Il Milano Thrash Fest è una nuova e piacevole realtà che quest’anno ha debuttato in quel di Cusano Milanino, una cittadina dell’hinterland milanese. Non è un caso che un evento di questo tipo, molto mirato come proposta musicale, sia nato proprio vicino a Milano, in un’area geografica che ultimamente sembra non poco in fermento per quanto riguarda la scena thrash. Come location è stato scelto il Marmaja Club, un locale decisamente minimale nel suo aspetto ma adatto ad un concerto di questo tipo e, soprattutto, alla colorita audience che ne ha preso parte. Proprio il pubblico è stato una delle sorprese della serata, con una buona affluenza, un look d’altri tempi e un’attitudine decisamente “casinistica”. Thrasher di tutte le età hanno passato la serata tra il pogo che infiammava le file antistanti il palco e il cortile del locale, dove la birra scorreva a fiumi e lasciava qualche visibile sui volti e sulle andature dei presenti. Noi purtroppo non non abbiamo fatto i conti con una pizzeria d’asporto parecchio affollata e siamo arrivati con un ritardo che non ci ha permesso di vedere i National Suicide, thrash metal band di Trento. Abbiamo raggiunto il locale quando il gruppo stava praticamente terminando la cover di “Another Lesson In Violence” degli Exodus e già si era scatenato il delirio sia sotto che sopra il palco, con parecchi ragazzi che saltavano qua e là facendo headbanging in compagnia della band. A giudicare dal clima e dai commenti a fine esibizione la band deve aver colpito decisamente nel segno. La serata è stata decisamente lunga e le band si sono date un gran da fare, dimostrando che in Italia c’è parecchio bisogno anche di manifestazioni di questo tipo.
HELLSTORM
Dopo aver fatto rifornimento di birra attendiamo che gli Hellstorm diano inizio alla loro performance e nel frattempo diamo uno sguardo al merchandising ufficiale dell’evento e delle band e ovviamente facciamo anche un giretto all’immancabile banchetto dei CD. La band milanese sale sul palco decisa e agguerrita e attacca con “Killed Equilibrium”, dal loro primo full length “The Legion Of The Storm” datato 2003. Il loro thrash estremo a tutta velocità, frutto della scuola di Slayer, Kreator e Sodom, è indubbiamente d’impatto ma i suoni sono decisamente mal bilanciati ed è soprattutto la chitarra di Hypnos a farne le spese, con un suono a tratti fastidioso. La band tira dritto comunque, anche se questo handicap si riflette negativamente sulla partecipazione del pubblico e non bastano le rabbiosissime “The Cursed Circle” e The Dark Side per destare i presenti con le loro ritmiche forsennate, i loro assoli iperveloci ed un cantato dalle tinte black. Buona la prestazione di Ares al basso, l’unico a godere di un suono decente. Tutti i brani sono estratti da “The Legion Of The Storm” e sono abbastanza simili l’un l’altro con la violenta “Under A Stormy Sky” a rappresentarne il picco in termini di resa. Il pubblico ovviamente applaude ma l’impressione è che questa sera gli Hellstorm non abbiano trovato le condizioni ottimali per esprimere le loro qualità.
ENDLESS PAIN
Formazione bresciana attiva dal 2001, gli Endless Pain da subito fanno agitare le prime file con “Nuclear Storm”, thrash d’assalto veloce e pregno di rabbia. Il gruppo tiene bene il palco e non risparmia una goccia di sudore per tenere viva un’audience che si agita in un pogo spaccacollo e apprezza particolarmente anche la massiccia “Smell Of Death” un’anticipazione di quello che sarà il nuovo album della band. Gli applausi incitano il gruppo che risponde con “Poison Into The Blood” e la mazzata “Religion Illusion”. Buona la prova del frontman ben sostenuto da una prestazione decisamente compatta e precisa degli strumentisti. Certo, l’originalità latita abbastanza e i riferimenti alle maggiori thrash band tedesche non si contano ma la prova muscolare del quintetto appare efficace e in questo caso anche i suoni sono dalla loro parte. Il tempo corre, così come i ragazzini (notevole e piacevole la presenza di giovani a questo evento) che si lanciano l’uno contro l’altro di fronte al palco ed ecco quindi il finale con “Sindon”, altro nuovo brano maledettamente tirato che chiude l’esibizione tra gli applausi. Prestazione positiva che dimostra come dal punto di vista live gli Endless Pain siano ben rodati. A questo punto è lecito aspettarsi un nuovo full length con canzoni dal sound un po’ più personale rispetto al debutto “Born In Violence”.
METHEDRAS
Il tempo passa veloce e tocca aimilanesi Methedras, thrash metal band di stampo americano e coninfluenze che spaziano anche nel death. I gruppi di riferimento sonoExodus, Machine Head, Pantera e soprattutto i Testament piùaggressivi. Il pezzo di apertura, “Civil War” e la successiva ealtrettanto positiva “Flag Of Lie” dal prossimo album“Katharsis”, riassumono tutta l’ammirazione che la band ha per lesuccitate formazioni, con un riffing massiccio, soli a tuttavelocità, ritmi incalzanti ed il potente growl di Claudio. Isuoni sono discreti e la band si dimostra all’altezza anche comepresenza scenica, fatto che viene apprezzato da un pubblicoabbastanza tranquillo. Si prosegue con “Vermination”, branoestratto da “The Worst Within”, che lascia presto spazio allacover di “Davidian” dei Machine Head. Claudio incita il pubblicoa suon di bestemmie e la risposta dell’audience finalmente si fasentire. Il concerto scorre via liscio fino a “Flash Over”, sullaquale il basso di Andrea ha qualche problema ma eloquente è ilcommento del singer che se ne esce con un “siamo thrasher e ce nefottiamo!” e la band attacca comunque a suonare. Seguono due coverdei Testament, “D.N.R.” e “Down For Life”, mitica accoppiatad’apertura di “The Gathering”. La prima viene eseguita conqualche imprecisione tecnica mentre con la seconda le cose vannomeglio e gli applausi sono meritati. I Methedras si congedano sullenote di L.R.S., velocissima sulla strofa e più cadenzata edefficace sul refrain. Una prestazione non impeccabile quindi macomunque positiva.
IRREVERENCE
Giusto il tempo per una birretta e sotto con gli Irreverence, gruppo stranoto nella scena metal milanese, soprattutto per la notevole attività live. In molti infatti li conoscono e si lanciano in un pogo già con la prima “Elements Of Wrath”. La formula degli Irreverence è un thrash ad alta velocità semplice ed efficace, pur non essendo un’espressione di chissà quale tecnica. La band suona coesa ma è come sempre la risposta dei fan a fare la differenza, una testimonianza di quanto il gruppo sia seguito a Milano e dintorni. Con “Darkening Their Light” e “War Was Won” i quattro ragazzi proseguono con il loro rabbioso assalto sonoro e sembra che il loro intento sia proprio mettere più adrenalina possibile nell’esibizione piuttosto che puntare sulla precisione. Gran scompiglio davanti al palco quando vengono eseguite la cover dei Sodom “Agent Orange” e la spassosissima “Es Gibt Ein Bier” di Onkel Tom, cantata da Eddy dei 220/Volts. Sempre gran partecipazione per la tiratissima “In The Chaos” e per “The Last Chapter”, brani non un granchè originali ma maledettamente efficaci dal vivo. Ricky, chitarrista e cantante del gruppo è sempre molto simpatico con i fan e li ringrazia più volte dell’affetto dimostrato. Si chiude con un’altra cover ossia “Empty Tankard” dei Tankard con gente che sale sul palco (un ragazzo sudamericano più volte arraffa il microfono e si diletta in un improbabile scream mettendo a dura prova la pazienza di Ricky) e qui è un miracolo che nessuno si ritrovi con qualche osso rotto visto il marasma che si scatena. Uno show divertente quindi quello degli Irreverence, decisamente adatto all’atmosfera festosa della serata e al tasso alcolico dei presenti.
SCHIZO
La band catanese è un’icona del thrash italiano e fa sempre piacere vederli all’opera, anche ora che lo storico bassista Alberto Penzin ha lasciato la band e il suo posto è stato preso da Volcano. Sono parecchie le urla d’acclamazione verso la band che si levano dal pubblico poco prima che S.B. Reder e soci irrompano sulle note della mitica “Main Frame Collapse”, anticipata dalla sua suggestiva parte introduttiva. Nicola si presenta in camicia, bretelle e passamontagna e da subito inizia a sputare rabbia sui presenti con la sua voce potente e pregna di aggressività. Più compassato S.B. Reder il quale appare più concentrato sulla sua chitarra, sparando riff come una mitragliatrice. Thrash estremo con i controcazzi è questa la ricetta del quartetto e il responso degli astanti è del tutto entusiastico. Parecchi i brani estratti dal primo e fondamentale album della band, con la cortissima “Delayed Death”, e le devastanti (fatevelo spiegare da quelli sotto al palco) “Psycho Terror” e “Threshold Of Pain” che mettono a dura prova i nostri timpani. Il tempo a disposizione non è molto e il gruppo tira dritto come un treno proponendo anche diversi brani da “Cicatriz Black”, l’album del ritorno datato 2007. Positive soprattutto la maligna “M.C. 1942”, “Coma’s Grim” e “Demise/Desire, tanto breve quanto dirompente. C’è spazio anche per un assaggio dei riformati Mondocane con la frenetica “Necroschizophrenia” e con “Mario Please Don’t Cry”. La chiusura è affidata a “Seen The Signs Before”, al termine della quale la band che ringrazia pubblico, band e organizzazione e gli applausi riempiono l’aria. Non c’è nulla da fare, gli Schizo, a venticinque dalla loro nascita, hanno dimostrato di essere ancora in grado di dire la loro in un genere che ancora oggi gode di un discreto seguito.
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