in lavori come “Arpitanian Lands” o il più recente “Forgotten Mountains” con rodata perizia, mescolando violenza e frammenti più onirici e coniugando abilmente architetture post-black con quel tipo di cavalcate furiose che caratterizzano invece questa musica fin dagli esordi.
Le sfuriate nere, dense, accorate sono stratificate dalle chitarre desolate e lancinanti (che chiunque sia appassionato del genere ha imparato ad amare), mentre il comparto ritmico regala, dal vivo, ancora più spessore e sostanza alla musica proposta; anche i momenti più raccolti e intimisti, dove il profumo di sottobosco e neve diventa quasi palpabile, vengono organicamente inseriti nell’insieme senza risultare ‘affettati’ o troppo artificiosi, grazie anche ad una patina ruvida, tanto nella voce che nel resto degli strumenti, a corrodere, come fanno i fianchi nudi delle montagne con il resto dell’orizzonte, le orecchie del pubblico.
Quest’ultimo sembra effettivamente gradire, rapito dal lavoro del quartetto, e l’intero set scorre via rapido come un fiume di montagna. Da parte nostra ci ripromettiamo di tornare a vederli il prima possibile.
E infine, come già scritto nell’introduzione, uno degli eventi più improbabili di sempre succede davvero: qualche minuto dopo le dieci i MIDNIGHT ODYSSEY fanno il proprio ingresso sul palco.
Dis Pater (al secolo Tony Parker), appare con basso, abito-tonaca, cappuccio e occhiaie d’ordinanza, coadiuvato da tre musicisti – tutti ugualmente tra l’incappucciato ed un leggero facepainting a sottolinearne i solchi sotto gli occhi – a chitarre e tastiera, lasciando la batteria campionata tra le basi.
Questa scelta, che sulle prime farebbe storcere il naso a chiunque, si rivela invece – paradossalmente – valida: riproporre in sede live il black metal rarefatto e siderale (siamo dalle parti di Darkspace, Mare Cognitum e Lustre, più o meno) che costituisce l’ossatura del progetto non è cosa né semplice, né immediata. Le lunghe suite che da “Funerals From The Astral Sphere” caratterizzano l’ossatura degli album del nostro sono pensate, appunto, per essere suonate (e fruite) in studio, e anche se con i tre capitoli di “Biolume” il sound è virato da panorami astrali aspri e rarefatti verso lidi ancora più onirici, snellendo la struttura delle canzoni, quanto partorito dall’indefessa mente del polistrumentista resta comunque difficile, sulla carta, da trasporre dal vivo.
E invece, ci accorgiamo che è stato fatto un attento lavoro di riarrangiamento dei pezzi: che siano estratte da questa ultima serie di lavori o dal passato gelido di “Funerals…” o “Shards of A Silver Fade”, ciascuna delle canzoni che dilaga dalle assi del palco del Centrale (con suoni che, seppure non perfetti, sicuramente permettono di apprezzare le varie sfumature) suona con uno spessore e una corposità inedite, arricchite da un manto epico molto più pronunciato, perfetto appunto per la dimensione concertistica.
Dis Pater stesso si rivela una sorpresa: pur nella scarna semplicità del palco (assente qualsiasi tipo di decorazione) e dei vestiti, il musicista sembra perfettamente a proprio agio sul palco, facendo economia di gesti e cerimonie in favore di un muro del suono immenso, cangiante e mastodontico, fatto di screaming tagliente e cori baritonali, costellazioni di sintetizzatori, galassie di riff e abissi profondi aperti dalle corde di basso. La band che lo accompagna dal vivo non retrocede mai a ruolo di ‘semplice’ comprimaria, ma è parte fondante della musica, ulteriore segnale di un certo tipo di lavoro dietro la costruzione dello show.
Sul finale, rimane solo l’artista australiano a regalarci un’ultima ode: la sua voce pulita non vacilla neanche per un attimo, meritandosi ognuno degli applausi scroscianti che accompagnano la fine del concerto.
Non sappiamo se per Tony Parker questo sia l’inizio di una frequente attività live (magari sì, vista la giovialità con cui si è intrattenuto con parte del pubblico a fine concerto), ma da parte nostra usciamo dal locale con la consapevolezza che ogni nostra aspettativa è stata abbondantemente superata, e con la sensazione di aver assistito ad un concerto unico – di quelli che davvero capitano poche volte nella vita.

SKUGGOR

ENISUM

MIDNIGHT ODYSSEY

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