Introduzione a cura di Marco Gallarati
Report a cura di Giacomo Slongo e Marco Gallarati
Foto a cura di Francesco Castaldo
L’incredibile abbuffata autunnale di concerti nel milanese si conclude – esclusi eventi più diluiti nel tempo – con il poderoso rientro sui palchi dei Morbid Angel, seppur criticatissimi e deludenti alla luce (luce?) di quanto combinato nello scorretto “Illud Divinum Insanus”, di recente pubblicazione. I Magazzini Generali di Milano sono la venue scelta per l’occasione e, nonostante in partenza si pensasse fossero troppo piccoli per ospitare questa data, in verità bisogna dire che di pienone non se ne è proprio parlato, se si considera che per gli headliner il ‘serrarsi delle file’ in platea non è neanche arrivato al mixer. Ad accompagnare l’Angelo Morboso, un terzetto variopinto di formazioni: i solidi e immarcescibili satanassi svedesi Necrophobic; i grind-corers all’omelette – son francesi – Benighted; l’ibrido asiatico e brutale Nervecell. E nel momento in cui parte l’intro che preannuncia la performance di questi ultimi, nel locale saremo sì e no una ventina di spettatori…
NERVECELL
Ritroviamo quindi i Nervecell a soli quattro mesi di distanza dall’averli visti – e scoperti – al Summer Breeze Open Air: i ragazzi di Dubai non ci hanno deluso neanche questa volta, forti di un sound che non sarà l’innovazione fatta persona, anzi, ma che si fa piacere e apprezzare sotto parecchi punti di vista. Il frontman e bassista, James ‘Cinghialone’ Khazaal, guida una formazione che sa come muoversi e non muoversi sul palco, che ha avuto la fortuna e il merito di aver fin da subito a disposizione dei suoni decenti e che tutto sommato ha dato bella mostra di sé. Death metal tecnico e brutale, con qualche accenno a melodie mediorientali, è ciò che propone il gruppo e, in qualità di opener della serata, non ci sovviene di muovere critica alcuna verso questi ragazzi, che hanno dato il meglio anche sopperendo a qualche problema tecnico serio – gli ultimi due brani sono stati infatti eseguiti senza basso, con un Khazaal vagamente impacciato in qualità di frontman-senza-strumento. Da rimarcare, sebbene si tratti di Milano e non Roma, l’epico ‘li mortacci vostraaaa!’ cacciato dal ragazzone al microfono, in alternativa all’abusato e classico porcone d’ordinanza. Originali Nervecell. Almeno in sede parolacce.
(Marco Gallarati)
BENIGHTED
Ci risiamo. Parlare bene dei Benighted in sede live sembra essere diventata un’abitudine. Dopo l’ottima performance della scorsa estate, sul palco principale del Summer Breeze, il quintetto transalpino torna ad allietare i muscoli del nostro collo con l’inconfondibile miscela di death metal e grindcore che lo contraddistingue da anni, incalzato da un Julien ‘Truch’ Truchan più invasato che mai. E’ il leader/vocalist della formazione, infatti, a catalizzare su di sé l’attenzione della platea meneghina, dall’alto di una prestazione che definire animalesca é dire poco. Le orecchie di chi scrive non sono certo disabituate a vocalizzi lerci e gorgoglianti, ma una tale “Let The Blood Spill Between My Broken Teeth”, questa sera, con il suo carico di pig squeals e violenza distillata, avrebbe fatto impallidire il più ignorante e becero dei cinghiali. Ci mettiamo una mano sul fuoco. Il resto della band, come da copione, non è da meno, con la nuova coppia di asce – non ci è dato sapere che fine abbia fatto quella originale – e il gigantesco bassista, in canotta hardcore, a scapocciare selvaggiamente sul palco. Muscolare, brutale e schizofrenica, l’esibizione dell’ensemble francese scorre fluida e priva di intoppi, incentrata sul materiale dell’ultimo, apprezzato “Asylum Cave”, che congeda i Nostri dalle assi dei Magazzini Generali, dopo una trentina di minuti intensissimi e divertenti. Bravi, come sempre.
(Giacomo Slongo)
NECROPHOBIC
In casa Necrophobic tira un’aria nuova, ma tranquilli, non parliamo dell’odore dei vestiti con i quali sono soliti esibirsi. Su quello è meglio non indagare, ne siamo certi. Un nuovo contratto discografico, sotto l’ala protettrice della mitica Season Of Mist, una nuova line-up – data dagli innesti di Fredrik Folkare (Unleashed) e di Robert Sennebäck (ex-Dismember, questa sera però assente) – hanno donato vigore e smalto alla leggendaria formazione svedese, che torna di prepotenza sulle scene dopo un periodo in sordina e di scelte poco azzeccate (qualcuno ricorda il bill del Bonecrusher Fest 2010?). Insomma, siamo dell’idea che un po’ più di fortuna, nella carriera di questa band, non guasterebbe affatto, visto il parziale anonimato che la avvolge. Spetta a “The Slaughter Of Baby Jesus” e “Blinded By The Light, Enlightened By Darkness”, dal penultimo e portentoso “Hrimthursum”, introdurre Tobias Sidegård e compagni (tra cui un taurino, nonché idolo della serata, Alex Friberg). E bastano una manciata di minuti, a conti fatti, per avvelenare l’aria dei Magazzini, trasformando il locale in una polveriera di emozioni negative e mefistofeliche, terreno fertile per il black/death dei Nostri. Il pubblico, dal canto suo, non si lascia pregare, esaltato dall’attitudine con la quale vengono riproposte le anthemiche “Revelation 666” e “For Those Who Stayed Satanic”, apici di uno show pressoché inattaccabile. Certo, l’assenza di brani da “Darkside” e “The Third Antichrist” è poco chiara, ma sono quisquilie in un mare di opulenza. E al risuonare dell’immortale “The Nocturnal Silence”, ultima perla della serata, non possiamo fare altro che prostrarci, annichiliti dalla maestosità di una band che non può non essere amata.
“We shall rise volcanic with the black flame burning in our eyes…”.
(Giacomo Slongo)
MORBID ANGEL
Parlare dei Morbid Angel, dopo un disastro biblico della portata di “Illud Divinum Insanus” (evviva il latino maccheronico!), non è un compito facile. Non lo è affatto. Specie per chi, come il sottoscritto, ha avuto a cuore la causa di dischi quali “Blessed Are The Sick” o “Gateways To Annihilation”, pietre miliari del death metal più blasfemo e carnale, trasudanti orrori lovecraftiani da ogni dove. Ebbene, cosa resta di quelle atmosfere insalubri? Poco o niente, duole ammetterlo. La performance dei quattro americani, partendo da questo presupposto, può essere analizzata sotto due angolazioni: la prima, più pragmatica, prende in considerazione l’affiatamento della band e la perizia strumentale; la seconda, se ci passate il termine più ‘romantica’, l’appeal che certe canzoni dovrebbero suscitare nell’inconscio di chi le ascolta. Sulla prima, per quanto ci riguarda, c’è poco da discutere: le varie “Fall From Grace” e “Rapture”, questa sera, hanno parlato chiaro, sia sulla condizione fisica di Vincent e Azagthoth, che sulla tecnica di esecuzione, rasentante il perfezionismo. Anche la scaletta, esclusa la parentesi (obbligata?) “Existo Vulgorè” / “Nevermore” / “I Am Morbid”, non lascia nulla al caso, andando a ripescare – oltre ai soliti classici – perle del calibro di “Day Of Suffering” e “Angel Of Disease”, particolarmente gradite al pubblico. E allora… Be’, cosa c’è che non va? C’è che due musicisti – Tim Yeung e Destructhor – per quanto bravi (soprattutto il primo, autore di una prestazione maiuscola), non c’entrano nulla con l’immaginario dell’Angelo Morboso; c’è che gli atteggiamenti da rockstar di Vincent, alla lunga, finiscono per cozzare con la malvagità intrinseca che contraddistingue(va) questa band, arrivando a patinare l’intera performance… Tutte cose di cui avremmo fatto a meno, per quanto marginali. I Nostri si congedano alle 22.45, dopo un’ora e mezza di concerto, tra l’ovazione di un pubblico visibilmente soddisfatto ed esausto, scomparendo nella nebbia di ghiaccio secco vomitata sul palco, facendo dimenticare – in minima parte – il recente capitombolo discografico. La Vecchia Guardia è dura a morire, lo sappiamo, anche se…
(Giacomo Slongo)
Setlist:
Immortal Rites
Fall From Grace
Rapture
Day Of Suffering
Blasphemy
Maze Of Torment
Existo Vulgorè
Nevermore
I Am Morbid
Angel Of Disease
Lord Of All Fevers & Plagues
Where The Slime Live
Bil Ur-Sag
Blood On My Hands
God Of Emptiness
World Of Shit (The Promised Land)
Sworn To The Black
Chapel Of Ghouls