15/05/2018 - MONSTER MAGNET + TABLE SCRAPS @ Alcatraz - Milano

Pubblicato il 22/05/2018 da

Report a cura di Sara Sostini
Fotografie di Michele Aldeghi

Lo stoner è sempre stato un genere camaleontico e duraturo, terreno fertile per commistioni ibride ma allo stesso tempo in grado di sopravvivere ai cambiamenti d’umore e di successo del panorama metal. I Monster Magnet sono stati parte di quella massa, viscosa e turbolenta, di inossidabili affezionati a questo tipo di sonorità e sono tornati all’inizio di questa primavera con “Mindfucker”, un album fresco e roboante, imbarcandosi poi nel consueto tour promozionale che li ha visti toccare i palchi di mezza Europa e di alcuni festival ad hoc, come il Desertfest di Berlino. All’Italia spetta una serata infrasettimanale all’Alcatraz di Milano in compagnia di Table Scraps e ¡Pendejo! (purtroppo saltati all’ultimo per un non meglio specificato problema burocratico). Visto il tipo di locale (adibito di norma per ospitare serate con grande affluenza di pubblico), non ci aspettavamo la desolazione di una venue semideserta, popolatasi solo in minima parte per l’orario degli headliner. Calo d’attenzione? Saturazione del panorama musicale più lisergico e viaggioso? Conti da far quadrare a fine mese? Forse non lo sapremo mai. Quello che invece sappiamo benissimo è quanto sia longeva e dinamitarda la tempra dei Monster Magnet, e ve lo raccontiamo di seguito.

 


TABLE SCRAPS

Entriamo nel locale quando i Table Scraps sono già sul palco a far macello, in promozione del nuovo “Autonomy”, con il loro rock n’ roll venato di distorsioni acide. Il trio inglese riempie il palco a suon di riff collosi e paranoici, noncurante di un Alcatraz clamorosamente vuoto, e attacca gli sparuti spettatori con l’incalzante “Bad Feeling”, il cui ritornello s’incanta in loop in fondo al cervello anche a concerto finito. La batterista Poppy Twist si ritaglia il proprio ruolo al centro del palco pestando con una attitudine invidiabile ed alternandosi al microfono con bassista e chitarrista (invero – rispetto a lei – un po’ statici): quello che cola fuori dagli amplificatori è un concentrato di controtempi nervosi, voci dalle inflessioni metalliche, ritmi abbastanza lerci in odore di stoner che fanno muovere più di una testa a ritmo su pezzi come “I’m A Failure” o “Sick Of Me”. Ottimi per scaldare i motori della serata.

 

MONSTER MAGNET
Appena le prime note di “Dopes To Infinity” echeggiano per il locale l’atmosfera cambia radicalmente: visual geometrici in rotazione ipnotica, volumi aumentati e urla d’incitamento di un pubblico ora leggermente più infoltito (ma sempre sconsolatamente scarso) accolgono Dave Wyndorf e soci per quasi un’ora e mezzo di rocamboleschi trip stellari. Lo stato di grazia dei Monster Magnet è innegabile e vederli tessere patchwork di riffoni pachidermici e synth è uno spettacolo per gli occhi, non c’è che dire. Con il roboante trittico “Rocket Freak”, “Soul” e “Mindfucker” dall’ultima omonima fatica, vediamo una band carica a pallettoni: la sezione ritmica non manca un solo, stortissimo colpo, mentre il comparto chitarristico Mundell/Caivano ricama sopra melodie in grado di far spalancare strade verso altre galassie. Il vero mattatore della serata però è lui, Dave Wyndorf, classe 1956 e grinta di un ventenne; si dimena, suona, strega gli astanti con il suo strano timbro di voce caldo e raschiante allo stesso tempo (come la migliore tradizione dello stoner richiede), conduce con il piglio sicuro del leader la band lungo i bizzarri sentieri che passano da “Look To Your Orb For The Warning”, di sabbathiana memoria, all’allucinata e tiratissima “Negasonic Teenage Warhead”, fatta detonare come una granata psicotropa sul pubblico. Il cantilenante coro del grande classico “Space Lord” – dal mirabile “Powertrip” – viene cantato dalla band al completo e dai presenti con la confidenza che si riserva ad un successo ben invecchiato (come d’altronde lo è l’età media, stasera) e sulle ultime scoppiettanti note i musicisti si prendono praticamente la prima (ed unica) pausa della serata. L’encore vede i Monster Magnet lanciarsi in una luuunga improvvisazione di “Spine Of God”, dilatata da una prolungata orgia di blues drogatissimo, acrobazie stoner e suggestioni sonore, intessuta con una perizia e una maestria che rende chiaro – qualora ce ne fosse ancora bisogno – come questa compagnia di cosmonauti della musica più visionaria si siano conquistati un posto tra i pilastri del genere. “Powertrip”, con i propri sguaiati e desertici bridge, ci manda a casa contenti, su quelle strade lunari inesplorate che solo il miglior stoner riesce a tracciare. “Who’s gonna teach you how to dance? Who’s gonna show you how to fly?”.

Setlist:
Dopes To Infinity
Rocket Freak
Soul
Mindfucker
Radiation Day
Look To Your Orb For The Warning
When The Hammer Comes Down
Negasonic Teenage Warhead
Space Lord
Spine Of God
End Of Time
Powertrip

 

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