10/02/2003 - MUDVAYNE @ Alcatraz - Milano

Pubblicato il 11/02/2003 da

Ci sono i Mudvayne, e sono a Milano! Prendo allora bagagli e burattini e parto alla volta della Mecca del metal internazionale in Italia, dove, con mia grande sorpresa, i concerti iniziano alle 20.
Perso inevitabilmente il gruppo di spalla (se i ragazzi mi volessero contattare ne sarei ben felice), fremo in attesa di vedere una delle band made in U.S.A. più variopinte ed innovative degli ultimi anni, una di quelle realtà che, pur affondando le radici in un genere di successo, piuttosto commerciale, riesce senza troppe difficoltà ad allargare le ali su lidi lontani.

MUDVAYNE

E così, alle 21 precise, i quattro di Peoria si presentano sul palco sfoderando un trittico di canzoni estratte dal primo album, tra le quali “Internal Primates (Forever)” e “-1”, e il pubblico, seppur trascinato da un Chüd esaltato, resta momentaneamente sorpreso: la domanda che ci si pone è se la band suonerà o meno le song del recente “The End Of All Thing To Come”… i dubbi vengono prontamente cancellati dalle note iniziali di “Not Falling”, primo singolo e primo video del recente album, ed il pubblico inizia quindi a scatenarsi. I ragazzi sul palco sembrano posseduti, in uno scatenato crescendo piazzano direttamente sul pubblico una tracklist che sfida le leggi della statistica, muovendosi perfettamente tra pezzi del nuovo e del precedente album, tra cose commerciali e non, energiche e più tranquille – se quest’ultimo termine può avere senso parlando dei Mudvayne. Così, una dietro l’altra, vengono snocciolate “Severed”, la stupenda “Death Blooms”, poi dal nuovo album, “Silenced”, “Trapped In The Wake Of Dream”, “Mercy Severity”, fino alla immensa “World So Cold”, per la quale il pubblico gioca il ruolo fondamentale. Il gig viene chiuso dalla seminale “Dig”, e in circa settantacinque minuti la band suona e lascia il pubblico soddisfatto ma incredulo di dover lasciare un locale solo alle 22:20. Menzione particolare a R-üD, basso, e Spüg, batteria, davvero unici sul palco, una fabbrica di note ed una versatilità davvero RARE, anche se tutto il quartetto merita una lode soprattutto per la tecnica profusa nonostante il costante movimento. Difficilmente si vedono in giro band capaci di suonare ad un livello simile correndo da una parte all’altra del palco. Vorrei chiudere con una piccola presa di posizione personale, che potrebbe sembrare una piazzata da fan ma non lo è: qui ci troviamo di fronte ad una band unica, capace di tecnicismi esasperati, di un sound malato come pochi eppur genuino, sofferente e genteticamente MALSANO. Si prova una certa rabbia, quindi, quando alcuni colleghi si fermano alle apparenze guardano solo la copertina e, soprattutto, quando durante interviste o in sede di recensione si parla solo ed unicamente della presunta dipendenza della band dagli Slipknot. O, ancora peggio, nel momento in cui si insiste sul trucco o sulle maschere, nonostante i riscontri avuti dal vivo. Cari signori… smettiamola con le apparenze, ascoltiamo la musica e non perdiamoci certe band. Grazie.

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