Report a cura di Edoardo De Nardi
Fotografie di Enrico Dal Boni
Le quattro forze messe in campo per questo gustosissimo tour europeo, sia che si guardi ai gruppi ‘tradizionali’ come i Napalm Death, che ai nuovi e lanciatissimi Power Trip, si dimostrano un’attrattiva di grande livello capace di portare a Bologna, ormai sorta di casa italiana per i grindcorer inglesi, un buon numero di presenti anche di giovedì sera. Le scalette e gli orari della serata verranno seguiti scrupolosamente, mentre meno attenzione sembra essere stata riservata alla resa sonora delle band, sia delle prime che delle ultime presenti in cartellone, rischiando di penalizzare fin troppo gli show dei gruppi in questione. Ad ogni modo, entusiasmo e impeto sempre in prima mostra hanno caratterizzato i protagonisti dell’evento, soprattutto per quanto riguarda Shane Embury, impegnato con ben tre band nel corso del concerto!
LOCK UP
Nonostante una carriera pluridecennale, la militanza al proprio interno di elementi fondamentali della storia della musica estrema e, non ultima, una line-up pazzesca per questo tour europeo, ai Lock Up tocca il compito, invero un po’ ingrato, di scaldare una platea ancora in arrivo all’inizio del concerto. Abituati a poche moine, i Nostri pestano da subito il piede sull’acceleratore senza pietà, alternando brani più recenti alle badilate vecchio stampo delle canzoni più datate. Sfortunatamente, quello che si riesce a percepire per buona parte dell’esibizione sono una grande foga ed un ottimo affiatamento da parte dei musicisti, trasmesso però in maniera poco chiara dall’impianto dello Zona Roveri: le chitarre rimangono impastate, la batteria risulta in evidenza rispetto agli strumenti e alla voce, inspiegabilmente poco presente e non adeguatamente incisiva, rendendo il risultato debilitante rispetto alla potenza di molte delle canzoni presenti in tracklist. Una mezz’ora scarsa e Kevin Sharp annuncia sardonicamente la fine dello show, lasciando il palco, solamente dopo l’ultimo assalto grind di “Afterlife In Purgatory”, alla recente sorpresa Power Trip.
POWER TRIP
L’attesa per i Power Trip è piuttosto trepidante in sala, tanto fra gli addetti ai lavori quanto tra gli ascoltatori più attenti alle ultime novità, rimasti probabilmente impressionati dal recente “Nightmare Logic” e dalla sua goliardica carica vecchia maniera capace di riunire nel suo crossover/thrash molti degli elementi vincenti della musica heavy americana degli anni ’80. Vedere su palco la band, quindi, rappresenta una prova del nove fondamentale, superata con oltraggiosa spacconeria dal combo texano. Abituati sicuramente a situazioni più estreme e meno attrezzate in cui esibirsi, i Power Trip non sembrano curarsi molto di alcuni problemi di suono che ancora affliggono lo show, concentrandosi piuttosto a stabilire un filo diretto e coinvolgente con il pubblico, da subito entusiasta della formula più chiara e quadrata di questo genere rispetto agli opener. I brani dell’ultimo uscito tuonano con potenza all’interno del locale, scatenando pogo e reazioni favorevoli un po’ ovunque e consegnando certamente alla band la palma di miglior esibizione della serata, particolarmente apprezzata fra l’altro dai membri delle altre formazioni, presenti sotto palco ad incitare mirabilmente i giovani americani.
BRUJERIA
Non è passato poi molto dall’ultimo appuntamento italiano in casa Brujeria, eppure non sono pochi i presenti accorsi alla nuova stregoneria della ciurmaglia messicana, confermando nel bene e nel male le impressioni maturate la volta precedente: i Brujeria infatti sanno bene come intrattenere con trasporto il proprio pubblico, buttandola il più delle volte in caciara ed enfatizzando oltremodo il carattere eccessivo dei due cantanti messicani, ma accompagnando il tutto con una proposta musicale scarna e dall’impatto elementare, da sempre marchio di fabbrica sin dai primi episodi discografici. Se però, come nel caso odierno, una scarsa chiarezza dei suoni ed uno smalto non certo splendente da parte dei membri cala sullo show, ecco che la magia del combo scompare, lasciando spazio a momenti di caos quantomeno poco coinvolgenti. Fortunatamente per loro però, in pochi sembrano accorgersi dei problemi che li affliggono, impegnati ad urlare a squarciagola i ritornelli più noti delle canzoni, riuscendo nel complesso a salvare in calcio d’angolo la performance zoppicante del quintetto. Forse poco inseriti rispetto ai compagni di tour, i Brujeria svolgono però il compito di alleggerire i toni ed alzare il morale della platea, prima di tornare a pestare duro con lo show certamente più intenso degli headliner Napalm Death.
NAPALM DEATH
E’ una formazione ancora rimaneggiata quella che calca il palco dello Zona Roveri a nome Napalm Death: rispetto all’ultima visita a Bologna in compagnia di Carcass, Obituary e Voivod, ritroviamo infatti dietro al microfono la presenza inossidabile di ‘Barney’ Greenway, defezionario la volta precedente e sostituito per l’occasione dall’acidissimo singer dei Corrupt Moral Altar. Un elemento fondamentale, questo, che riporta decisamente lo stile degli inglesi verso il loro grindcore primordiale, prima, e più evoluto e complesso negli anni successivi, per una carriera, ad oggi, priva di veri e propri passi falsi discografici. Ecco quindi che una serata come questa si presta a presentare, con tutta l’arroganza che li contraddistingue, una sorta di ‘best of’ della band, una scaletta ineccepibile priva di cali di tensione o momenti morti. Il carattere nevrotico ed irresistibile del frontman contagia inesorabilmente il suo pubblico, che sostiene sempre alta l’attenzione verso di lui e gli altri musicisti, impegnati talvolta a capirsi tra di loro per non perdere il tempo della canzone! Un’attitudine insomma rimasta immutata dopo decenni di attività professionale, ormai perfettamente integrata anche da John Cooke alla chitarra, compagno di sventure, nei Venomous Concept, di Shane Embury ed elemento solido ormai nella configurazione live dei Napalm Death. L’ultimo lavoro in studio viene giustamente presentato con un paio di canzoni, mentre più spazio viene concesso agli splendidi estratti da lavori ormai primordiali come “Utopia Banished” e “Harmony Corrpution”, senza dimenticare gli elementi più catchy del periodo intermedio, divenuti ormai dei cavalli di battaglia al pari delle vecchie canzoni. L’esibizione non si protrae poi troppo, alla luce anche della prova sovraumana sostenuta dal bassista in ben tre gruppi stasera, ma è sicuramente meglio concentrare le proprie energie ed i propri sforzi in un tempo minore, comunque gestito con un’intensità ed una qualità ancora inarrivabile per molte giovani grindband. Anche l’arte del distruggere senza logica apparente richiede metodo, e non potremmo certo chiedere di più da un gruppo stakanovista incapace di fermarsi e gettare la spugna in segno di resa. Incorreggibili.